La Speranza in Dio e la dignità dell’uomo alla base di una pace giusta per l’umanità:
il discorso del Papa al Corpo Diplomatico, commentato da Marelli della FOCSIV e dal
filosofo Possenti
Le grandi crisi internazionali, la difesa della vita, il dialogo interreligioso: il
discorso a tutto campo di Benedetto XVI, al Corpo Diplomatico, ha destato ampia eco
a livello internazionale. Molti media, inoltre, hanno legato le parole del Papa alla
sua riflessione sulla globalizzazione sviluppata il giorno prima, nella Solennità
dell’Epifania. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Le parole
di Benedetto XVI al Corpo diplomatico hanno fatto, come si suol dire in questi casi,
il giro del mondo. Tutti i principali media internazionali hanno dato spazio all’intervento
del Pontefice mettendo, a seconda delle aree geografiche, l’accento su un tema piuttosto
che un altro. Il quotidiano cattolico francese “La Croix” ha titolato sul richiamo
del Papa ad un “uso morale della scienza”, mentre “Le Monde”, riprendendo la France
Presse, ha messo l’accento sull’esortazione del Papa a promuovere un dibattito globale
sulla “sacralità della vita umana”. L’agenzia Reuters, come anche in gran parte la
stampa statunitense e “The Canadian Press”, evidenziano l’appello del Pontefice a
far sì che le armi di distruzione di massa non finiscano in mano ai terroristi. Molti
quotidiani titolano riprendendo le parole di Benedetto XVI sul Medio Oriente. E’ il
caso dell’agenzia di stampa kuwaitiana, KUNA, che sottolinea la contrarietà del Papa
ad una soluzione parziale e unilaterale della crisi mediorientale. Dal canto suo,
il giornale spagnolo “ABC” richiama l’appello del Papa ad israeliani e palestinesi
affinché diano seguito agli accordi di Annapolis. Il “Times” di Johannesburg sottolinea
la preoccupazione del Papa per la crisi umanitaria nel Darfur, mentre l’“International
Herald Tribune” si sofferma sull’appello del Papa per la pace in Kenya dopo le violenze
dei giorni scorsi. Il venezuelano “El Nacional” riprende l’auspicio del Pontefice
per un futuro migliore per il popolo cubano, mentre il quotidiano messicano “El Financiero”
mette l’accento sull’attenzione riservata dal Papa alle popolazioni latinoamericane
colpite da catastrofi naturali. Da ultimo, il “Corriere della Sera” che, come la maggior
parte dei giornali italiani, collega le parole del Papa sulla sacralità della vita
al dibattito politico sull’aborto in corso in Italia.
Dunque,
un discorso, quello del Papa, che ha sollecitato un ampio dibattito a livello internazionale.
In uno dei passaggi chiave, Benedetto XVI ha affermato che la pace “non può essere
una semplice parola o un'aspirazione illusoria. La pace è un impegno e un modo di
vita”. Proprio da queste parole muove la riflessione di Sergio Marelli, direttore
generale della FOCSIV, la Federazione organismi cristiani di servizio internazionale
volontario, intervistato da Fabio Colagrande:
R. -
Da sempre, il Santo Padre ha sottolineato come la pace sia un’azione che deve essere
costruita quotidianamente con degli stili di vita, con delle scelte quotidiane, attraverso
le grandi politiche, ma anche attraverso l’assunzione a livello personale di piccole,
quotidiane, continue scelte che possono andare o nella direzione della pace o nella
direzione della violenza e del conflitto e quindi anche della guerra. Non è un caso
che proprio il Santo Padre ricordi come l’adozione di uno stile di vita sobrio - così
lui lo definisce - sia la via indispensabile per costruire la pace e per dare una
garanzia di futuro a questo nostro mondo. Uno stile di vita sobrio, accompagnato dal
serio impegno per un’equa distribuzione delle ricchezze, sono temi a noi carissimi,
sono temi che fondano il nostro stesso impegno di volontari internazionali. Quando
diciamo che le ricchezze non mancano, ma che c’è solo un problema di ridistribuzione
di questa ricchezza attraverso gli uomini e le donne del pianeta, ci sentiamo in piena
sintonia con Benedetto XVI.
R. - Il Papa è tornato
a citare Paolo VI e, in particolare, la Populorum Progressio: lo sviluppo è
il nuovo nome della pace. Sentirla citata dal Papa immagino abbia un significato particolare
per voi?
D. - E’ il documento sul quale la FOCSIV
è stata creata. La FOCSIV nasce proprio sull’onda della Pacem in terris di
Giovanni XXIII e della Populorum Progressio di Paolo VI. Sono i due documenti
fondanti che noi sentiamo come nostro DNA e come dei messaggi, dei principi ancora
oggi assolutamente validi e attuali, con i quali continuiamo ad ispirare ed orientare
la nostra azione. La pace deve essere costruita attraverso lo sviluppo.
D.
- Il Papa ha voluto dare spazio anche all’impegno a favore della sicurezza. In questo
caso, fa una richiesta specifica, uno sforzo congiunto da parte degli Stati per applicare
tutti gli obblighi sottoscritti e per impedire l’accesso dei terroristi alle armi
di distruzione di massa. Cosa pensa di questo passaggio?
R.
- Mi sembrano delle parole molto chiare che, se posso liberamente tradurre, significano
che occorre porre fine al commercio delle armi, perchè queste non finiscano nelle
mani dei terroristi e possano essere usate per le drammatiche stragi con le quali
i terroristi ormai insanguinano i nostri Paesi. Uno stop al commercio delle armi,
la denuclearizzazione, una rinuncia alle munizioni a grappolo e alle mine antiuomo,
sono anche questi dei messaggi altrettanto chiari e altrettanto in continuità con
i predecessori. Quello che stupisce è che ancora a distanza di così tanti anni - dopo
che i Pontefici continuano a richiamare questi principi - la politica e le politiche
continuino a disinteressarsi e a non seguire questo insegnamento che ha una chiarezza
eloquente.
Nel suo articolato intervento al Corpo Diplomatico,
Benedetto XVI ha anche ribadito che “il diritto può essere una forza di pace efficace
solo se i suoi fondamenti sono solidamente ancorati nel diritto naturale, dato dal
Creatore”. Su questo richiamo, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione
del prof.Vittorio Possenti, docente di Filosofia politica all’Università
di Venezia:
R. -
Certamente, sia come Pontefice, sia in precedenza come cardinale, Benedetto XVI ci
ha ricordato più volte l’importanza della legge morale naturale e del diritto naturale,
che è il fondamento dei diritti umani. Quindi, il diritto più fondamentale, per così
dire, che nutre tutti gli altri diritti, compreso il diritto internazionale è il diritto
naturale. Benedetto XVI aggiunge una considerazione importante: “Non si può mai escludere
Dio dall’orizzonte dell’uomo e della storia. Il nome di Dio è un nome di giustizia”.
Sembra una considerazione di grande rilievo che fa giustizia di alcune posizioni “laicistiche”
che vorrebbero procedere in tutte le questioni sociali, morali e politiche “etsi Deus
non daretur”, cioè prescindendo da Dio, operando come se Dio non ci fosse.
D.
- In un altro passaggio, il Papa ha detto: “Le nuove frontiere della bioetica non
impongono la scelta fra la scienza e la morale, ma esigono piuttosto un uso morale
della scienza”. Il Papa ancora una volta mostra che la fede non è nemica della scienza,
ma certo non può accettare l’ideologia della scienza, lo scientismo...
R.
- E’ un passaggio notevole, perché chiama in causa i grandi problemi bioetici nati
a seguito delle grandi scoperte biotecnologiche. L’applicazione della tecnologia,
dunque, alla radice stessa della vita umana. Si delinea pian piano questa idea che
scienza e morale non siano tra loro opposte e che la morale abbia pieno diritto di
regolare l’azione umana. Regolare l’azione umana significa anche indirizzare, regolare
quel tipo particolare, molto importante di azione che è quella delle biotecnologie,
delle scoperte della scienza. Consideriamo il problema fondamentale dell’embrione:
difendendo il diritto alla vita, si potrebbe anche includere il diritto alla vita
del concepito.
D. – La diplomazia è in un certo
modo l’arte della speranza – ha detto Benedetto XVI al corpo diplomatico – un richiamo
originale, se vogliamo. Il Papa della “Spe salvi”, dell’Enciclica sulla speranza,
dice che la diplomazia, spesso percepita come l’arte del compromesso, è invece l’arte
della speranza...
R. – E’ un cenno molto felice,
che mi ha colpito favorevolmente. Noi, forse, come semplici cittadini, abbiamo qualche
volte una precompresione negativa della diplomazia, come arte del mero compromesso.
In realtà, la diplomazia può essere intesa in un senso più sano come un’arte delicata
e difficile, anche molto inventiva e molto speranzosa: trovare ogni volta all’interno
di gravi problemi una via d’uscita e di speranza.