Non si attenua la tensione in Kenya: oltre 300 i morti negli scontri di questi giorni.
E si parla anche di pulizia etnica. Sotto accusa la regolarità delle elezioni che
hanno visto la riconferma del presidente Kibaki. Si teme intanto per la manifestazione
convocata per domani dal leader dell'opposizione Odinga. Il servizio di Francesca
Fialdini.
Il livello
d'irregolarità commesso "da entrambe le parti" nelle recenti elezioni presidenziali
in Kenya e' "inaccettabile", questo il commento del ministro degli Esteri britannico
David Miliband in un'intervista concessa alla Bbc. Dopo UE, Stati Uniti, Canada e
Giappone anche il presidente della commissione elettorale keniota ha espresso dubbi
sulla correttezza delle votazioni che hanno portato alla vittoria il capo di Stato
Kibaki. E mentre si parla di sanzioni contro Nairobi, i ministri del governo hanno
lanciato accuse pesanti ai leader dell’opposizione: quelle di pulizia etnica contro
la tribù dei kikuyo di cui fa parte lo stesso Kibaki. Il riferimento è alla morte
di oltre 300 persone, dovute agli atti di violenza dei giorni scorsi, il più grave
dei quali l’incendio della chiesa pentecostale di Eldoret, nella regione occidentale.
Le vittime si erano rifugiate nell'edificio per sfuggire agli scontri tra fazioni,
scoppiate dopo la contestata vittoria elettorale. Dal 27 dicembre, sarebbero già settantamila
gli sfollati, secondo la Croce Rossa keniota, che definisce il dramma come una vera
e propria calamità nazionale. Dagli Stati Uniti è giunto l’appello del segretario
di Stato Condoleezza Rice, che in un comunicato congiunto con Londra ha chiesto ai
dirigenti keniani di dare prova di spirito di compromesso mettendo davanti a tutto
gli interessi del Paese.
Sulla situazione in Kenya, Salvatore Sabatino
ha raccolto la testimonianza di padre Renato Kizito Sesana, direttore della
rivista dei missionari comboniani “Nigrizia”, raggiunto telefonicamente a Nairobi:
R. –
Ormai la situazione qui si è calmata. Resta tensione, perché domani è annunciata una
manifestazione dell’opposizione e si teme ci siano altri scontri, anche perché purtroppo
questa manifestazione è stata organizzata per poter avere dei morti. L’opposizione
vuole a tutti i costi tenere vivo lo scontro e questa è la realtà tragica. Noi speriamo
che la diplomazia internazionale, che sta cercando di intervenire in queste ore, riesca
a fermare la cosa e a convincere il presidente e l’opposizione a sedersi ad un tavolo
e a dialogare.
D. – Una soluzione politica potrebbe
essere anche il governo di unità nazionale, così come auspicato dal premier britannico
Gordon Brown?
R. – Un governo di unità nazionale
con un obiettivo preciso: ridare entro tre mesi, per esempio, una nuova Costituzione,
una Costituzione che preveda di avere un presidente, di avere un primo ministro, in
modo che si possano accontentare entrambi. Non c’è una differenza politica, c’è una
differenza tribale, che è stata volutamente esacerbata da alcuni, in particolare –
bisogna dirlo – dall’opposizione, che ha creato una tensione molto grande. La sostanza
è semplicemente una questione di potere: “Io voglio essere il presidente”.