2008-01-02 14:57:39

Le violenze in Kenya: si parla di pulizia etnica


Non si attenua la tensione in Kenya: oltre 300 i morti negli scontri di questi giorni. E si parla anche di pulizia etnica. Sotto accusa la regolarità delle elezioni che hanno visto la riconferma del presidente Kibaki. Si teme intanto per la manifestazione convocata per domani dal leader dell'opposizione Odinga. Il servizio di Francesca Fialdini.RealAudioMP3


Il livello d'irregolarità commesso "da entrambe le parti" nelle recenti elezioni presidenziali in Kenya e' "inaccettabile", questo il commento del ministro degli Esteri britannico David Miliband in un'intervista concessa alla Bbc. Dopo UE, Stati Uniti, Canada e Giappone anche il presidente della commissione elettorale keniota ha espresso dubbi sulla correttezza delle votazioni che hanno portato alla vittoria il capo di Stato Kibaki. E mentre si parla di sanzioni contro Nairobi, i ministri del governo hanno lanciato accuse pesanti ai leader dell’opposizione: quelle di pulizia etnica contro la tribù dei kikuyo di cui fa parte lo stesso Kibaki. Il riferimento è alla morte di oltre 300 persone, dovute agli atti di violenza dei giorni scorsi, il più grave dei quali l’incendio della chiesa pentecostale di Eldoret, nella regione occidentale. Le vittime si erano rifugiate nell'edificio per sfuggire agli scontri tra fazioni, scoppiate dopo la contestata vittoria elettorale. Dal 27 dicembre, sarebbero già settantamila gli sfollati, secondo la Croce Rossa keniota, che definisce il dramma come una vera e propria calamità nazionale. Dagli Stati Uniti è giunto l’appello del segretario di Stato Condoleezza Rice, che in un comunicato congiunto con Londra ha chiesto ai dirigenti keniani di dare prova di spirito di compromesso mettendo davanti a tutto gli interessi del Paese.

Sulla situazione in Kenya, Salvatore Sabatino ha raccolto la testimonianza di padre Renato Kizito Sesana, direttore della rivista dei missionari comboniani “Nigrizia”, raggiunto telefonicamente a Nairobi:RealAudioMP3


R. – Ormai la situazione qui si è calmata. Resta tensione, perché domani è annunciata una manifestazione dell’opposizione e si teme ci siano altri scontri, anche perché purtroppo questa manifestazione è stata organizzata per poter avere dei morti. L’opposizione vuole a tutti i costi tenere vivo lo scontro e questa è la realtà tragica. Noi speriamo che la diplomazia internazionale, che sta cercando di intervenire in queste ore, riesca a fermare la cosa e a convincere il presidente e l’opposizione a sedersi ad un tavolo e a dialogare.

 
D. – Una soluzione politica potrebbe essere anche il governo di unità nazionale, così come auspicato dal premier britannico Gordon Brown?

 
R. – Un governo di unità nazionale con un obiettivo preciso: ridare entro tre mesi, per esempio, una nuova Costituzione, una Costituzione che preveda di avere un presidente, di avere un primo ministro, in modo che si possano accontentare entrambi. Non c’è una differenza politica, c’è una differenza tribale, che è stata volutamente esacerbata da alcuni, in particolare – bisogna dirlo – dall’opposizione, che ha creato una tensione molto grande. La sostanza è semplicemente una questione di potere: “Io voglio essere il presidente”.







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