Il prezzo del petrolio torna a sfiorare il record dei 100 dollari al barile
Il prezzo del petrolio torna a salire verso la soglia dei 100 dollari. Le quotazioni
sulla qualità Brent stamani hanno superato quota 98 dollari, e c’è attesa per i dati
sulle scorte settimanali degli Stati Uniti. Per il presidente dei petrolieri italiani,
Pasquale De Vita, l’aumento del prezzo del greggio è legato a fattori geopolitici
e non ci sono in questo momento problemi particolari di approvvigionamento. Alessandro
Guarasci ha sentito il parere dell’economista dell’Università Cattolica Luigi
Campiglio:
R.
– Il prezzo del petrolio ha una componente fondamentale che è la crescita molto forte
e tumultuosa della Cina, dell’India, dei Paesi emergenti. A questo si aggiunge una
situazione delicata di rapporti tra domanda e offerta di energia a livello mondiale,
che rende questa materia prima particolarmente sensibile all’instabilità politica.
D.
– Professore, c’è il rischio di una ripercussione non solo sulla benzina e sui carburanti,
ma anche sui beni di prima necessità?
R. – Questa
pressione della domanda coinvolge non solo il petrolio, ma un po’ tutte le materie
prime e abbiamo visto che a partire dall’estate, tutto il comparto dei cereali, tutte
le spese ricorrenti, quasi quotidiane delle famiglie, sono stati soggette a pressioni
molto forti sui prezzi. Quindi, è il quadro generale che preoccupa, così come il fatto
che da un anno ormai, l’aumento del prezzo del petrolio si accompagna all’indebolimento
della valuta americana nei confronti dell’euro; questo rende un po’ più difficile
la posizione competitiva delle imprese europee e di quelle italiane in particolare,
che quest’anno hanno fatto anche bene sui mercati mondiali.
D.
– Però, a livello mondiale, pressioni sull’OPEC sono auspicabili, sono possibili,
secondo lei?
R. – Un accordo con i Paesi dell’OPEC
significa, in buona sostanza, aumentare l’offerta. Questo, nel breve periodo, può
dare qualche risultato ma è un sollievo temporaneo. Paradossalmente, ci dobbiamo augurare
che tutta questa grande area asiatica continui a crescere, ma a ritmi meno convulsi.
Questa seconda ipotesi è meno peregrina di quanto si immagini, perché le stesse autorità
cinesi cominciano ad essere preoccupate. Già da parte loro ci sono, poi, conseguenze
negative sui prezzi e sui salari e tutto quanto ne segue.