Con testimonianze della Chiesa nei vari continenti, uno sguardo al mondo nel giorno
di Natale, mentre in Iraq si registrano ancora violenze
Nel giorno di Natale il nostro sguardo va innanzitutto alla Terra Santa. Mentre continua
il lancio di razzi Qassam dalla striscia di Gaza verso Israele e si registra uno stallo
dei negoziati di pace tra palestinesi e israeliani, migliaia di pellegrini hanno partecipato
alle celebrazioni nei più importanti luoghi di culto cristiani. Circa 10 mila sono
stati infatti i permessi concessi per l’accesso nella notte a Betlemme. Il servizio
di Sara Fornari:
Un nuovo
Natale di gioia per Betlemme. Moltissimi i pellegrini da tutto il mondo, specialmente
dall’Estremo Oriente. C’è stata allerta e tensione ieri sera nella piazza della mangiatoia
per l’arrivo del premier palestinese Mahmud Abbas che, invitato alla Messa e alla
cena della comunità francescana assieme alle autorità religiose e civili, ha consegnato
un’onorificenza al patriarca Sabbah in segno di gratitudine. 2500 i biglietti distribuiti
per la solenne concelebrazione vigiliare, a cui hanno partecipato molti fedeli locali,
non solo di Betlemme. 10 mila i permessi distribuiti per i territori palestinesi.
Molto forte l’appello del patriarca latino nella sua omelia: “A voi fratelli e sorelle,
a voi tutti cristiani di questa terra, tentati dall’emigrazione, oggetto di preoccupazione
di tutti, vi dico anzitutto che Gesù ci dice “non abbiate paura””. Il patriarca ha
poi proseguito: “A quelli tentati o pressati dalle difficoltà a lasciare il Paese,
noi diciamo: qui voi avete un posto e più che un posto, voi avete una vocazione, quella
di essere cristiani qui, nella terra di Gesù e non altrove nel mondo. Accettate la
vostra vocazione anche se difficile. La nostra presenza qui resterà testimone della
vocazione universale di questa terra, terra di Dio e terra per le tre religioni e
i due popoli che la abitano”. La Santa Messa concelebrata dal patriarca Michel Sabbah
e dal nunzio apostolico, monsignor Antonio Franco, è terminata con la processione
in grotta con il bambinello. E questa mattina ancora tanta gente in fila alla grotta.
Le famiglie di Betlemme poi si sono raccolte in Santa Caterina, per la Messa parrocchiale
celebrata da monsignor Michel Sabbah. Un momento di esultanza della piccola città
della Giudea, un nuovo Natale di festa per Betlemme e da qui per il mondo intero.
(Da Betlemme, per la Radio Vaticana, Sara Fornari)
Sempre Medio Oriente:
in Iraq diversi attentati hanno causato la morte di almeno 24 persone, mentre nel
nord continuano i bombardamenti turchi contro basi dei separatisti curdi. Resta alta
la tensione anche in Afghanistan dove sono stati fermati due funzionari britannici
dell’Ufficio ONU, accusati di contatti con i talebani. Infine, in Corea del Sud, 14
marinai risultano dispersi in seguito al rovesciamento di una nave mercantile a largo
delle coste meridionali.
Ma guardiamo ai cinque continenti, dove oggi si riverbera
il messaggio di pace e speranza per la nascita del Salvatore, attraverso testimonianze
di sacerdoti, missionari e laici. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
In terre
di missione, in Paesi devastati dalla violenza, dal dramma della povertà e da nuove
forme di sfruttamento, il mistero del Natale diventa segno di speranza non solo per
i cristiani. In Stati ricchi, caratterizzati da società consumistiche, si rischia
invece di smarrire il vero significato di questa festa. Lo sottolinea mons.
Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze
Episcopali d’Europa:
"Si ha in molte nazioni, soprattutto in quelle
occidentali, l’impressione che venga un po’ meno il protagonista vero del Natale.
E’ un po’ un segnale che vogliamo la festa: siamo molto attaccati a questa tradizione,
amiamo la famiglia, i bambini, lo spirito della pace, però lo sradichiamo dalla sua
radice che può generare tutto questo. E questo è un po’ il pericolo".
Come
si vivono in Europa il Natale dei regali sotto l’albero e quello autentico, della
nascita del Salvatore? Mons. Giordano:
"La festa, il senso della famiglia,
gli auguri, il senso dei doni credo che siano elementi da conservare; quindi, siamo
aperti a queste tradizioni. C’è bisogno di una grande opera di evangelizzazione, di
annuncio che mostra come tutte queste realtà siano molto importanti. Ma devono essere
costruite e devono avere una radice".
Benedetto XVI ha auspicato che
questa festa si dilati. I riflessi, anche lontani del Natale, quali frutti fanno germogliare
nella comunità cristiana europea? Risponde il segretario generale del
Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:
"La presenza di Dio
noi l’avremo se sapremo rinnovare le liturgie, le nostre comunità. Dobbiamo creare
degli spazi di laboratorio, scienza, economia, arte dove la luce di Dio sia una guida".
In
alcuni Paesi dell’America Latina, come la Colombia, il Natale è una luce di speranza
contro le ombre delle violenze e del materialismo. Ascoltiamo il missionario salesiano,
padre Raul Rojas:
"Nonostante tutti i problemi, il Natale
si celebra sempre con molta emozione. E’ un momento speciale per tutte le famiglie.
C’è anche l’influenza materialistica, ma penso che prevalga l’aspetto religioso".
Una
scena, un ricordo può racchiudere, sintetizzare il senso del Natale. Padre Raul Rojas:
"Mi
ricordo, soprattutto, di immagini che mostrano l’attenzione particolare ai bambini,
e ai bambini poveri. C’è molta solidarietà in questo momento".
Ma è
possibile estendere a tutto l’anno questo atteggiamento solidale? Ancora il missionario
salesiano:
"L’attenzione particolare ai bambini, e soprattutto ai bambini
poveri. C’è molta solidarietà in questo momento. A Natale, poi, si intraprende un
cammino per aiutare, soprattutto in questo momento, alla pace; dobbiamo trovare la
pace, vogliamo che questa pace arrivi il più presto possibile. Quindi: una preghiera
grande per la Colombia!"
La dimensione più autentica e spirituale del
Natale si può cogliere in diversi Stati africani. E’ quanto sottolinea padre
Luca Treglia, direttore della radio Don Bosco in Madagascar.
"Il
Natale è vissuto soprattutto nello spirito cristiano: c’è Gesù che viene nel mondo
per salvare l’uomo, e questo viene molto compreso qui".
Il Natale –
ha detto il Santo Padre nel messaggio “Urbi et Orbi” dello scorso anno - è la risposta
autentica ai drammi dell’uomo e il Salvatore è la speranza per tutti. Questa speranza
da quali luci viene alimentata in Madagascar? Ascoltiamo il direttore della Radio
Don Bosco nel Paese africano:
"Nel cristiano malgascio c’è questo senso
di speranza; ecco allora che il Cristo che viene a salvare, il Cristo che viene a
portare l’amore di Dio all’uomo, diventa poi un messaggio molto chiaro, e anche un’apertura
al futuro per uno sviluppo più umano, più giusto".
La povertà non impedisce
però di alimentare la ricchezza della fede, come sottolinea padre Luca Treglia:
"L’uomo
che non si apre allo Spirito non può vivere. Grazie a Dio, qui in Madagascar, tutta
la vita dell’uomo è incentrata su Dio. La povertà materiale, invece, a volte condiziona:
ancora si muore per mancanza di cibo e di medicinali". In alcuni
Paesi, poi, il mistero del Natale diventa più comprensibile. E’ quanto afferma padre
Kizito Sesana, missionario comboniano in Kenya nelle baraccopoli di Nairobi:
"Qui
il mistero diventa più profondo, più comprensibile, più vivo, perché il Dio che si
fa Uomo lo vediamo nei bambini, nei neonati, nelle persone che vivono nelle baraccopoli,
nelle persone che vivono situazioni di estrema povertà, di estremo squallore".
Gesù
Bambino - ha detto Benedetto XVI all’Angelus lo scorso 9 dicembre – è il criterio
di misura che Dio ha dato all’umanità. Ma quale grido lanciano all’umanità
i bambini del Kenya? Ancora il missionario comboniano nel Paese africano:
"E’
un richiamo a mettersi al servizio di tutti i bambini; quindi, non c’è niente come
un bambino piccolo che è bisognoso; ci richiama al fatto di essere umani".
E
davanti a questo richiamo di ogni bambino, del Bambin Gesù, come può il cuore di ogni
cristiano diventare la grotta di Betlemme per accogliere il Salvatore? Risponde padre
Kizito Sesana:
"Non si possono dare misure: il cuore si deve aprire
e deve essere disposto ad accogliere. Il Bambino Gesù è il simbolo di tutti questi
bambini del mondo che ci mandano il loro grido di aiuto. Il Natale nostro, nonostante
questa realtà difficile, è senz’altro un Natale felice, perché poi alla nostra gente
basta anche un minimo per far festa: quando ha un po’ di pane e di latte e può radunarsi,
è capace di esprimere ancora una gioia profonda che aiuta a superare tutte le difficoltà".
Trasferiamoci
in Asia, dove in molti Paesi, il Natale costituisce un’importante occasione per far
conoscere le verità della Chiesa anche ai non cristiani. E’ quanto sostiene padre
Edi Foschiatto, Missionario saveriano a Taiwan:
"Anche
se non sanno il significato del Natale, però si introduce il mistero del Natale, della
storia di Gesù tra queste persone che per la prima volta si incontrano ed entrano
in una chiesa".
Ma come si incontrano la storia di Gesù e quella di
Taiwan? Sentiamo il missionario saveriano a Taipei:
"La storia di Gesù
è una storia che porta speranza, speranza anche a questo Paese che socialmente, e
anche politicamente, è un po’ chiuso; è chiuso dalla grande Cina ... E quindi è un
momento in cui veramente si rivive nell’oggi quella speranza che è stata portata duemila
anni fa. Una speranza che porta i cristiani a respirare un po’ di quella semplicità
del Natale di questo bambino che è nato duemila anni fa ..."
Restiamo
in Asia e andiamo in Bangladesh ed esattamente a Khulna, dove il mistero del Natale
viene vissuto con grande gioia. Ascoltiamo il missionario saveriano, padre
Livio Salvetti:
"E’ la festività più grande che loro sentono,
per cui pregano, cantano ... E’ una festa che anche il governo ha autorizzato".
Il
Bangladesh è uno dei Paesi più poveri del mondo e, recentemente, è stato devastato
dal ciclone Sidr. Ma ci sono prospettive positive per il futuro? Padre Livio Salvetti:
"Attualmente,
per come stanno andando le cose, qui praticamente il povero diventa sempre più povero:
la povertà è molto diffusa anche a causa di ragioni politiche, non politiche e, ovviamente,
per le calamità naturali che rovinano i raccolti. Il recente ciclone, ad esempio,
ha rovinato tutti i raccolti di riso! Questa ripercussione, attualmente, loro non
la sentono, ma fra due mesi, quando non avranno più il riso, allora la situazione
sarà ancora più grave! La povertà in Bangladesh viene vissuta non come un castigo
ma come una menomazione ..."
In Indonesia il Natale è un momento di
dialogo, un’occasione di meditazione anche per i non cristiani. Padre Silvano
Laurenzi, missionario nel Paese asiatico:
"In Indonesia,
la festa del Natale è molto sentita da tutti, anche da parte degli islamici e dei
fedeli delle altre religioni: è un momento di dialogo. Loro ci osservano e vedono
che da parte nostra c’è tutta la buona volontà di vivere insieme, di collaborare".
L’Indonesia,
purtroppo, è un Paese segnato anche dalle violenze. Il Papa ha auspicato che il Natale
sia per tutti la festa della pace. Si puo’ sperare che la violenza sia vinta dalla
forza dell’amore anche in Indonesia? Risponde il missionario nello Stato asiatico: "Oh,
certamente! L’unica strada per vincere questa violenza è solo l’amore, l’amore e la
pazienza. Poco alla volta, questi valori si stanno imponendo. La maggioranza della
popolazione è pacifica ed è disposta anche al dialogo; ma ci sono alcuni gruppi, sempre
per motivi politici, che creano difficoltà. Ma da parte nostra c’è tanto amore e tanta
pazienza".
Trasferiamoci infine in Oceania e andiamo in Australia, dove
il Natale risente di una mentalità consumistica. Ascoltiamo il dottor Elio
Gagliardo, del cammino neocatecumenale e medico all’ospedale di Darwin,
nel nord del Paese, da 16 anni in Australia.
"L’Australia è un Paese
cristiano dove c’è una percentuale di cattolici e anglicani, ma siamo in una fase
post-cristiana; è necessario operare una evangelizzazione. Si è perso, in questo senso,
il mistero del Natale, di come lo vive la Chiesa. Questo si è perso completamente!
E’ diventata soprattutto una festa consumistica".
In Australia, dove
prevale la dimensione materialistica, emergono comunque segnali di speranza.
"Sempre,
in ogni uomo e penso in ogni situazione, anche in un Paese come l’Australia ... E’
logico che nel cuore di ogni uomo c’è il desiderio della pace, c’è il desiderio della
sicurezza, di trovare una risposta alle domande fondamentali dell’uomo. Di fronte
alla sofferenza che, comunque ogni uomo ha, è logico che ha bisogno di una risposta,
di una speranza. E in questo senso, certamente il Natale apre anche alla speranza".