2007-12-23 09:57:07

Come ci insegna il Papa nella “Spe salvi”, la Nascita di Gesù è il fondamento della nostra speranza: la riflessione di padre Raniero Cantalamessa


Come da tradizione, anche quest’anno il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha svolto tre prediche al Papa e alla Curia Romana, nel periodo di Avvento. L’ultima, venerdì scorso, è stata incentrata dal religioso sull’Enciclica “Spe salvi” di Benedetto XVI. Proprio sul legame tra la speranza cristiana e la Nascita del Bambino di Betlemme, si sofferma padre Cantalamessa in questa intervista di Fabio Colagrande:RealAudioMP3


R. – Io credo che il Natale ci fornisca il fondamento stesso della speranza, perché, ci dice la Lettera agli Ebrei, negli ultimi tempi Dio non si è accontentato di parlarci per interposta persona, attraverso i profeti. Ci ha parlato di persona, nel Figlio. E il Natale, ricorda proprio questo, che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. E, dice San Paolo, se ci ha dato il Figlio, come non ci darà tutto il resto? Quindi, la speranza cristiana per me si fonda su questo. Dio ci ha dato la garanzia massima dandoci suo Figlio, che è con noi, stabilmente. Si è incarnato ed è rimasto sulla Terra sacramentalmente, no? Quindi, il Natale è veramente il fondamento della nostra speranza, perché ricordiamo che il Figlio è venuto tra noi, e se Dio ci ha dato il Figlio, ci darà tutto, con lui. Poi, naturalmente, questo è un discorso teologico; un ascoltatore normale può dire: sì, però questo non ha niente a che fare con la mia speranza di avere una casa, di avere un lavoro, di avere dei figli che possano studiare ... C’è un rapporto, perché la speranza teologale, di cui parla il Papa – io la chiamo il filo dall’alto. Come nella tela del ragno c’è il filo dall’alto che regge tutta la trama, e se si tronca quello, si affloscia tutto, così la speranza teologale, quella che non delude perché fondata su Dio, non distrugge, non annulla o non trascura le speranze umane “spicciole”, ma le fonda: le fonda, dà loro un fondamento incrollabile, ci dice che se anche tutto dovesse deluderci, però rimane sempre un fondamento che non ci deluderà mai, anzi: queste delusioni su speranze contingenti possono diventare esse stesse un incentivo di speranza. San Paolo dice: “Noi non siamo schiacciati dalla tribolazione, anzi: la tribolazione aumenta la speranza perché la speranza non delude. Dio ci ha dato già il suo Amore”.

 
D. – Qualche intellettuale, commentando il contenuto dell’Enciclica del Papa, si è chiesto come possa coabitare proprio nella fede cristiana il concetto di speranza con quello di certezza. E’ una speranza, in che senso?, se in fondo, poi, noi abbiamo già questa certezza della salvezza ...

 
R. – Eh no! E’ questo il paradosso, come sempre, in tutte le cose: che c’è una speranza certa, che non delude, però perché non deluda occorre la nostra collaborazione: non è automatica. Perché la speranza non deluda bisogna che tu accetti Dio, accetti la speranza, lotti per la speranza e ti adegui ai principi di questa speranza, perché il Vangelo ci fornisce un motivo di speranza però lo accompagna con un impegno, ci dice cosa bisogna fare. Se io trascuro deliberatamente di imboccare quella strada, evidentemente quella speranza in sé è certa, ma non per me. E quindi, sì, la speranza condivide questa caratteristica, di essere speranza – non ancora possesso – però, come dice il Papa, di essere già salvi mediante la speranza. San Paolo aggiunge poco dopo: “Non solo salvi, per la speranza, ma siamo anche felici nella speranza!”: “Spe gaudentes!”.







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