Vigilia dell'Epifania. Domani, la Messa solenne presieduta da Benedetto XVI nella
Basilica Vaticana
la Chiesa di tutto il mondo si appresta a celebrare la solennità dell’Epifania, uno
degli ultimi atti delle feste iniziate con il Natale. Alle 10 di domattina, nella
Basilica Vaticana, Benedetto XVI presiederà la celebrazione eucaristica, seguita in
radiocronaca diretta dalla nostra emittente a partire dalle 9.50, con commenti in
italiano, inglese, tedesco, francese e spagnolo, in onda corta, onda media e modulazione
di frequenza. Il simbolo per eccellenza dell’Epifania sono certamente i Re Magi: il
Vangelo di Matteo ce li descrive come partiti dall’Oriente e giunti a Gerusalemme
per adorare il Re dei Giudei. Ma come possiamo interpretare le loro figure? Isabella
Piro lo ha chiesto a mons. Luigi Negri, teologo e vescovo della diocesi
di San Marino - Montefeltro:
R. -
I Magi sono la potenza intellettuale che si china all’umiltà di Dio. Mentre la cultura
alta, la cultura che esprime le esigenze profonde dell’uomo - quindi innanzitutto
l’esigenza della libertà e della verità - si piega di fronte a questo avvenimento,
il potere, che è la religione di coloro che lo detengono e di coloro ai quali il potere
si impone, sentono la minaccia incombente della rivelazione: questo perché, ponendo
la verità definitiva di Dio nella storia, chiama contemporaneamente gli uomini ad
assumersi la propria libertà.
D. - Oro, incenso e
mirra furono i doni che, secondo la tradizione evangelica, i Re Magi portarono a Gesù
Bambino: cosa simboleggiano questi tre elementi?
R.
- C’è la versione tradizionale per cui l’oro esprime la gloria della vita umana, della
ricerca umana, l’incenso la volontà di adorazione, di devozione, e la mirra il segno
che anticipa il cammino doloroso del Signore, la morte e la Risurrezione - perché
la mirra serviva a disporre il cadavere di coloro che erano morti. Comunque, mi sembrerebbe
più adeguato, oggi, percepire che nei tre doni si esprime la tensione alla verità
e anche il senso alla impossibilità di arrivare, da parte della ragione umana, alla
verità e quindi la venuta dei Magi e l’incontro dei Magi a Betlemme è veramente una
icona di quella che Giovanni Paolo II nella Fides et Ratio chiamava “l’inevitabile
sinergia di fede e di ragione”, che si attua poi con un potenziamento reciproco di
queste due grandi facoltà umane.
D. - Nella tradizione,
si parla anche di un quarto mago, che si sarebbe fermato lungo la strada: significa
che ci si può perdere nel cammino di ricerca del Signore?
R.
- Certamente. Abbiamo ancora in mente quella straordinaria frase di San Tommaso d’Aquino,
che la ragione ricerca inequivocabilmente il mistero dell’essere e lo ritrova non
senza gravi difficoltà, non senza l’esperienza di rovinosi errori. Quindi, per la
ricerca della verità occorre, per esempio, una grande risorsa di moralità. E’ impensabile
che la ricerca del vero venga fatta soltanto con un’intelligenza intesa in senso cartesiano-kantiano.
La ricerca della verità è una ricerca insieme dell’intelligenza e del cuore, quindi
il quarto Mago è in qualche modo l’immagine che la ragione fa anche esperienza dei
suoi limiti, quindi solo la gratuità della fede può sanare, perché anche la ragione
ha bisogno di essere sanata da quella bellissima immagine del Cristo-medico che Benedetto
XVI ha evocato in modo così commosso e commovente nella Spe salvi.
D.
- C’è un insegnamento particolare che i Re Magi possono trasmettere?
R.
- Sono entrati nella casa del Signore certamente perché il Signore li ha chiamati,
ma certamente perché non hanno rinunciato, si sono identificati con questa chiamata.
Credo che questa entrata sia la dimostrazione che l’unica grande moralità dell’uomo
è amare la verità più di se stessi. I Magi si sono affidati a un segno, come è la
cometa, anziché perseguire soltanto quello che fino ad allora avevano trovato con
la loro intelligenza. Quindi io credo che essi siano una testimonianza significativa
anche per i giovani, perché credo che ad un certo punto debbano decidere se seguire
una domanda di verità, che è contenuta nel loro cuore, o se accettare quella multiforme
relatività in cui tante energie vengono sciupate e anche tante vite vengono distrutte.