Mons. Mamberti: difendere la libertà religiosa combattendo contro cristianofobia,
islamofobia e antisemitismo
La Santa Sede non fa diplomazia per interessi di tipo politico o economico, ma per
difendere la dignità e i diritti fondamentali della persona, tra i quali - centrale
- la libertà di professare il proprio credo. Su queste argomentazioni, l’arcivescovo
Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha sviluppato l’intervento
col quale ha preso parte alla Conferenza svoltasi ieri alla Pontificia Università
della Santa Croce a Roma. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
Lo spunto
della Conferenza era di grande attualità, perché riecheggiava da vicino il recente
discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico accredidato in Vaticano. “Protezione
del diritto di libertà religiosa nell’azione attuale della Santa Sede”, recitava il
titolo, e di questo baluardo - costantemente difeso dal Papa e dai suoi rappresentanti
sparsi nel mondo - mons. Mamberti ha riaffermato con chiarezza che “la libertà religiosa
è un diritto insopprimibile” che possiede “una dimensione privata, pubblica e istituzionale"
e la sua difesa – come disse una volta Giovanni Paolo II, è la “cartina di tornasole
per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti". Se la libertà di esprimersi
e di professare la propria fede vengono violate, ha osservato il segretario per i
Rapporti con gli Stati, ad essere attaccata è in realtà “la base del rispetto di ogni
altro diritto”: dunque, quando è in “pericolo” la libertà religiosa, “tutti gli altri
diritti vacillano”.
Guardando a organizzazioni internazionali
come le Nazioni Unite o l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea
(OSCE), mons. Mamberti ha detto che per esse fondamentale è la difesa della libertà
e della tolleranza religiosa anzitutto per contrastare ogni forma di discriminazione
e persecuzione. Ma perché ciò non rimanga lettera teorica ma si traduca in una lotta
verso obiettici concreti “occorre combattere - ha affermato il presule - la cristianofobia,
l'islamofobia e l'antisemitismo”. In particolare, la “cristianofobia”, ha spiegato,
“è un insieme di comportamenti riconducibili alla mancanza di educazione o alla cattiva
informazione, all'intolleranza e alla persecuzione”, particolarmente evidenti nella
nostra epoca in cui, ha soggiunto, “il distacco tra religione e ragione”, ha relegato
la prima nella “sfera sentimentale” separandola da quella pubblica. Difendere la libertà
di credo e, dunque, “assicurare la stabilità e la certezza delle attività della comunità
cristiana" costituisce il nerbo dell'attività diplomatica della Santa Sede. Infine
il dialogo tra religioni e culture. Esso è possibile, ha concluso mons. Mamberti,
“solo se non si rinuncia alla verità” e le iniziative internazionali devono essere
realizzate “con la consapevolezza che le religioni hanno sempre caratteristiche specifiche
e differenti".