Nella Solennità di Santo Stefano, Benedetto XVI sottolinea che il martirio cristiano
è sempre un atto d’amore verso Dio e gli uomini. Il Papa ricorda i tanti cristiani
tuttora vittime di persecuzioni
Con il suo straordinario esempio, Santo Stefano rammenta ad ognuno di noi che il martirio
cristiano è esclusivamente un atto d’amore verso Dio e verso gli uomini: è quanto
sottolineato da Benedetto XVI, all’Angelus in Piazza San Pietro, incentrato sulla
figura del primo martire cristiano. Il Papa ha poi messo l’accento sulla testimonianza
offerta ancora oggi da tanti cristiani che soffrono e muoiono per annunciare il Vangelo,
come anche per vivere in comunione con la Chiesa ed essere fedeli al Papa. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
“Fu lapidato
alle porte della città e morì, come Gesù, invocando il perdono per i suoi uccisori”.
Benedetto XVI ha sottolineato che è la “carità divina” il profondo legame tra Cristo
e il suo primo martire Stefano. Quello stesso Amore “che spinse il Figlio di Dio a
spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce”, è stata la sua
riflessione, “ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo”:
“Bisogna sempre rimarcare questa caratteristica
distintiva del martirio cristiano: esso è esclusivamente un atto d’amore, verso Dio
e verso gli uomini, compresi i persecutori. Perciò noi oggi, nella santa Messa, preghiamo
il Signore che ci insegni “ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di [Stefano]
che morendo pregò per i suoi persecutori”. “Quanti
figli e figlie della Chiesa nel corso dei secoli – ha rammentato - hanno seguito questo
esempio!”. Una testimonianza che inizia durante la prima persecuzione a Gerusalemme,
fino alle schiere dei martiri dei nostri tempi:
“Non
di rado, infatti, anche oggi giungono notizie da varie parti del mondo di missionari,
sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici perseguitati, imprigionati,
torturati, privati della libertà o impediti nell’esercitarla perché discepoli di Cristo
e apostoli del Vangelo; a volte si soffre e si muore anche per la comunione con la
Chiesa universale e la fedeltà al Papa”.
Riprendendo
la sua Enciclica "Spe salvi", il Papa ha dunque ricordato l’esperienza del martire
vietnamita Paolo Le-Bao-Thin che trasformò la sofferenza in gioia “mediante la forza
della speranza che proviene dalla fede”. Ed ha aggiunto: “Il martire cristiano, come
Cristo e mediante l’unione con Lui, “accetta nel suo intimo la croce, la morte e la
trasforma in un’azione d’amore”. La violenza, è stato il suo richiamo, “si trasforma
in amore e quindi la morte in vita”: “Il martire cristiano
attualizza la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte. Preghiamo per quanti soffrono
a motivo della fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Maria Santissima, Regina dei Martiri,
ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo, rispondendo ai nemici con la forza
disarmante della verità e della carità”.