2007-12-29 15:27:16

In Colombia, ore decisive per la liberazione di tre ostaggi nelle mani delle FARC


Entro domenica, se tutto andrà bene, i tre ostaggi nelle mani delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, dovrebbero essere liberati tramite una complessa operazione umanitaria. Ad essere rilasciate, saranno due donne: Consuelo Gonzalez de Perdomo e Clara Rojas, ex segretaria di Ingrid Betacourt, ed il figlio, un bambino di tre anni nato nella selva, dove ha vissuto per oltre 2.100 giorni. Luis Badilla ci spiega nel servizio i difficili aspetti di questa operazione:RealAudioMP3


L'operazione, rilevante di per sé poiché contribuisce a mettere fine alle sofferenze indicibili di queste tre persone, in prospettiva appare ancora più importante, poiché apre la strada per auspicabili nuove operazioni umanitarie dello stesso tipo. Nelle prossime ore, due elicotteri MI-17 con le insegne della Croce Rossa dovrebbero prelevare gli ostaggi in un luogo segreto della selva colombiana, secondo gli accordi intercorsi tra il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, in contatto con il governo colombiano del presidente Alvaro Uribe, e gli inviati della guerriglia, che fino alle prime ore d'oggi non avevano ancora comunicato le coordinate esatte del posto dove saranno consegnati gli ostaggi. In quest'operazione umanitaria, oltre a Chávez si sono impegnati in molti. Tra loro l'ex presidente argentino, Néstor Kirchner, il consigliere per la politica internazionale del presidente brasiliano, Marco Aurelio Garcia, l'ex ministro dell'Interno ecuadoriano, Gustavo Larrea, e il viceministro boliviano per i Movimenti sociali, Sacha LLorenti, oltre a delegati di Francia, Svizzera e Cuba. Se entro le ore 18 di domenica 30 novembre, limite massimo per la permanenza degli aeromobili venezuelani nello spazio aereo della Colombia, l’operazione si sarà chiusa con successo, i fatti daranno ragione a molti, tra cui la Chiesa cattolica colombiana, che da mesi sostiene la via del negoziato umanitario come la migliore soluzione, seppure graduale, per mettere fine a tanta sofferenza umana sia degli ostaggi sia dei loro cari e dell’intero Paese. Questa pratica colombiana del sequestro, così diffusa, da più parti definita “un’industria del dolore” in riferimento alle migliaia di persone rapite negli ultimi cinque anni, “va trattata - sostiene l’episcopato della Colombia - anzitutto sul piano umanitario, poiché sono in gioco vite umane la cui sacralità non può essere usata per considerazioni politiche da parte di nessuno”.

Bolivia - tensioni istituzionali
"Sono qua e possiamo dialogare": è stata la laconica riposta, ieri, del presidente della Bolivia, Evo Morales, alla lettera dei principali dirigenti delle cinque regioni - Santa Cruz, Beni, Pando, Tarija e Cochabamba - in conflitto con il governo centrale e che, in più di una circostanza, hanno minacciato la secessione, in particolare dopo la recente approvazione della nuova Costituzione che dovrà essere sottoposta a referendum entro il 14 marzo. Il capo dello Stato, giorni fa, era è stato il primo a chiedere questo dialogo. “Accettiamo la sfida di trovare una soluzione politica concertata alla crisi, con un’agenda aperta”, si legge nella lettera dei governatori "ribelli" che chiedono una discussione sulla nuova Costituzione e, in particolare, sulla legge che istituisce il cosiddetto "Reddito dignità", cioè un buono per i poveri, di età superiore ai 60 anni, finanziato col taglio del 56% delle rendite dei Dipartimenti derivate dalle imposte sugli idrocarburi. Va ricordato che oltre al referendum sulla nuova Carta nazionale, se approvata, se ne dovrebbe svolgere un altro di natura "revocatoria" per i mandati del presidente, del vicepresidente e per i governatori (prefectos) delle nove regioni amministrative in cui è divisa la Bolivia.

Kenya - attesa post-elettorale
In Kenya, sale l’attesa per la proclamazione ufficiale dei risultati, mentre dai dati parziali si profila la netta vittoria del leader dell’opposizione, Odinga. Intanto, gli incidenti che si segnalano in diverse aree del Paese agitano gli spettri di un conflitto tra etnie. Il nostro servizio:RealAudioMP3

Sebbene le operazioni di spoglio siano ancora in corso, il leader dell'opposizione, Raila Odinga, forte di un ampio margine di vantaggio sul presidente uscente, Kibaki, si è dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali. Questa mattina, a circa tre quarti dello scrutinio, Odinga vantava il 49% delle preferenze contro il 45% del suo avversario. Netto anche il vantaggio registrato in parlamento, ma sia il governo sia il partito di unità nazionale, formazione politica vicina a Kibaki, si sono rifiutati di riconoscere la vittoria dell’opposizione, sostenendo che mancano ancora i risultati di vaste aree schierate con il presidente uscente. Dal canto suo, la Commissione elettorale non ha proceduto alla proclamazione del vincitore, ritenendo che non ci siano ancora certezze assolute. In un Paese con il fiato sospeso per i risultati, vengono intanto confermati i timori della vigilia relativi ai possibili scontri tra gruppi etnici rivali, riaccesi dal fatto che i due sfidanti rappresentano le maggiori etnie del Paese: i kikujo e i Luo. Sul terreno si segnalano i primi scontri nelle roccaforti dell’opposizione, dove giovani armati di machete saccheggiano bloccano strade e saccheggiano negozi, mentre a Kisumo almeno una persona sarebbe morta i seguito di questi incidenti.

Medio Oriente
Dopo i violenti scontri di ieri, che hanno causato la morte di sette miliziani palestinesi e di due coloni israeliani, in Cisgiordania resta alta la tensione in seguito al fermo di tre israeliani, uno dei quali militare, introdottisi nel centro di Betlemme. Spiragli per i negoziati di pace arrivano però dal ministro dell'Interno palestinese, Abdul Razzak Yehya, che ha confermato la notizia secondo cui le milizie di Fatah, Brigate dei Martiri di Al Aqsa, sono state completamente smantellate. L’esponente dell’esecutivo palestinese ha inoltre annunciato che ora si procederà allo scioglimento di tutte le altre milizie operative nelle aree palestinesi, auspicando la cooperazione di questi gruppi al piano di disarmo.

Libano senza capo dello Stato
Il Libano, ancora senza presidente. E’ stata, infatti, rinviata anche l’undicesima sessione per l’elezione del capo dello Stato convocata per oggi. La prossima convocazione del parlamento, dalla quale si auspica l’elezione del successore di Lahoud, è stata fissata per sabato 12 gennaio. Dopo undici rinvii, maggioranza e opposizione sembrano più vicine ad una soluzione rispetto al nome del candidato da eleggere alla presidenza della Repubblica.

Scontri in Somalia
A Mogadiscio proseguono gli scontri tra le forze filigovernative somale e ribelli integralisti islamici. Oggi, il portavoce del sindaco di Mogadiscio è stato ucciso da una bomba fatta esplodere al suo passaggio, tre i feriti. La vittima era considerata uno dei leader dell'ala dura governativa, teorica della repressione violenta. Resta quindi molto alta la tensione nella capitale somala, dove almeno 2000 civili hanno perso la vita nel 2007.

Georgia - proteste
Circa 10 mila oppositori del presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, sono scesi in piazza a Tbilisi per manifestare contro il rischio di brogli alle elezioni presidenziali del prossimo 5 gennaio. Gli organizzatori della manifestazione hanno annunciato che l'opposizione intende mandare in ogni seggio un nutrito numero di rappresentanti per sorvegliare l'andamento del voto. Il Paese caucasico si avvicina alle elezioni, che vedono favorito il presidente uscente, dopo un periodo di fortissime tensioni politiche, culminate lo scorso novembre in scontri e disordini in tutto il Paese e la proclamazione dello stato d’emergenza.

Hong Kong - regole democratiche
Elezione diretta del governatore dal 2017 e dei deputati del parlamento locale dal 2020. Sono le importantissime tappe d’avvicinamento di Hong Kong ad una completa democrazia. Ad annunciarlo è stato l’attuale governatore, gradito a Pechino, della ex colonia britannica da dieci anni tornata sotto la giurisdizione della Repubblica popolare cinese. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)


Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 363
 
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