2008-01-11 14:32:46

Colombia: dopo la liberazione di due ostaggi, si spera nel rilascio di altri prigionieri delle FARC


Poche ore dopo il rilascio di Claras Rojas e Consuelo Gómez de Perdomo, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) hanno sottolineato, in una nota, di aver mantenuto la "parola data e l'impegno" assunto con il presidente venezuelano, Hugo Chavez. Il capo di Stato colombiano, Alvaro Uribe, ha ringraziato per la sua mediazione il presidente venezuelano ed invitato le FARC “a considerare la possibilità di un negoziato semplice, agile e basato sulla fiducia reciproca”. Quali speranze si possono dunque scorgere adesso in Colombia dopo le drammatiche storie, fortunatamente a lieto fine, di Claras Rojas e di Consuelo Gómez de Perdomo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Luis Badilla, giornalista cileno della nostra emittente che segue le vicende dell’America Latina:RealAudioMP3


R. - Diceva Madre Teresa di Calcutta: “Chi asciuga una lacrima di una persona accarezza il volto di Cristo”. In questo caso, tutti coloro, persone e organizzazioni, che si sono adoperati per la liberazione di Claras Rojas e Consuelo Gómez de Perdomo – sequestrate da quasi 6 anni – hanno “asciugato” le lacrime di molte a famiglie e dell’intero martoriato popolo colombiano. Il primo luglio scorso, durante l’Angelus, Benedetto XVI proprio sul dramma dei sequestri in Colombia, ha parlato di questo dolore terribile che colpisce l’umanità tutta. In quell’occasione, il Papa si era unito “al profondo dolore dei familiari e dell’amata nazione colombiana, ancora una volta funestata dall’odio fratricida”. “Rinnovo il mio accorato appello - aveva poi aggiunto il Santo Padre - affinché cessi immediatamente ogni sequestro e siano restituiti all’affetto dei loro cari quanti sono tuttora vittime di tali inammissibili forme di violenza”. Allora, se anche sono solo due le persone liberate, il cuore di chiunque non può restare indifferente, poiché un po’ di lacrime sono state asciugate. Anche i sequestratori, senza saperlo, si sono conformati all’amore di Cristo.

 
D. - Quali sono adesso le prospettive per la situazione degli oltre 750 ostaggi, ancora prigionieri di gruppi di ribelli delle FARC?

 
R. - In Colombia i sequestrati negli ultimi anni sono stati almeno 4.000. C’è chi parla addirittura di 5 mila. Si ritiene che 750 – 780 di questi ostaggi siano attualmente nelle mani delle FARC, le cosiddette Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, il più vecchio movimento guerrigliero al mondo, poiché ormai opera dal 1964 con un dichiarato programma “marxista e bolivariano”. La liberazione di due donne, ovviamente, è una goccia negli oceani, ma ciò non significa che sia irrilevante; anzi, è comunque un gesto positivo per diversi motivi. Provo ad elencarne alcuni. Il primo ci dice che è possibile ottenere la liberazione e che tale possibilità, inserita nella corretta cornice della dimensione umanitaria, evita gli ostacoli, a volte insormontabili, della negoziazione politica. Poi, si potrebbe anche dedurre che fra le diverse vie che si sono tentate, compressa quella militare, questa di tipo umanitario sembra essere la più efficace. Posso aggiungere una terza considerazione non meno importante: mi riferisco al valore della vita. Il dibattito e la riflessione sulla sacralità della vita, sempre, ovunque e comunque, deve restare aperto poiché in Colombia e altrove, ciò che è in pericolo è la vita umana più che ogni altra cosa. A questo punto, dobbiamo dire, come fanno in tanti in queste ore, che queste due liberazioni possano essere un auspicio, un’anticipazione, di altre intese umanitarie per sottrarre alla logica dello scontro la vita di centinaia di persone innocenti.

 
D. - Siamo entrati in una nuova era della lotta condotta in Colombia dalla guerriglia e, in particolare, dalle FARC?

 
R. - Una caratteristica di questo movimento della guerriglia delle FARC è il fatto di essere del tutto imprevedibile. Le FARC sono un movimento armato molto diviso al suo interno, con diverse branchie, gruppi e così via. Poi, si deve anche ricordare che le FARC, da diversi anni, sono affiancate dal narcotraffico.

 
D. - Alla mediazione politica, bisogna poi aggiungere il prezioso contributo della Chiesa…

 
R. - La Chiesa in Colombia si è sempre schierata a favore degli accordi umanitari come metodo per affrontare la liberazione degli ostaggi. E’ naturale che, come ha fatto mons. Fabián Marulanda, vescovo emerito di Florencia e segretario generale dell’episcopato, abbia espresso tutta la sua gioia e soddisfazione per il rilascio di queste due donne. Tra l’altro, la notizia è arrivata poco dopo che i vescovi avevano chiesto che il 2008 fosse l’anno della liberazione di tutti gli ostaggi. Non solo un auspicio. Un vero programma di azione perché, ha detto, “liberare i sequestrati è un’esigenza del diritto umanitario”. Parlando di queste due donne, mons. Marulanda ha anche sottolineato: “Vediamo che si è aperta una finestra per la libertà di tutti. La guerriglia deve ascoltare la richiesta del popolo colombiano; deve capire che quella del sequestro è una via sbagliata”. Va ricordato, tra l’altro, che la Chiesa colombiana da anni, usando vie discrete e senza protagonismo, ha lavorato costantemente per la liberazione di ostaggi; le sue richieste sono state sempre di natura umanitaria e dunque senza contropartite. Penso che la “finestra di speranza” che si è aperta e di cui parla mons. Marulanda, sia oggi la cosa più importante. Tutti dovrebbero lavorare, d’ora in poi, per far sì che questa speranza diventi realtà.







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