In Kenya, violenti scontri dopo la conferma alle presidenziali del capo dello Stato
Kibaki
Situazione difficile in Kenya, dopo le elezioni presidenziali, che hanno visto la
vittoria di Mway Kibaki con un margine di appena 230.000 voti sul candidato dell’opposizione
Raila Odinga, dato in vantaggio dai sondaggi e dagli stessi risultati preliminari.
Proprio i sostenitori di Odinga hanno inscenato proteste sfociate in violenze. Ed
il bilancio, purtroppo ancora non definitivo, è pesante: oltre 120 morti. In mattinata,
fonti locali riferivano di un possibile arresto di Odinga, notizia poi smentita. Il
leader dell’opposizione ha invece indetto un grande raduno di protesta per il 3 gennaio
a Nairobi. Salvatore Sabatino ha parlato della difficile situazione in Kenya
con Massimo Alberizzi, africanista del Corriere della Sera:
R.
– La situazione si fa molto critica. Per ora le manifestazioni, e quindi gli spari,
i morti, le violenze, le barricate, sono nei quartieri periferici, nelle baraccopoli.
Se, però, la rabbia popolare si farà ancora più intensa, c’è il rischio che le violenze
possano coinvolgere i quartieri più centrali, non solo le baraccopoli. Il problema
è che ci sono molti turisti bloccati sulla costa, a Mombasa e a Malindi, in particolare,
e c’è il rischio che questi non possano tornare. Si parla anche della possibilità
di decretare lo stato di emergenza, cosa che sembra in questo momento abbastanza facile
e probabile.
D. – Il Kenya è stato considerato sempre
uno dei Paesi africani più stabili. Che cosa è cambiato? Come si è giunti a questa
situazione?
R. – Si è giunti a questa situazione,
perchè il problema della democrazia è che bisogna accettare i risultati, quando sono
contro di noi, non quando sono a favore. E’ molto facile dire: “Io ho vinto e accetto
le regole democratiche”. Il problema è dire: “Io ho perso e accetto le regole democratiche”.
E questo non è accaduto. I primi risultati hanno decretato la scomparsa del partito
del presidente e, a questo punto, non se lo aspettavano. Probabilmente, sono corsi
ai ripari, barando sui risultati.
D. – Quali ricadute
può avere questa instabilità sugli altri Paesi vicini?
R.
– Ci sono dei Paesi che stanno difficoltosamente accettando la democrazia. Parlo,
per esempio dell’Etiopia, del Ruanda, dello stesso Congo. Ovviamente, se il Kenya
precipita nel caos c’è il rischio che blocchi anche i processi democratici in tutti
questi Paesi.
Pakistan-Bhutto In Pakistan è scontro politico
sul possibile rinvio delle elezioni legislative di gennaio. La commissione elettorale
si pronuncerà solo domani, dopo aver accolto le relazioni degli organi provinciali
sulla situazione nelle diverse province del Paese, in cui si segnalano diversi seggi
dati alle fiamme a seguito degli incidenti scoppiati per l’omicidio della Bhutto.
Il nostro servizio:
La
commissione elettorale pakistana ha annunciato che non deciderà prima domani in merito
al rinvio delle elezioni in programma per l’8 gennaio prossimo. L’autorità competente
sta attendendo, infatti, le relazioni sulle condizioni dei seggi dalle
commissioni provinciali. Tuttavia, secondo alcune fonti governative,
prende sempre più corpo l’ipotesi di uno slittamento del voto legislativo di almeno
quattro settimane. Una misura che non dispiace alla Lega Musulmana, Il partito del
presidente Musharraf che, temendo un forte calo dei consensi, ha sospeso la campagna
elettorale, ritenendo inevitabile un rinvio di almeno due mesi. Oggi anche
Sharif, l'altro leader dell'opposizione del Paese, ha detto di ritenere accettabile
un "leggero rinvio" delle legislative. Non condivide invece la necessità di
spostare la data delle elezioni il Partito del popolo Pakistano, la formazione politica
di Benazir Bhutto, che ieri ha nominato presidente del movimento il figlio dell’ex
primo ministro, a seguito della lettura da parte del giovane diciannovenne del testamento
politico della madre. Afghanistan Ennesima giornata
di violenze in Afghanistan, dove sedici agenti della polizia locale sono rimasti uccisi
nell'attacco compiuto dai talebani a un check point nella provincia di Kandahar. Fonti
governative hanno precisato che l'attacco è iniziato sabato scorso e che non è ancora
chiaro quanti guerriglieri integralisti siano morti nello scontro a fuoco. Intanto,
questa mattina è arrivato nel Paese asiatico re Juan Carlos per una visita a sorpresa
al contingente spagnolo. Iraq Il giorno seguente il primo
anniversario dell’esecuzione di Saddam Hussein, ricordato solo da pochi nostalgici,
in Iraq sono ripresi gli attacchi della guerriglia integralista. Un attentatore suicida
si è fatto esplodere a Baghdad uccidendo 4 persone. Altre 11 vittime si sono registrate
in un altro attacco kamikaze, compiuto con un'autobomba a nord della capitale. Infine,
due soldati iracheni sono rimasti uccisi e altri 4 feriti per l'esplosione di un ordigno
al passaggio della loro pattuglia al confine con l'Iran.
Medio Oriente Non
sono ancora rientrati a Gaza i 2000 pellegrini palestinesi provenienti da La Mecca,
bloccati da ieri nel Sinai settentrionale. Il loro rientro nei Territori è ostacolato
dalla richiesta israeliana all'Egitto che quei pellegrini siano sottoposti a controlli
perché, secondo i servizi israeliani, fra di loro ci sono esponenti di Hamas legati
al terrorismo. Dal canto loro, i pellegrini si rifiutano di passare dal valico di
Kerem Shalom, dove sarebbero perquisiti, e insistono per attraversare quello di Rafah.
Intanto sul fronte politico si registra il monito di Hamas a non attentare alla vita
di Haniyeh, leader del movimento integralista che controlla la Striscia di Gaza.
Nepal-monarchia Storica svolta politica in Nepal. Il Parlamento
ad interim di Katmandu, che vede la presenza anche degli ex ribelli maoisti,
tre giorni fa ha abolito la monarchia con 270 voti su 329. Dall’aprile del 2008, il
Paese diverrà una repubblica federale democratica, in coincidenza con le elezioni
generali e l'insediamento dell'Assemblea costituente. La monarchia governava il Paese
dal 1769 e il passaggio istituzionale è frutto dell'accordo tra la maggioranza e i
ribelli maoisti, che erano usciti dal governo a settembre, chiedendo le dimissioni
del contestato re Gianendra. Ma che cosa cambia ora in Nepal? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a Luca Lo Presti, presidente di "Pangea Onlus", che opera in
Nepal con numerosi progetti umanitari:
R.
– Il Paese deve ora arrivare ad applicare questa decisione. E’ il Parlamento che adesso
deve avere la forza di arrivare ad una situazione applicativa di una costituzione
che si deve andare a formare. Al momento tra la gente c’è grande indifferenza, secondo
me per paura e diffidenza rispetto a quanto può accadere un domani. La Fondazione
Pangea, che lavora in Nepal da cinque anni, mantiene il suo atteggiamento di prudenza
e di rispetto per quelli che sono i diritti delle persone, in particolare i diritti
delle donne, che speriamo migliorino con questa decisione. Perché, per esempio, in
Nepal accade che le donne non siano censite al momento della nascita.
D.
– E’ pensabile che con le nuove istituzioni termini l’isolamento internazionale, che
ha caratterizzato finora il Nepal?
R. – E’ assolutamente
auspicabile. La formazione di uno Stato democratico deve portare poi ad un’apertura
verso gli Stati limitrofi. E’ interessante che tutto questo avvenga in un momento
politico, durante il quale, per esempio, i due grandi confinanti del Nepal, la Cina
e l’India, stanno facendo manovre militari congiunte. Fa tutto parte di uno scenario
internazionale, che ci deve portare a riflettere su quanto accade in quell’area. Speriamo
che questo porti a migliorare innanzitutto la vita della popolazione in Nepal.
D.
– Il passaggio della ex guerriglia dalla rivolta armata al dialogo politico potrà
essere definitiva, secondo te?
R. – E’ auspicabile,
perché proprio in tutti questi lunghi anni di guerra civile, la situazione della popolazione
di quelle zone – la Fondazione Pangea ne è testimone, perché lavora nelle zone maoiste
– è veramente complicata e difficile. C’è una situazione dei diritti umani precaria.
E’ importante che questo termini, perché tra i maoisti e il governo si crei un’alleanza
e si crei soprattutto nel Paese una democrazia.
Cina-miniera In
Cina, 19 minatori sono morti nell’esplosione verificatasi sabato sera in un impianto
estrattivo situato nella provincia Helonhjang, nel nord del Paese. La miniera è risultata
illegale e il proprietario e un rappresentante legale sono stati arrestati .
Ostaggi-FARC Per
ragioni sconosciute, che tutti si augurano siano soltanto logistiche, ieri, allo scadere
delle ore 18 (mezzanotte in Europa) Clara Rojas, suo figlio di tre anni Emmanuel e
Consuelo González de Perdomo, ostaggi delle FARC, non sono state liberate e consegnate
alla Croce Rossa internazionale come stabilito nell'accordo umanitario negoziato tra
le Forze armate rivoluzionarie della Colombia e il presidente venezuelano Hugo Chávez.
Il servizio di Luis Badilla:
La stampa, i negoziatori e i garanti
dell’operazione non si sbilanciano e parlano di “rinvio”. Alcuni assicurano che “è
questione di ore”, altri pensano che “si dovrà attendere qualche giorno” e, nel frattempo,
il governo colombiano del presidente Uribe proroga altre 72 ore i permessi per sorvolare
lo spazio aereo degli elicotteri che dovrebbero portare gli ostaggi liberati dalla
selva a Villavicencio, capitale del Dipartimento di Meta, oppure direttamente in territorio
venezuelano. Barbara Hintermann, coordinatrice del Comitato internazionale della Croce
Rossa ha chiesto alle FARC “di non prolungare ancora il tempo della liberazione risparmiando
così nuove sofferenze agli ostaggi e ai loro parenti”. Ramón Rodríguez Chacín, ex
ministro venezuelano, e negoziatore capo per conto di Chávez assicura intanto “che
la terza fase dell’operazione è prossima” e al contrario di quanto aveva detto domenica
afferma che “si attendono le coordinate precise e definitive”. Il ministro degli Esteri
di Bogotá, Nicolás Maduro, ha confermato che “il rinvio potrebbe essere di due o tre
giorni” e al tempo stesso ha ribadito, smentendo commenti della stampa latinoamericana
su l’esistenza di disaccordi tra Caracas e Bogotá; “anzi – ha aggiunto – si lavora
a contatto stretto e ambedue le parti fanno di tutto per accelerare il successo dell’operazione”.
Ad ogni modo agli operatori della stampa internazionale, e sono centinaia quelli presenti
sul posto, nonché agli analisti non sfugge l’esistenza di una difficoltà non piccola:
il governo colombiano non ha mai voluto sospendere le operazioni militari di contrasto
alla guerriglia nella zona garantendo “nessuna ostilità e immunità totale” nel cosiddetto
“Punto X”, cioè solo nel piccolo spazio territoriale ove dovrebbero operare gli elicotteri
adibiti al prelievo degli ostaggi. In queste si presume che questa sia la causa del
rinvio. C’è chi afferma che taluni vorrebbero che gli ostaggi fossero lasciati in
un punto dove prelevarli senza che nessuno possa entrare in contatto con gli emissari
delle FARC, ma la guerriglia rifiuta poiché, per motivi propagandistici, vorrebbe
un contatto con i delegati e una sorta di conferenza stampa congiunta nella selva,
e la garanzia di un “corridoio” per il ritiro dei suoi uomini dal posto. Qualunque
sia la verità una sola cosa è certa: il rinvio della liberazione di queste due donne
e un bambino, dopo anni di sofferenze, non fa altro che prolungarle disumanamente.
Somalia In Somalia si è rialzato il livello delle scontro
tra le forze filo governative, appoggiate dalle truppe etiopiche, e i miliziani integralisti
islamici. Almeno 12 persone sono morte nelle ultime 24 ore a Mogadiscio, dove gli
insorti hanno colpito persino la sede dell’Unione Africana. Mogadiscio è teatro di
continui attacchi da quando, tra il dicembre 2006 e il gennaio 2007, gli integralisti
delle Corti islamiche hanno perso il controllo di diverse regioni. Prosegue poi la
delicata trattativa per portare alla liberazione di due volontarie di Medici Senza
Frontiere, un'argentina e una spagnola, rapite nel Paese africano. L'Argentina ha
chiesto all'Italia di mediare per la liberazione delle due donne. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 365 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.