Prodi traccia il bilancio del governo nella conferenza di fine anno
Crescita del potere d’acquisto dei salari e riduzione della pressione fiscale, riforme:
sono questi i cardini dell’azione di governo per il 2008. Lo ha spiegato il premier
Romano Prodi nella tradizionale conferenza stampa di fine anno. Una risposta a chi,
nell’opposizione ma anche tra i suoi alleati, considera finita l’esperienza di questo
esecutivo. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Nel 2007,
l’Italia è uscita dall’emergenza economica proseguendo spedita nella strada del risanamento
dei conti pubblici. Ma resta la percezione dell’incertezza dei cittadini sia sul fronte
economico, sia su quello della sicurezza. Romano Prodi risponde così agli attacchi
e alle critiche di alcuni alleati e allo scetticismo dell’Europa e degli organismi
internazionali. Nella conferenza stampa di fine anno, Prodi ha dunque rilanciato un’iniziativa
politica di legislatura per attuare il programma al quale vincolare tutto il centrosinistra.
Prodi pensa per prima cosa a misure per far recuperare il potere d’acquisto dei salari
ai cittadini delle fasce più deboli, agendo sulla leva dei contratti di lavoro e sulle
detrazioni fiscali, in particolare a vantaggio di famiglie con figli. Per la ripresa
economica, il premier punta anche su infrastrutture e liberalizzazioni, ricerca e
rilancio della pubblica amministrazione. Ma il 2008 dovrà essere anche l’anno delle
riforme, in testa il tassello della legge elettorale, obiettivo – afferma Prodi –
da raggiungere con un accordo parlamentare il più possibile condiviso. Tutti questi
temi saranno sul tavolo della verifica di maggioranza in programma il 10 gennaio.
Il premier dovrà cercare di convincere soprattutto i liberaldemocratici di Lamberto
Dini che definiscono “disperate” le mosse annunciate da Prodi. Per Dini, il governo
è ormai in minoranza al Senato e occorre lavorare ad uno nuovo, istituzionale e di
larghe intese. Ma per il resto dell’Unione, l’unica alternativa a questo esecutivo
sono le elezioni anticipate e Prodi chiosa: un governo si abbatte solo con un voto
di sfiducia. (Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni)