Sospese in Colombia le operazioni per il rilascio da parte delle FARC di tre ostaggi
"Sospesa", in Colombia, l'operazione umanitaria che avrebbe restituito la libertà
a Consuelo González, Clara Rojas e a suo figlio di tre anni Emmanuele, ostaggi delle
FARC. Subito si sono riaccese le polemiche. In un comunicato - letto in tv dal presidente
del Venezuela Hugo Chávez - le Forze armate rivoluzionarie colombiane, accusano che
"l'intensa attività militare" dell'Esercito di Bogotá "rende impossibile l'operazione".
Pochi minuti dopo è arrivata la risposta del presidente della Colombia, Alvaro Uribe:
"Non è vero, – ha detto - esiste una zona senza una nostra presenza militare. La verità
è che Emmanuele, con il nome di Juan David Gómez Tapiro, già si trova a Bogotá, e
quindi la guerriglia ora non sa cosa fare”. Il presidente Chávez ha assicurato che
"l'operazione umanitaria andrà comunque in porto fino al suo successo”. Chávez, in
polemica con Uribe da diverse settimane, ha ribadito la sua sfiducia verso il governo
colombiano, scaricando su Bogotá tutta la responsabilità della "sospensione". Sono
accuse che contrastano con quanto il presidente colombiano dichiara di avere confermato
ai rappresentanti dei sette Paesi garanti: la sua "totale disponibilità a creare un
corridoio strategico che consenta il successo della consegna degli ostaggi". E’ difficile,
se non impossibile, conoscere la verità. L’unica cosa certa, come hanno dichiarato
diversi esponenti del Comitato internazionale della Croce Rossa, è che dal 18 dicembre,
giorno in cui fu annunciato l’accordo per il rilascio, questi ostaggi, i loro parenti,
e tante altre persone sequestrate che attendono di essere liberate, come Ingrid Betancourt,
o gli statunitensi Thomas Howes, Marc Gonsalves e Keith Stansell, continuano ad essere
‘pedine’ di un gioco geopolitico del tutto indifferente alle loro sofferenze. Intanto
la Croce Rossa resta sul posto, alcuni ‘garanti’ rientrano ai loro Paesi, e la stampa
locale tralascia la questione della liberazione e si dedica al giallo del bambino
che, secondo Uribe, si trova in un’istituzione per l’infanzia abbandonata, dove un
presunto ‘zio’ lo avrebbe consegnato il 16 giugno 2005, gravemente denutrito e con
un braccio fratturato, dichiarando che era figlio di Marta Gómez Tapiero, 22 anni,
e di padre sconosciuto. (A cura di Luis Badilla)