Ancora violenze nella Striscia di Gaza. In mattinata una forte esplosione anche nel
centro di Gaza. Epicentro degli scontri armati è Khan Yunes, nel sud di Gaza, dove
da alcune ore unità israeliane di fanteria stanno facendo un’incursione per distruggere
“infrastrutture terroristiche”. Nella notte, ucciso un miliziano di Hamas e, in mattinata,
uccise due donne. Nel frattempo un razzo katiuscia sparato da Gaza ha colpito un rione
settentrionale della città di Tel Aviv senza causare vittime, ma scatenando reazioni
in seno ai vertici politici. Il ministro Yitzhak Cohen ha infatti invitato Israele
a cessare le forniture di corrente elettrica e di combustibile ai palestinesi che
vivono a Gaza. Intanto, il presidente statunitense, George Bush, che fra una settimana
visiterà Gerusalemme e Ramallah, ha dichiarato che entro la fine del 2008 andranno
in porto i negoziati israelo-palestinesi.
Afghanistan Oltre 200 insorti
talebani sono stati uccisi in combattimenti con l'esercito afghano a Musa Qala, nel
sud dell'Afghanistan, ripresa dai talebani alla metà dello scorso dicembre. Lo ha
annunciato il Ministero dell'interno afghano. Finora nessun bilancio preciso era stato
reso noto. L'esercito afghano con l'aiuto delle truppe britanniche dell'ISAF e quelle
della coalizione a guida USA ha riconquistato il 10 dicembre Musa Qala, nella provincia
di Helmand, occupata dai talebani da dieci mesi. Le operazioni militari proseguono
in quest'area del sud dell'Afghanistan per cacciare i talebani da tre altri distretti
che sono sotto il loro controllo.
Iraq Un ordigno e un razzo katiuscia
sono esplosi in due zone diverse di Baghdad, nella parte sud e nella parte ovest,
provocando la morte di almeno tre civili e il ferimento di altri sette. L’ordigno
è esploso nei pressi dell'abitazione di un membro del partito Dawa (del premier Nuri
al Maliki) nel quartiere meridionale di Zafaraniya, provocando la morte di due persone
e il ferimento di altre cinque. Nel quartiere occidentale di Washash, la caduta di
un razzo katiuscia su alcune abitazioni ha provocato la morte di un civile e il ferimento
di altri due.
Pakistan Si abbassa la tensione in Pakistan, precipitato
subito dopo Natale nel caos politico e sociale per l'assassinio di Benazir Bhutto,
dopo l'annuncio di una nuova data per le elezioni, il 18 febbraio, e il discorso del
presidente Pervez Musharraf alla nazione. L'annuncio del rinvio del voto di quaranta
giorni - le elezioni erano previste per l'8 gennaio - non ha suscitato violenze né
manifestazioni di piazza. Ieri, dopo la decisione della Commissione elettorale di
posporre le elezioni, lo stesso Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir e ora alla testa
del PPP assieme al figlio Bilawal, ha invitato i suoi sostenitori a rimanere calmi
e a concentrare le forze in questa nuova fase di campagna elettorale. Anche l'arrivo
a giorni di una squadra di Scotland Yard, su richiesta di Musharraf, per dare man
forte all'intelligence pachistana nelle indagini sugli assassini di Bhutto ha contribuito
a stabilizzare una crisi che fino a due giorni fa sembrava ingovernabile. Sul futuro
politico e sociale, Francesca Sabatinelli ha intervistato Ejaz Ahmad,
giornalista pachistano, membro della consulta islamica del Ministero dell’interno.
R. -
Penso che dopo l’assassinio di Benazir Bhutto, il suo partito abbia acquistato molto
nell’opinione pubblica, anche se era stato coinvolto in diversi scandali nel passato.
Anche la Lega musulmana che appoggia Musharraf ha chiesto tempo perché non riusciva
a fare la campagna elettorale. Penso che dopo le elezioni la situazione in Pakistan
si calmerà. Non so quale sarà il futuro di Pervez Musharraf. C’è la paura di brogli
elettorali da parte del governo in carica.
D. - Prevede che ci possa
essere una fine del regime militare?
R. - I militari
in Pakistan hanno radici molto forti. L’Islam non è riuscito ad essere il collante
del Paese e in questo momento il collante del Paese sono i militari, quindi l’esercito
ha un ruolo molto importante. Per il processo democratico vediamo cosa succederà nel
prossimo futuro; non ci sono neanche partiti democratici solidi con statuti forti,
mentre il nostro vicino, l’India, è cresciuto democraticamente. Abbiamo bisogno di
tempo ma anche dell’aiuto dei Paesi occidentali che devono cambiare le tattiche dell’aiuto.
Non abbiamo bisogno di aiuti militari ma di aiuti sul piano sociale, perché il popolo
pakistano sta passando dalla crisi a una povertà inaudita.
Libano Il
movimento sciita libanese Hezbollah, sostenuto da Siria e Iran, ha oggi minacciato
una “mobilitazione pacifica”, se entro dieci giorni non sarà trovato un accordo con
la maggioranza di governo antisiriana. In un'intervista con un'emittente Tv locale,
trasmessa ieri in tarda serata, il leader del movimento, Sayyed Hassan Nasrallah,
ha affermato che la mediazione della Francia con la Siria sullo stallo delle elezioni
presidenziali in Libano continuerà nonostante i due Paesi abbiano interrotto i loro
contatti incentrati sulla crisi libanese. “Se questa mediazione fallisce, non ce ne
saranno altre, e l'opposizione si mobiliterà nei prossimi sette o dieci giorni usando
tutti i possibili mezzi pacifici”, ha detto Nasrallah, senza aggiungere dettagli.
Il leader di Hezbollah ha sottolineato che l'opposizione, guidata dal suo movimento,
vuole un potere di veto in un “governo di unità nazionale” prima di accettare di eleggere
come presidente il comandante dell'esercito, il generale Michel Suleiman. In una contemporanea
intervista Tv, il leader druso Walid Jumblat ha dal canto suo affermato che accettare
le richieste dell'opposizione “vuol dire portare l'influenza di Siria e Iran in Libano”.
Questione
libanese: polemica tra Siria e Francia A meno di 24 ore dall'annuncio del
ministro degli Esteri siriano Walid al Muallim della decisione di interrompere i contatti
con la Francia per trovare uno sbocco alla crisi politica libanese, la Siria accusa
oggi Parigi di “non assumersi le proprie responsabilita”'. “La Francia sa bene quali
sforzi la Siria abbia impegnato per risolvere la crisi”, afferma stamani il quotidiano
siriano Al Baath, organo dell'omonimo partito al potere dal 1963, che aggiunge: “Ora
tentano di addossarci la colpa come se fossimo gli unici ad avere amicizie e influenze
tra le forze libanesi”. La decisione siriana di sospendere i contatti con Parigi per
metter fine al vuoto istituzionale creatosi in Libano dalla fine di novembre con la
mancata elezione del nuovo presidente della Repubblica, é seguita alle dichiarazioni
di domenica scorsa del presidente francese Nicolas Sarkozy, secondo cui la Siria,
che sostiene l'opposizione libanese, non farebbe abbastanza per favorire l'elezione
del nuovo capo dello Stato. Il giornale ha dal canto suo affermato che "tutti sanno
che la responsabilità del fallimento di ogni iniziativa di mediazione ricadono sulla
maggioranza parlamentare libanese", appoggiata dalla Francia.
Al via in
Iowa le primarie per la Casa Bianca Primo appuntamento negli Stati Uniti delle
primarie per la corsa alla Casa Bianca. Si parte con l’Iowa. Un lungo cammino che
porterà alla scelta del nuovo presidente degli Stati Uniti in novembre. Gli ultimi
sondaggi sottolineano un testa a testa tra Barack Obama e Hillary Clinton in campo
democratico; per i repubblicani, invece, il conservatore Mike Huckabee è leggermente
avanti rispetto a Mitt Romney. Ma qual è il valore di questa prima tornata elettorale:
più simbolica o reale? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Paolo Mastrolilli,
responsabile della redazione esteri del TG1 RAI:
R. –
In termini numerici è piccolo il significato, perchè si tratta di circa 250 mila abitanti.
Ci sono degli editorialisti che, scherzando, hanno detto che in Iowa ci sono più maiali
che esseri umani, perchè ci sono molti allevamenti. Dal punto di vista politico, però,
ha molto significato, perché è il primo voto, il primo risultato. E’ molto importante
avere quello che gli americani chiamano “il momentum”, cioè per un candidato dimostrare
che è un candidato vincente, per poi proseguire con il piede giusto nel resto del
cammino elettorale.
D. – Le primarie in Iowa sono costate ai candidati
una cifra record, circa 50 milioni di dollari, più o meno 200 dollari a voto. La vittoria
alla Casa Bianca è ancora legata agli investimenti dei candidati o possiamo aspettarci
sul breve e lungo termine qualche colpo di scena?
R. – I colpi di scena
sono sempre possibili, anzi già ci sono, perchè in questo voto risultano favoriti
dei personaggi che all’inizio erano nettamente indietro, come per esempio l’ex governatore
dell’Arkansas, Huckabee, tra i repubblicani. Naturalmente, però, i soldi sono molto
importanti, perché per raggiungere gli elettori bisogna fare la pubblicità, soprattutto
la pubblicità televisiva e quindi è fondamentale avere i fondi per fare queste campagne
che sono molto dispendiose, perchè gli Stati Uniti sono grandi come un continente.
Hanno cercato di riformare queste leggi per il finanziamento delle elezioni, ma molti
sostengono che la capacità in un candidato di ottenere finanziamenti dimostra anche
il suo apprezzamento fra gli elettori e quindi ha anche una forma di misurazione del
consenso democratico nei suoi confronti.
D. – Tra i democratici a contendersi
la scena sono due candidati che porterebbero a Washington comunque una ventata di
novità. Hilary Clinton sarebbe il primo presidente donna e Barak Obama, il primo presidente
di colore. Ma gli statunitensi sono pronti a questi cambiamenti?
R.
– Questo lo vedremo durante le elezioni. Già il fatto che queste due persone possano
essersi candidate, diventando i front runners del partito democratico indica che c’è
chiaramente un’evoluzione nella società americana. Che poi riescano ad arrivare fino
alla Casa Bianca è un altro discorso e lo vedremo a partire da oggi.
D.
– La campagna elettorale si giocherà su alcuni punti chiave, tra cui ovviamente la
guerra in Iraq che continua ad essere una spina nel fianco dell’amministrazione Bush.
Ci sarà un cambio di rotta?
R. – In realtà, gli ultimi
sondaggi indicano che la questione Iraq è scesa nell’attenzione degli elettori. Ora
si parla molto dell’economia, della paura di una recessione negli Stati Uniti, del
problema dei mutui. Tale questione sta un po’ equilibrando quella dell’Iraq.
Sri Lanka e la mediazione norvegese La Norvegia ha riferito che
molto probabilmente ritirerà la propria missione di monitoraggio dallo Sri Lanka dopo
che oggi il governo di Colombo ha annunciato il suo ritiro formale dal cessate-il-fuoco
con i ribelli separatisti Tamil concluso nel 2002 con il patrocinio di Oslo. Il ministro
norvegese per l'Aiuto allo Sviluppo, Solheim, ha osservato che la presenza della missione
Nordic è legata all'accordo di tregua del febbraio 2002, ma ha sottolineato che il
suo Paese continuerà comunque a proporsi come mediatore di pace finché riscuoterà
la fiducia delle parti in conflitto. Ieri, un attacco ad opera dei ribelli Tamil ha
provocato la morte di almeno quattro persone (cinque secondo altre fonti) e il ferimento
di 24. Il cessate-il-fuoco era di fatto finito con l'entrata in carica a Colombo,
alla fine del 2005, del presidente Rajapakse, un nazionalista sostenitore del metodo
forte contro i guerriglieri delle Tigri di liberazione dell'Eelam Tamil (LTTE), che
definisce “terroristi”.
Braccio di ferro tra Russia e Regno Unito sul British
Council Il ministero degli Esteri russo ha invitato Londra a sospendere l'attività
del British Council in Russia evitando di politicizzare il problema e di inasprire
le relazioni bilaterali. La stesura di un accordo bilaterale sui centri culturali
é stata congelata – è stato spiegato - a causa dei “passi distruttivi di Londra nelle
relazioni russo-britanniche”, le misure diplomatiche prese dal Regno Unito contro
la mancata estradizione di Andrei Lugovoi, ritenuto da Londra il principale sospettato
dell'avvelenamento dell'ex spia del KGB Aleksander Litvinenko. Il mese scorso il Ministero
degli esteri russo aveva disposto la chiusura dei centri regionali del British Council
a partire dal primo gennaio 2008, per mancanza di adeguato stato legale.
Caso
Gazprom L’azienda russa Gazprom non ha al momento alcun progetto "concreto"
di acquisizione in Europa ma “non esclude” questa possibilità a patto che siano rispettati
una serie di criteri come quello di “un prezzo ragionevole”. Lo ha dichiarato il suo
vice presidente Alexandre Medvedev sottolineando anche come “il terzo pacchetto di
misure proposte dall'UE pone molti interrogativi per i quali al momento non vi sono
risposte”. In un'intervista al quotidiano "La Tribune", Medvedev critica le proposte
della Commissione UE che vuole separare la produzione e vendita di gas dal suo trasporto,
sottolineando che “non vi é bisogno di troppe direttive per assicurare la liberalizzazione
del gas”. A suo avviso “la clausola di reciprocità prende di mira direttamente Gazprom
“sia in quanto compagnia esportatrice che come operatore”. La Commissione UE vuole
la separazione tra produzione e vendita di gas dal suo trasporto per assicurare libera
concorrenza e sicurezza di approvvigionamenti.
Bolivia Il presidente
boliviano Evo Morales ha imposto un cambio ai massimi vertici militari del Paese,
raccomandando loro di preservare l'unità e la democrazia, a fronte delle richieste
di autonomia da parte di quattro delle nove regioni del Paese. Morales ha chiesto
anche ai nuovi vertici che, oltre a compiere la loro missione istituzionale, le unità
militari si costituiscano in una sorta di “università per i poveri”, per soddisfare
la domanda di tecnici minerari e per gli idrocarburi. Il nuovo comandante in capo
delle forze armate è il generale dell'aeronautica Luis Trigo. I vertici uscenti erano
stati nominati nel febbraio del 2006, un mese dopo l'elezione alla presidenza di Evo
Morales.
Cina Tre vigili del fuoco cinesi sono morti nel tentativo
di spegnere un incendio in corso da quasi 24 ore ad Urumqi, nel nordovest della Cina.
Al momento non è possibile, affermano le autorità locali, avere un bilancio delle
vittime dell' incendio, che è scoppiato ieri per cause imprecisate nel Dehui International
Plaza nel centro di Urumqi, la capitale della Regione Autonoma Uighura del Xinjiang.
Nell'edificio di 12 piani c'erano circa duemila negozi che vendevano vestiti, cosmetici,
giocattoli ed altri prodotti. Due piani erano occupati da uffici. Il Dehui Plaza apparteneva
ad un imprenditore della provincia del Zhejiang che, secondo l'agenzia Nuova Cina,
aveva investito nell'operazione circa 38 milioni di euro. Lo Zhejiang, sulla costa
orientale del Paese, é una delle province più industrializzate e più ricche della
Cina.
India Sette persone sono morte, tra cui due bambini, a causa
della calca per la troppa folla nel Tempio di Kanakdurga di Vijaywada nello Stato
centrale indiano dell'Andra Pradesh. Oltre 20 i feriti. Più di 100.000 persone erano
presenti stamattina nel sacro tempio, uno dei più venerati del Paese, per una preghiera
rituale. La strada stretta che scende dall'edificio a valle non era sufficientemente
capiente ad accogliere tutti i devoti, e così la calca ha schiacciato alcune persone.
Il governo locale ha autorizzato una inchiesta anche perchè ci sono state critiche
per la mancanza di controlli da parte delle forze dell'ordine che si sarebbero presentate
troppo tardi per fermare la folla. Lo stesso governo dell'Andra Pradesh ha deciso
di dare un indennizzo di circa 2000 euro alle famiglie delle vittime e 200 euro a
quelle dei feriti. Il tempio é stato chiuso ai devoti subito l'incidente. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 3 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.