I giovani, protagonisti della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato: il messaggio
del Papa
Saranno i giovani, domani, i protagonisti della Giornata mondiale del migrante e
del rifugiato. E’ stato il Papa a sollecitare quest’anno particolare attenzione verso
i giovani migranti, che volontariamente o forzatamente lasciano i loro Paesi. Nel
suo Messaggio per questo evento, che interessa davvero tutti i Paesi del mondo, Benedetto
XVI pone in evidenza le sfide di cui le istituzioni pubbliche ma anche la Chiesa devono
farsi carico, guardando ai giovani come una preziosa risorsa per il futuro dell’umanità.
Il servizio di Roberta Gisotti: Una
Giornata istituita nel 1914 da Pio X, negli anni delle grandi emigrazioni italiane
verso le Americhe, ma anche alla vigilia della prima guerra mondiale che vide il nuovo
Papa Benedetto XV da subito sollecito nel prendersi cura dei profughi. Da allora la
Chiesa non ha mai smesso di guardare al fenomeno dell’emigrazione su tutti i fronti:
etici, culturali, assistenziali, sociali e politici. Ed oggi Benedetto XVI richiama
le istituzioni statali ma anche le comunità ecclesiali a fare di più per i migranti,
in particolare per i giovani sempre più numerosi con il crescere della mobilità in
un mondo globalizzato. E così accade - osserva il Papa – “che dai Paesi d’origine
se ne va spesso la gioventù dotata delle migliori risorse intellettuali, mentre nei
Paesi che ricevono i migranti vigono normative che rendono difficile il loro effettivo
inserimento”. I giovani migranti alle prese con la “difficoltà della duplice appartenenza”,
come spiega il Santo Padre: da un lato il bisogno di non perdere la cultura d’origine,
dall’altro il desiderio di inserirsi nella società che li accoglie:
In
Italia la Giornata verrà celebrata sotto lo slogan: “Giovani migranti, una risorsa
ed una provocazione”. Ma in che modo la Chiesa si sta facendo carico di questi giovani?
Mons. Domenico Sigalini, segretario della Commissione per le
migrazioni della Conferenza episcopale italiana:
R.
– Anzitutto la Comunità cristiana mette a disposizione tutti i suoi strumenti educativi.
Noi abbiamo anche delle strutture – vedi oratori, vedi pensionati, vedi scuole cattoliche
– che sono a disposizione. Ci sono già delle bellissime esperienze. Evidentemente
ci sono sempre i problemi dell’integrazione ed i problemi della convivenza, ma mi
pare anche che la comunità cristiana possa fare di più, come sempre.
D.
– Benedetto XVI chiede anche ai giovani emigranti di farsi promotori di se stessi,
di capire l’importante ruolo che possono svolgere sia per i loro Paesi di origine,
sia per i Paesi ospiti…
R. – Come sempre, secondo
me, il mondo giovanile non va assistito, ma va aiutato a diventare protagonista con
atteggiamenti educativi che siano capaci sempre di offrire ragione di vita e di aiutare
ad uscire dalle ‘secche’ in cui tutto il mondo giovanile si colloca. Mi pare che questo
discorso del Papa colpisca proprio nel segno, perché un giovane ha grinta, ha voglia
di futuro, ha capacità di immaginazione e non possiamo tarpare le ali a questi ragazzi.
Anche dal punto di vista dell’evangelizzazione, quindi, questi ragazzi sono i primi
capaci di trascinare le proprie famiglie in un rinnovamento della propria fede, perché
a contatto con questi nostri mondi vengono a contatto con le nostre domande ed anche
con le nostre proposte.
D. – Nel messaggio il Papa
cita in particolare anche gli studenti stranieri…
R.
– Questa è un’altra grande fetta di persone che sono in Italia per seguire gli studi
nelle Università, anche nelle Università Pontificie: io nella mia diocesi ne ho almeno
una ventina. Ci sono certo difficoltà perché ciascuno ha il suo progetto, ha le sue
possibilità. Ma sono da aiutare!
D. – Eccellenza,
questi giovani migranti hanno sovente anche una domanda religiosa che viene disattesa...
R.
– Sì, e questo perché noi crediamo che il loro problema principale sia trovare la
casa, trovare lavoro, sopravvivere. Supponiamo che questo sia vero all’inizio, ma
bisogna poi cominciare ad andare a fondo di queste realtà, perché non si può separare
la religione dai problemi della vita quotidiana.
D.
– Eccellenza, cosa c’è da auspicare per promuovere una giusta identità della persona
emigrata?
R. – Io credo che sia necessario che ci
siano delle leggi che aiutino l’integrazione, dove ci siano dei diritti alla base.
Certo, i diritti sono evidentemente seguiti anche dai doveri. Dentro questo spazio
di rispetto dei principi fondamentali della convivenza, ciascuno si ‘colora’ poi del
suo modo di vedere la vita.