Il Papa presiede la Messa della Notte nella Solennità del Natale: la riflessione del
cardinale Arinze
Il mondo cristiano si appresta a celebrare la Natività di Cristo, “il grande mistero
dell’amore che non finisce mai di stupirci”, come ha detto ieri il Papa all’Angelus.
Benedetto XVI presiederà alle 24.00 nella Basilica di San Pietro la Messa della Notte.
La celebrazione sarà trasmessa da circa 90 network televisivi di tutto il mondo. La
Radio Vaticana seguirà l’evento a partire dalle 23.50. Domani alle 12.00, dalla Loggia
centrale della Basilica Vaticana, il Papa rivolgerà all’umanità il suo messaggio natalizio
con i saluti in varie lingue e la Benedizione “Urbi et Orbi”. In questo caso saranno
oltre 90 i canali televisivi a trasmettere in diretta l’evento. La nostra emittente
seguirà l'avvenimento dalle 11.50. Quello di quest’anno è il terzo Natale presieduto
da Benedetto XVI. Ascoltiamo in proposito il servizio di Sergio Centofanti.
(Tu scendi
dalle stelle)
“Dio è così grande che può farsi
piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci incontro come bimbo indifeso,
affinché noi possiamo amarlo. Dio è così buono da rinunciare al suo splendore divino
e discendere nella stalla, affinché noi possiamo trovarlo e perché così la sua bontà
tocchi anche noi, si comunichi a noi e continui ad operare per nostro tramite”.
Così
il Papa aveva descritto il mistero del Natale nella Messa della Notte il 24 dicembre
2005. Mistero che si rivela ai semplici, come erano i pastori di Betlemme, persone
disprezzate ma disponibili ad ascoltare:
“È questo
che a Dio interessa. Egli ama tutti perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone
hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso.
Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono. Altri che forse moralmente
sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono Dio.
Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un'idea precisa. Nel
loro animo aperto all'attesa la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace. Dio
cerca persone che portino e comunichino la sua pace”. Natale
– aveva sottolineato il Papa nella Messa di Mezzanotte dell’anno scorso - è diventata
“la festa dei doni per imitare Dio che ha donato se stesso a noi”. Di qui l’invito
del Pontefice: “Tra i tanti doni che compriamo e riceviamo
non dimentichiamo il vero dono: di donarci a vicenda qualcosa di noi stessi! Di donarci
a vicenda il nostro tempo. Di aprire il nostro tempo per Dio. Così si scioglie l'agitazione.
Così nasce la gioia, così si crea la festa”.
E
nei banchetti festivi di questi giorni – aveva detto il Papa - ricordiamo la parola
del Signore: "Quando offri un banchetto, non invitare quanti ti inviteranno a loro
volta, ma invita quanti non sono invitati da nessuno e non sono in grado di invitare
te": “E questo significa, appunto, anche: Quando
tu per Natale fai dei regali, non regalare qualcosa solo a quelli che, a loro volta,
ti fanno regali, ma dona a coloro che non ricevono da nessuno e che non possono darti
niente in cambio. Così ha agito Dio stesso: Egli ci invita al suo banchetto di nozze
che non possiamo ricambiare, che possiamo solo con gioia ricevere. Imitiamolo! Amiamo
Dio e, a partire da Lui, anche l’uomo, per riscoprire poi, a partire dagli uomini,
Dio in modo nuovo!” Benedetto XVI ieri all’Angelus ha esortato
con forza i credenti “ad annunciare a tutti la presenza di Dio in mezzo a noi”, “dono
inestimabile”, che tutti gli uomini hanno il diritto di conoscere: “Modello
impareggiabile di evangelizzazione è la Vergine Maria, che ha comunicato al mondo
non un’idea, ma Gesù, Verbo incarnato. InvochiamoLa con fiducia, affinché la Chiesa
annunci, anche nel nostro tempo, Cristo Salvatore. Ogni cristiano ed ogni comunità
sentano la gioia di condividere con gli altri la Buona Notizia che ‘Dio ha tanto amato
il mondo da dare il suo Figlio unigenito … perché il mondo si salvi per mezzo di lui’
(Gv 3,16-17). E’ questo il senso autentico del Natale, che sempre dobbiamo riscoprire
e intensamente vivere”.
(Adeste fideles)
Il
Natale, dunque, è ormai alle porte. Ma come preparare il cuore per una festa così
grande? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Francis Arinze, prefetto
della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti:
R.
– La nostra fede ci aiuta a vedere che è il Figlio di Dio, Dio da Dio, Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero; è sempre Dio che, in pienezza dei tempi, prende la natura umana
per la nostra salvezza, che nasce a Betlemme da Maria Vergine. Tutto questo è l’arrivo
del Salvatore. Il compimento di questo movimento di salvezza è la sua predizione e
specialmente il mistero pasquale e quindi la sofferenza, la morte e la Resurrezione.
A Natale, invece, tutto comincia e non c’è, quindi, da sorprendersi se nella celebrazione
liturgica il Natale occupa un posto veramente importante. Nel nostro cuore dobbiamo
prepararci per l’arrivo del Salvatore, che arriverà alla fine del mondo, ma che è
in realtà già arrivato a Betlemme: questo celebriamo nel Natale, il Figlio di Dio
nato come uomo.
D. - C’è il rischio che noi cristiani
facciamo come gli abitanti di Betlemme che non avevano un posto per accogliere il
Dio che viene?
R. – C’è questo rischio. C’è molta
gente che quando si dice Natale pensa ad andare al mare se non è freddo o ad andare
in montagna, magari a visitare un Museo e ad avere un bel pranzo che dura anche tre
ore e fatto di 12 portate, ma anche visitare amici e stare in famiglia, scambiandosi
doni. Tutto questo è certamente bello, ma non rappresenta ancora il cuore del Mistero.
Dobbiamo fare posto a Gesù, non possiamo avere un Natale senza avere Gesù e quindi
il contatto con Gesù nel Sacramento dell’Eucaristia, preparato da una buona confessione.
La Chiesa persuade il sacerdote a celebrare la Santa Messa per ben tre volte: a mezzanotte,
all’aurora e poi durante la giornata. E’ importante ricevere Gesù nel Santissimo Sacramento,
ma anche fare delle Letture Sacre ed avere un riposo spirituale. Non bisogna riempire
questa giornata con la fretta e il rumore. Certo è una dimensione importante del Natale,
anche quella di fare visita agli amici e alla famiglia.
D.
- Come annunciare e testimoniare oggi il Natale?
R.
– Gesù viene a salvarci. Viene a salvarci dai nostri peccati ed ognuno di noi può
fare un esame di coscienza riguardo alla propria famiglia, al proprio luogo di lavoro,
al proprio quartiere e quindi alla società e valutare se c’è bisogno di un momento
di riconciliazione con qualcuno, perché quello del Natale è il giusto tempo o se c’è
bisogno di perdonare o di avere una maggiore armonia. Ognuno di noi oltre a fare doni
a familiari e ad amici, non può e non deve dimenticare i poveri, i senzatetto, coloro
che non hanno da mangiare a sufficienza o non hanno un lavoro e gli immigrati. Questo
è il tempo per la solidarietà ed è nel pieno spirito del Natale. La solidarietà non
è una parola vuota, ma caratterizza la carità, la carità in nome di Cristo. Natale
è anche questo; Natale è testimoniare armonia ed amore agli altri e, quindi, giustizia
e pace. D. - Ancora oggi, nel Terzo Millennio, tanti cristiani
vivranno il Natale nella paura e senza libertà, in una situazione di guerra o di miseria…
R.
– Purtroppo sì. Il Santo Padre Benedetto XVI ci ha donato un’Enciclica, dove ci dice
che siamo salvati nella speranza, la speranza che ha come centro Cristo, perché è
Cristo che ci dà l’ancora della fede e in Lui impariamo a perdonare, ad accettare
gli altri, a rispettare i diritti degli altri. Ognuno di noi può fare qualcosa, ovviamente
tutti quanti non possiamo certo essere presidente della Repubblica o primo ministro,
ma saremo certamente qualcosa di importante e di grande per la nostra famiglia, saremo
certamente qualcosa dove lavoriamo. Bisogna promuovere l’accettazione degli altri,
la carità e, quindi, la giustizia e la pace. Gesù Bambino in Betlemme porta la pace
a tutti gli uomini di buona volontà.
D. - Un suo
augurio per questo Natale…
R. – Il mio augurio a
tutti gli ascoltatori e a tutti gli amici è un augurio di giustizia e di gioia che
soltanto Dio ci può donare; un augurio di pace interiore che soltanto Dio ci può dare;
un augurio di un tempo tranquillo e di una celebrazione di grande spessore spirituale,
oltre certamente l’aspetto umano e sociale.