Nuovi attentati in Iraq: l'appello del patriarca Emmanuel III Delly
A Baghdad, almeno 4 persone morte e 16 ferite, soprattutto studenti, per l’esplosione
davanti ai cancelli del politecnico; due ordigni esplosi in successione hanno provocato
l'uccisione di un poliziotto e il ferimento di almeno quattro. Inoltre ci sono diversi
morti tra esponenti dei comitati popolari contro il terrorismo, della capitale e di
Baquba. Il nostro servizio:
Nella
capitale, nello stesso quartiere sunnita Adamiya, il capo del comitato popolare è
stato assassinato con altre cinque persone: colpito nella sede del Waqf, l'organismo
che gestisce i beni religiosi sunniti, mentre un’autobomba ha colpito ambulanze con
feriti. Anche nei pressi di Baquba è stato ucciso un membro dei Comitati popolari.
Da mesi in diversi luoghi dell'Iraq numerose tribù sunnite si sono coalizzate contro
il terrorismo e in particolare contro al Qaida, formando comitati popolari o Consigli
per il Risveglio, i cui membri collaborano attivamente a fianco delle forze USA e
irachene. Intanto, c’è preoccupazione per quanto accaduto ieri: alcune autobombe hanno
colpito chiese e istituzioni cristiane a Baghdad e a Mossul, in Iraq settentrionale,
senza fare alcuna vittima ma danni materiali. Mons. Francis Assisi Chullikatt, nunzio
apostolico in Iraq e Giordania, sottolinea che le azioni sono state coordinate, definendola
“una triste novità che non fa stare tranquilli”. Inoltre, ricorda che “se gli stessi
attentati fossero stati portati a termine solo alcune ore prima ci sarebbe stata una
strage spaventosa”. Sulla scelta di luoghi di culto quali obiettivi, Massimiliano
Menichetti ha raccolto la riflessione del cardinale Emmanuel III
Delly, Patriarca di Babilonia dei Caldei:
R. –I luoghi di
culto sono luoghi di pace e tranquillità, sono luoghi di preghiera. Se alcuni attentano
ad essi, forse questo è un messaggio per il governo, che non c’è ancora la pace. Costoro
vogliono attirare l’attenzione dell’Occidente e degli altri, perché sono state attaccate
anche le moschee ed altri luoghi di culto, ma nessuno ne ha parlato. Dunque, sicuramente
questi atti sono stati compiuti per attirare l’attenzione dell’Occidente, affinché
non si pensi che la situazione si sia appianata, in Iraq ...
D.
– Lei molto spesso ha ribadito: questi attentati colpiscono tutti, perché vogliono
destabilizzare il Paese. Cosa serve per creare l’unità?
R.
– Pregare il Signore di darci l’unità e di darci la pace. Ecco il vostro dovere, il
dovere di ognuno di noi: chiedere al Signore della Pace di darci la pace. Questa è
l’unica cosa. Non possiamo fare altro ...
C’è da dire che sempre in Iraq,
un razzo katiuscia si è abbattuto questa mattina contro l'edificio che ospita gli
studi dell'emittente tv di Stato al Iraqiya nel centro della città settentrionale
di Kirkuk, senza causare vittime, ma provocando gravi danni. Lo riferisce l'agenzia
Aswat al Iraq, precisando che l'edificio colpito si trova tra il quartier generale
dell'Unione patriottica del Kurdistan, guidata dal presidente Jalal Talabani, e la
sede del Partito democratico del Kurdistan, del presidente della regione autonoma
curda, Massud Barzani.
Pakistan In Pakistan, otto leader tribali
alleati del governo nella lotta ad al Qaida sono stati uccisi tra ieri e oggi nel
sud Waziristan, la regione alla frontiera con l'Afghanistan, roccaforte talebana e
negli ultimi mesi teatro di aspri scontri tra soldati e ribelli. Lo rendono noto oggi
fonti ufficiali di sicurezza stando a quanto si legge sul sito Internet della BBC.
Gli uomini sono morti in seguito a colpi di arma da fuoco e in due separati episodi.
Inoltre, oggi, l'agenzia Reuters riferisce di un attacco suicida a Swat: un kamikaze
si è fatto esplodere lanciandosi a bordo di un'autobomba contro i cancelli di una
base militare nella località nord-occidentale. Nell'attacco sono rimasti feriti tre
soldati.
Questione colonie in Medio Oriente Il ministero israeliano
della Difesa si rifiuta di divulgare un’aggiornata "banca dati" sulle attività di
sviluppo nelle colonie e negli avamposti illegali in Cisgiordania nonchè nei rioni
ebraici a Gerusalemme est “per non rischiare di arrecare danno alla sicurezza nazionale
e alle relazioni estere di Israele”. Lo ha detto un funzionario del Ministero della
difesa, Mike Herzog, al tribunale di Tel Aviv, respingendo così la richiesta dei gruppi
"Pace Adesso" e "Movimento per la libertà dell'informazione" di prendere visione di
quei dati aggiornati. Il giudice che esamina la questione non ha ancora espresso un
parere in merito. La vicenda ha avuto inizio un anno fa quando un altro dirigente
del Ministero della difesa, Baruch Spiegel, fu incaricato di quantificare le attività
di colonizzazione attingendo informazioni anche da uffici che spesso sono restii a
rendere pubbliche le proprie attività. Fonti informate avevano detto allora alla stampa
che si trattava di dati di impatto “esplosivo”, cosa che aveva indotto "Pace Adesso"
e il "Movimento per la libertà dell'informazione" a chiedere di visionarli. Ieri,
è giunta la risposta negativa del Ministero della difesa che probabilmente non intende
fomentare nuove polemiche alla immediata vigilia della visita in Israele e dei Territori
del presidente degli Stati Uniti George Bush.
Imponenti misure di sicurezza
per la visita di Bush in Medio Oriente Nove elicotteri con a bordo forze speciali
americane sono atterrati oggi a Ramallah e a Betlemme (in Cisgiordania), come parte
del piano di sicurezza per la visita del presidente degli Stati Uniti George W. Bush,
che comincia mercoledì. Fonti locali hanno detto che il presidente americano si recherà
a Ramallah per incontrare il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) e il premier palestinese,
Salam Fayyad, e successivamente farà una visita alla Basilica della Natività a Betlemme.
L'Autorità nazionale palestinese ha annunciato di aver dispiegato oltre 4.000 agenti
per garantire la sicurezza del presidente Bush, sulla cui incolumità vigileranno,
tuttavia, anche uomini delle forze speciali statunitensi.
Questione gas
tra Iran e Turchia L'Iran ha del tutto interrotto da stamane le sue forniture
di gas naturale alla Turchia, ma le riserve accantonate negli ultimi mesi consentono
di continuare l'erogazione del gas alle famiglie. Lo hanno comunicato i dirigenti
della Botas turca (la società turca che sovrintende alle distribuzioni delle risorse
energetiche). Il ministro dell'Energia e delle Risorse naturali, Hilmi Guler, aveva
annunciato ieri una decurtazione delle forniture di gas naturale provenienti dall'Iran
(e dall'Ucraina) negli ultimi 10 giorni. La Turchia importa circa 29 milioni di metri
cubi di gas al giorno dall'Iran, ma negli ultimi 10 giorni esse sono state ridotte
a circa 4-5 milioni metri cubi al giorno. La Turchia importa il gas-naturale anche
da Russia, Ucraina, Romania e la Bulgaria. Anche l'anno scorso l'Iran sospese in pieno
inverno le sue forniture di gas naturale alla Turchia attribuendole a problemi tecnici
legati alle basse temperature invernali. Ankara mise l'anno scorso in dubbio che si
trattasse solo di problemi tecnici.
In Turchia il governo riesamina l’articolo
301 In Turchia la nuova bozza dell'articolo 301 del codice penale, di cui l'Unione
Europea ha chiesto la riforma per la generica criminalizzazione di quelle che vengono
definite “offese alla turchità” in esso prevista, sarà approvata oggi dal Consiglio
dei ministri e sarà presentata al Parlamento per l'approvazione nel corso della settimana.
L'attuale formulazione dell'articolo è criticata da intellettuali e giornalisti di
orientamento liberale anche perchè ha autorizzato processi in cui sono state criminalizzate
opinioni critiche verso le autorità statali e di governo, con una limitazione della
libertà di espressione.
Sierra Leone Dopo sei mesi di interruzione
è ripreso a L'Aja - presso il Tribunale speciale per la Sierra Leone - il processo
all'ex presidente della Liberia, Charles Taylor, accusato di crimini contro l'umanità.
Taylor, che è il primo ex capo di Stato africano ad essere giudicato da un tribunale
internazionale, deve rispondere a ben undici capi di accusa, tra cui omicidio, stupro
e reclutamento di bambini-soldati. Tutti crimini compiuti tra il 1996 e l'inizio del
2001, periodo in cui Taylor è stato a capo delle truppe ribelli del Fronte rivoluzionario
unito che ha imperversato in Sierra Leone per ben dieci anni, a partire dal 1991.
Periodo in cui la guerra civile - nata soprattutto per il controllo dei giacimenti
diamantiferi - ha fatto oltre 120.000 morti e migliaia di invalidi e mutilati. L'ex
capo di Stato si è sempre difeso affermando di non essere colpevole dei crimini di
guerra e contro l'umanità di cui è accusato.
Kenya Sono forse oltre
600 i morti nelle violenze avvenute in Kenya dopo le elezioni e la contestata conferma
di Kibaki a presidente della Repubblica. È quanto riferiscono alcune radio locali
citando fonti della polizia. Intanto, sembra ci siano seri spiragli di dialogo: Raila
Odinga, leader dell'opposizione, che ritiene di essere il vero presidente del Kenya,
ha cancellato le manifestazioni indette dall'opposizione, domani, parlando di importante
mediazione in corso. Si tratta di quella condotta da Jendayi Frazer, vice segretario
di Stato americano con delega per l'Africa, che è a Nairobi da due giorni.
Georgia L'opposizione
in Georgia ha presentato centinaia di ricorsi presso la commissione elettorale georgiana,
che nella notte, a sorpresa, ha annunciato la vittoria del presidente uscente Mikhail
Saakashvili dopo una giornata altalenante di spoglio, in cui all’inizio non arrivavano
risultati e poi sono arrivati una valanga di pronunciamenti per il candidato di punta.
"Intendiamo contestare almeno 100.000 voti - ha detto ai giornalisti un esponente
del gruppo di partiti che sostengono il candidato Levan Gaceciladze - e soprattutto
l'annuncio della vittoria fatto dal presidente della commissione centrale elettorale,
Levan Tarkhnishvili, quando non aveva ancora neanche ricevuto i verbali". Centomila
voti in meno abbasserebbero la percentuale di Saakashvili, al momento al 52,8%, sotto
la soglia della metà dei voti, e porterebbero quindi a un ballottaggio col secondo
classificato, Gaceciladze.
Nepal Oltre 1.500 persone appartenenti
all'RPP-Nepal (Rastriya Prajatantra Party), partito favorevole alla monarchia, hanno
partecipato stamattina a Kathmandu ad una manifestazione di protesta contro la decisione
di trasformare il Nepal in Repubblica. La manifestazione è stata guidata da Kamal
Thapa, ex ministro dell'Interno nel passato governo. Durante un discorso tenutosi
durante la protesta di piazza, Thapa ha detto che la monarchia in Nepal è parte integrante
della società nepalese e che il Paese necessita di una struttura di tipo monarchico.
“I sette partiti dell'alleanza - ha detto Thapa - stanno portando avanti una dittatura
che sta creando devastazioni e alla quale bisogna porre fine”. “L'intero popolo deve
decidere - ha invece dichiarato Rabindra Nath Sharma, leader dell'RPP-Nepal - il destino
della monarchia. La decisione non può essere presa da un ristretto numero di persone”.
Cina La stampa cinese ha riportato con rilievo oggi la notizia dell'espulsione
di 500 dirigenti di livello medio-basso del Partito nella provincia dell'Hubei, nella
Cina centrale per non aver rispettato la legge che impone di aver un solo figlio.
Altre 395 persone, evidentemente non iscritte al Partito, sono state licenziate dai
loro posti di lavoro pubblici. Intervistato dai mezzi di comunicazione cinesi, Yang
Youwang, il direttore della locale Commissione per la pianificazione familiare ha
precisato che in tutta la provincia le persone risultate "non in regola" sono più
di 93.000, in gran parte “membri del Partito, celebrità o persone ricche”. La legge
è stata varata alla fine degli anni settanta per contenere l'esplosione della popolazione
(che oggi è di 1,3 miliardi di persone) e contempla alcune eccezioni. Prevede multe
salate per chi non la rispetta e, secondo studi pubblicati, la grande maggioranza
dei cinesi giudica un'ingiustizia il fatto che il privilegio di aver più di un figlio
sia riservato di fatto ai ricchi.
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LII no. 7 E'
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