Il discorso del Papa alla Curia Romana: il commento del cardinale Hummes
Nell’imminenza del Natale, ieri, Benedetto XVI ha ricevuto la Curia Romana per il
tradizionale scambio degli auguri natalizi. In tale occasione, il Papa si è soffermato
sui momenti più significativi del suo magistero in questo anno che va a concludersi.
Un’attenzione particolare il Pontefice l’ha dedicata al viaggio apostolico in Brasile
e alla Conferenza dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi, ad Aparecida nel
maggio scorso. Per una riflessione su questo discorso, Giovanni Peduto ha intervistato
il cardinale brasiliano Claudio Hummes, prefetto della Congregazione
per il Clero:
R. –
Io mi sono perfino un po’ commosso, sentendo il Papa parlare dell’America Latina,
del Brasile, della V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e caraibico
ad Aparecida, ponendo al centro del suo discorso questo grande avvenimento, che lui
ha guidato e al quale lui è stato presente – una grande presenza, veramente! Mettere
questo al centro del suo discorso – perché poi ha anche finito il suo discorso riferendosi
ancora una volta ad Aparecida – vuol dire la grande importanza che egli ha dato alla
questione della Chiesa in America Latina, del suo momento storico, della sua vita,
delle sue decisioni per il futuro, a partire da questo grande evento. Questo evento
è stato incentrato sulla questione che dobbiamo rinnovare il nostro discepolato a
Gesù Cristo, di portare la gente, i battezzati che non sono stati sufficientemente
evangelizzati, portarli all’incontro con Gesù Cristo affinché questo discepolato,
questa fede, questa adesione cresca e si rinnovi continuamente finché tutti siamo
entusiasti missionari di Gesù Cristo oggi, nel mondo di oggi. Tutto questo, affinché
il mondo abbia vita. Poi, il Papa ha accennato – importantissimo! – alla questione
della Cina, della Chiesa in Cina, che è una grande sfida. La Chiesa segue con grande
amore la Cina, ha una grande passione per la Cina perché sappiamo quanto sia importante
portare Gesù Cristo alla Cina. La strada è così difficile, oggi. Il Papa si è impegnato
moltissimo e la Cina è al centro delle sue preoccupazioni, anche il fatto di ristabilire
le vie del dialogo, dell’armonia con la Cina affinché la Chiesa abbia anche lì la
possibilità di svilupparsi. Questa è una delle grandi preoccupazioni che il Papa ha
fortemente sottoposto alla Chiesa e proposto alla Curia. Poi, il dialogo con le altre
religioni, il dialogo interreligioso, sottolineando che il dialogo con le altre religioni
non indebolisce il nostro diritto e il nostro dovere di fare missione, ossia di annunciare
Gesù Cristo. Così come è stato fatto in America Latina, ad Aparecida, proponendo nuovamente
e fortemente la missione. E poi anche i giovani: il Papa ha sottolineato molto la
questione dei giovani, è molto coinvolto con i giovani anche per l’eredità ricevuta
da Giovanni Paolo II ...
D. – Eminenza, a proposito
di Aparecida: si cominciano a vedere i frutti in America Latina di questo grande avvenimento?
R.
– Sì, perché prima di tutto vuol dire che c’era la necessità che tutti prendessero
conoscenza del contenuto, non soltanto dell’avvenimento come tale, che è stato già
una grande spinta per tutti a riprendere l’interesse verso Dio nel mondo, nella storia
e nella vita della Chiesa. L’avvenimento stesso, la visita del Papa ... però, anche
prendere conoscenza delle conclusioni, del documento conclusivo che poi, alla fine,
è un libro! Prenderne conoscenza affinché si possa iniziare a mettere in pratica queste
decisioni. Questo, ovviamente, è un lavoro che dev’essere fatto prima di tutto nelle
Conferenze episcopali di ciascuna nazione, poi dal Consiglio episcopale dell’America
Latina, il CELAM, ovviamente. Poi, ogni diocesi, ogni parrocchia, ogni comunità deve
prendere conoscenza e cercare di fare di questo un grande programma di vita e di attuazione
in America Latina ...
D. – L’America Latina viene
chiamata “il continente della speranza”, e proprio all’inizio dell’Avvento, Papa Benedetto
XVI ci ha donato l’enciclica sulla speranza. Una sua riflessione, eminenza, sulla
speranza cristiana ...
R. – Io credo che sia stato
importantissimo rilanciare la speranza, perché la cultura attuale, il mondo attuale
è un po’ senza speranza, senza molti orizzonti per il futuro davanti a sé. La cultura
attuale ha perso il contenuto fondamentale di quanto dà forza e vita alla speranza,
che è Dio! Se perdiamo Dio, perdiamo la speranza, perché allora non c’è futuro. Il
futuro sarà la morte, il nulla, il nichilismo. Allora, in che cosa vale ancora la
pena di investire una vita, se non c’è Dio, se non c’è una vita immortale dopo questa
vita terrena? Ecco: rilanciare ancora questi grandi contenuti della nostra fede, questi
contenuti che, per certi versi, possono anche essere raggiunti per il tramite della
ragione umana, non sono irrazionali, sono ragionevoli perché Dio è anche la ragione
di tutto, il “logos” di tutta la verità. Significa che non è qualcosa di irragionevole:
no! Anche la ragione umana può raggiungere questi grandi contenuti della speranza!
Rilanciare la speranza, credo che sia un grande servizio che il Papa presta all’umanità,
alla Storia ...
D. – Natale è alle porte. Ma fare
memoria della venuta del Figlio di Dio tra gli uomini, cosa può significare per l’uomo
d’oggi, per il mondo d’oggi, eminenza?
R. – Il Natale
è una memoria, perché Gesù è nato 2000 anni fa. La Chiesa, dunque, celebra la memoria
di questa nascita. Però, non è semplicemente la memoria di un fatto, di un evento,
di un avvenimento rimasto relegato nel passato. No, non è rimasto nel passato! Per
la Chiesa, è una realtà, un avvenimento che ancora oggi è vivo, presente con i suoi
contenuti, la sua forza nel presente. Vuol dire che è una memoria che è presente ancora
oggi, tramandata attraverso i secoli, e sarà così anche nel futuro. La Chiesa ha una
storia, un passato, un presente e un futuro. E questo è il contributo, anche, che
la Chiesa può dare al mondo di oggi, che ha un po’ perso il senso della storia.
D.
– Eminenza, il suo augurio natalizio ai nostri ascoltatori: