Come ci insegna il Papa nella “Spe salvi”, la Nascita di Gesù è il fondamento della
nostra speranza: la riflessione di padre Raniero Cantalamessa
Come da tradizione, anche quest’anno il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero
Cantalamessa, ha svolto tre prediche al Papa e alla Curia Romana, nel periodo
di Avvento. L’ultima, venerdì scorso, è stata incentrata dal religioso sull’Enciclica
“Spe salvi” di Benedetto XVI. Proprio sul legame tra la speranza cristiana e la Nascita
del Bambino di Betlemme, si sofferma padre Cantalamessa in questa intervista
di Fabio Colagrande:
R. –
Io credo che il Natale ci fornisca il fondamento stesso della speranza, perché, ci
dice la Lettera agli Ebrei, negli ultimi tempi Dio non si è accontentato di parlarci
per interposta persona, attraverso i profeti. Ci ha parlato di persona, nel Figlio.
E il Natale, ricorda proprio questo, che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo
Figlio unigenito. E, dice San Paolo, se ci ha dato il Figlio, come non ci darà tutto
il resto? Quindi, la speranza cristiana per me si fonda su questo. Dio ci ha dato
la garanzia massima dandoci suo Figlio, che è con noi, stabilmente. Si è incarnato
ed è rimasto sulla Terra sacramentalmente, no? Quindi, il Natale è veramente il fondamento
della nostra speranza, perché ricordiamo che il Figlio è venuto tra noi, e se Dio
ci ha dato il Figlio, ci darà tutto, con lui. Poi, naturalmente, questo è un discorso
teologico; un ascoltatore normale può dire: sì, però questo non ha niente a che fare
con la mia speranza di avere una casa, di avere un lavoro, di avere dei figli che
possano studiare ... C’è un rapporto, perché la speranza teologale, di cui parla il
Papa – io la chiamo il filo dall’alto. Come nella tela del ragno c’è il filo dall’alto
che regge tutta la trama, e se si tronca quello, si affloscia tutto, così la speranza
teologale, quella che non delude perché fondata su Dio, non distrugge, non annulla
o non trascura le speranze umane “spicciole”, ma le fonda: le fonda, dà loro un fondamento
incrollabile, ci dice che se anche tutto dovesse deluderci, però rimane sempre un
fondamento che non ci deluderà mai, anzi: queste delusioni su speranze contingenti
possono diventare esse stesse un incentivo di speranza. San Paolo dice: “Noi non siamo
schiacciati dalla tribolazione, anzi: la tribolazione aumenta la speranza perché la
speranza non delude. Dio ci ha dato già il suo Amore”.
D.
– Qualche intellettuale, commentando il contenuto dell’Enciclica del Papa, si è chiesto
come possa coabitare proprio nella fede cristiana il concetto di speranza con quello
di certezza. E’ una speranza, in che senso?, se in fondo, poi, noi abbiamo già questa
certezza della salvezza ...
R. – Eh no! E’ questo
il paradosso, come sempre, in tutte le cose: che c’è una speranza certa, che non delude,
però perché non deluda occorre la nostra collaborazione: non è automatica. Perché
la speranza non deluda bisogna che tu accetti Dio, accetti la speranza, lotti per
la speranza e ti adegui ai principi di questa speranza, perché il Vangelo ci fornisce
un motivo di speranza però lo accompagna con un impegno, ci dice cosa bisogna fare.
Se io trascuro deliberatamente di imboccare quella strada, evidentemente quella speranza
in sé è certa, ma non per me. E quindi, sì, la speranza condivide questa caratteristica,
di essere speranza – non ancora possesso – però, come dice il Papa, di essere già
salvi mediante la speranza. San Paolo aggiunge poco dopo: “Non solo salvi, per la
speranza, ma siamo anche felici nella speranza!”: “Spe gaudentes!”.