Nostra intervista al presidente francese Sarkozy dopo il suo incontro con il Papa.
Il capo dell’Eliseo, ieri al Laterano: la Repubblica laica ha sottovalutato per troppo
tempo il ruolo della religione
La Francia non dimentichi mai le sue radici cristiane e guardi con speranza al futuro:
è uno dei passaggi forti del discorso del presidente francese Nicolas Sarkozy, pronunciato
ieri pomeriggio nella Basilica di San Giovanni al Laterano. Occasione dell’evento,
dopo l’incontro nella mattinata con il Pontefice, è stata la presa di possesso da
parte del capo dell’Eliseo dello stallo di Canonico d’Onore della Basilica Lateranense.
La cerimonia è stata presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini, arciprete della
Basilica, che ha ribadito il legame speciale tra la Francia e il Laterano. Sul discorso
di Sarkozy, incentrato sulla laicità e il ruolo del cattolicesimo nella società francese,
ci riferisce Alessandro Gisotti:
Les racines
de la France sont essentiellement chrétiennes…
“Le radici della Francia sono
essenzialmente cristiane”: ha esordito, così, il presidente francese Nicolas Sarkozy,
che ha sottolineato come la fede cristiana abbia penetrato in profondità la società,
la cultura, il modo di vivere del popolo francese. Al tempo stesso, ha aggiunto, la
laicità è “egualmente un fatto incontrovertibile” in Francia, dopo l’approvazione
della Legge sulla laicità del 1905. E tuttavia, ha rilevato, la laicità “non ha il
potere di tagliare le radici cristiane della Francia”. Un qualcosa che “ha tentato
di fare e che non avrebbe dovuto”.
Comme Benoît XVI, je considère qu’une
nation…
“Come Benedetto XVI – ha affermato Sarkozy – ritengo che una
nazione che ignori l’eredità etica, spirituale, religiosa della sua storia commetta
un crimine contro la sua stessa cultura”. Quindi, ha rivolto il pensiero all’Enciclica
Spe Salvi. Certo, ha detto, chi non crede, deve essere “protetto da ogni forma di
intolleranza”. “Un uomo che crede, però, è un uomo che spera ed è interesse della
Repubblica che ci siano molti uomini e donne che sperano”.
Or,
longtemps, trop longtemps, la République laïque…
“Per
molto tempo, per troppo tempo – è stata la sua riflessione – la Repubblica laica ha
sottostimato l’importanza dell’aspirazione spirituale”. Ancora oggi, ha rilevato,
la Repubblica “mantiene le congregazioni religiose sotto una forma di tutela”. Questa
situazione, ha ribadito, “è dannosa” per la Francia. “Il deserto spirituale delle
banlieu”, la “penuria di sacerdoti” non hanno “reso la Francia più felice”. Sarkozy
ha messo l’accento su una laicità positiva che non consideri le religioni un pericolo,
ma piuttosto un vantaggio. Ha quindi lodato il ruolo dei cattolici, religiosi e laici,
che si impegnano nell’azione caritativa, nella difesa dei diritti dell’uomo e del
dialogo interreligioso.
Dans le banlieues, dans les
intitutions, auprès de jeunes…
“Nelle periferie come
nelle istituzioni, accanto ai giovani” come nelle università, ha concluso Sarkozy,
potete contare sul mio sostegno: “La Francia ha bisogno della vostra generosità, del
vostro coraggio, della vostra speranza”.
Prima della cerimonia al Laterano,
il presidente francese ha rilasciato un’intervista congiunta alla Radio Vaticana,
all’ Osservatore Romano e al Centro Televisivo Vaticano. Nicolas Sarkozy ha
risposto alle domande della responsabile del programma francese, Romilda Ferrauto
(RF)e di Jean-Michel Coulet (JMC), responsabile dell'edizione francese
de L'Osservatore Romano. Sarkozy ha innanzitutto raccontato il suo incontro con Benedetto
XVI: doppiaggio italiano ; integrale
francese
R.
– Elle est importante parce que le Pape est un chef d’État, … È un incontro
importante perché il Papa è un capo di Stato, il Papa è un capo religioso e io mi
sento cattolico di tradizione e di cuore. È un'autorità mondiale, spirituale e per
me si tratta di un incontro diverso dagli incontri con altri capi di Stato. Ha una
dimensione spirituale, incarna un messaggio di pace, di speranza e di riconciliazione
che è utile nel mondo di oggi, incline alla divisione, agli scontri e alle incomprensioni.
E poi l'incontro che ho avuto con il Papa è stato estremamente cordiale. È un uomo
di grande cultura, un uomo intelligente, un uomo che ama ascoltare, che ha una grande
esperienza, e al quale si può parlare con franchezza e così è stata la nostra conversazione. D.
– (RF) Potrebbe darci qualche dettaglio sullo scambio che ha avuto con lui? R.
– Nous avons parlé en détail de la situation au Liban, … Abbiamo parlato
in dettaglio della situazione del Libano, gli ho detto quanto sono legato alla nozione
di diversità nei paesi dell'Oriente e del Medio Oriente. Gli ho detto quanto sono
importanti per me i valori cristiani nella storia della Francia. Gli ho detto quanta
importanza attribuisco alla difesa, all'incarnazione di un'identità europea in un
mondo che non deve appiattirsi dinanzi a una sola cultura ed è stato uno scambio estremamente
libero. Ma gli ho anche detto quanto sarei lieto di riceverlo in Francia, indipendentemente
dalla visita a Lourdes, e quanto sarei lieto se venisse a Parigi. D.
– (JMC) Esistono numerose convergenze nella diplomazia e nella politica estera della
Francia e della Santa Sede. Il Libano, come lei ha detto, è una priorità, Ha una
proposta concreta per far uscire il Libano dall'impasse attuale, è stato un soggetto
di conversazione, e lo ha approfondito? R. – J’ai dit au Saint
Père la nature des échanges que j’avais eus … Ho comunicato al Santo Padre
la natura degli scambi che ho avuto con gli interlocutori della scena libanese e anche
con il Presidente siriano. Gli ho anche trasmesso la mia preoccupazione, che è quella
della Francia, perché il Libano possa uscire da questo periodo di incertezza per riunirsi
sotto un Presidente di consenso. Gli ho detto che la Francia, fino all’ultimo minuto,
fino all’ultimo secondo, avrebbe fatto tutto il possibile per preservare questo miracolo
della diversità che è il Libano. D. – (JMC) Secondo lei, vi
è la possibilità di un’azione congiunta fra la diplomazia della Santa Sede e la Chiesa
maronita? R. – D’une certaine façon, il y en a eu, … In
un certo senso vi è stata, poiché il Patriarca ha svolto un ruolo estremamente importante
assumendo le proprie responsabilità per tentare di riconciliare la comunità cristiana
libanese; e inoltre la voce del Papa è udita in tutto il mondo, e in particolare in
Libano, dove i fedeli sono numerosi. D. – (RF) Parliamo del
Libano ma soprattutto del conflitto israelo-palestinese. Si sa che la Francia è molto
impegnata in questo campo, lo si è costatato nuovamente lunedì scorso nella Conferenza
di Parigi. Anche lì vi è stata convergenza e di quali mezzi dispone la Francia per
agire in quel contesto? R. – À la Conférence de Paris, nous
avions invité le nonce apostolique, … Alla Conferenza di Parigi abbiamo
invitato il nunzio apostolico, mons. Baldelli, testimone della presenza della Chiesa
in un ambito in cui vi erano molti rappresentanti delle diplomazie di altri paesi.
Noi francesi, come il Vaticano, desideriamo la pace, pensiamo che sia il momento di
fare la pace attorno a due Stati, uno stato palestinese moderno, democratico, possibile,
e uno stato israeliano garantito nella sua sicurezza. Ho detto al Papa che ritengo
che sia ora il momento di fare tutto il possibile per giungere al risultato della
pace e mi è sembrato che condividesse la mia analisi. D. – (RF)
Ha avuto l’occasione di discutere con lui delle misure dalle quali dipende la pace
oggi in questa regione? R. – Le pape m’a dit combien il avait
été satisfait des résultats … Il Papa mi ha espresso la sua soddisfazione
circa i risultati della Conferenza di Parigi: 7 miliardi e 300 milioni come contributo
per la ricostruzione di uno Stato palestinese moderno. Di fatto la miseria è la culla
e l’humus del terrorismo. Le misure adottate nella Conferenza di Parigi sono importanti.
Abbiamo anche parlato del dopo Conferenza. Il Papa era preoccupato di sapere se vi
sarebbero state altre conferenze. Io gli ho confermato che ce ne saranno altre. D.
– (JMC) Se lei vuole, passiamo alla politica interna, alla Francia e alla laicità
in particolare. Nel 2004 pensava a una modifica della legge del 1905; alla vigilia
dell'elezione presidenziale, sembrava avervi rinunciato; è stato in un'intervista
a La Croix che ha rinunciato a questa modifica. Qual è la situazione attuale visto
che, prima o poi, bisognerà affrontare la questione? R. – Vous
savez, je suis passionné par la question spirituelle … Sa, m'interesso alla
questione spirituale da lungo tempo e non sono il solo: la vita ha un senso? Cosa
accade dopo la morte? Sono naturalmente domande fondamentali. La questione spirituale
si pone da quando l'uomo ha preso coscienza del suo singolare destino. Il posto delle
religioni, la laicità positiva, ossia una laicità che riconosca a ognuno il diritto
di vivere la propria fede e di trasmetterla ai figli. I bisogni immensi delle religioni
rivelate per adattarsi alla nuova realtà francese. La Francia profonda era la Francia
delle campagne 50 anni fa. Oggi la Francia profonda è la Francia delle periferie.
I luoghi di culto si trovano nelle campagne dove vi sono meno persone e le periferie
sono divenute dei deserti cultuali. Non è un fatto positivo e per questo avevo pensato
a una modifica della legge del 1905. Ma mi sono detto: una tale modifica si può fare
solo nel quadro di un consenso ed è attorno a tale consenso che si potranno effettuare
eventuali adattamenti, partendo anche dal principio che io non auspico un Islam in
Francia ma un Islam di Francia. Si tratta dunque di un Islam europeizzato, compatibile
con i valori della civiltà europea e per questo ho creato il C.F.C.M: sono questi
i dibattiti che mi auguro di veder prosperare in Francia. E poi vedremo se è il caso
di fare eventuali modifiche. D. – (JMC) Il Papa, lei
lo sa, esorta i laici alla visibilità, chiede di avere il coraggio della differenza
ai cattolici di oggi. Quali sono le sue convinzioni profonde su questo punto? R.
– Le message du Christ, c’est un message très audacieux … Il messaggio di
Cristo è un messaggio molto audace poiché annuncia un Dio fatto di perdono e una vita
dopo la morte. Non penso che questo messaggio di audacia estrema e di speranza totale
possa essere annunciato in modo attenuato. Sono necessarie una grande affermazione,
una grande fiducia e io sono fra quelli che pensano che nei dibattiti di oggi le grandi
voci spirituali debbano esprimersi con più forza. D. – (RF)
Signor Presidente, lei ha spesso definito determinante il ruolo del cristianesimo
nella realtà francese e, all’inizio di questa intervista, l’ha ricordato. Lei sa che
la Chiesa in Francia ha espresso delle riserve su alcuni punti della politica francese
come la gestione dell’immigrazione e anche su alcuni punti riguardanti la famiglia,
la bioetica. Vi sono timori circa l'eutanasia. Allora che posto pensa di poter accordare
in una Repubblica laica a queste voci della Chiesa?
R.
– La laïcité, c’est le droit à chacun de vivre sa religion, … La laicità
è il diritto di ognuno di vivere la sua religione, le sue credenze e di sperare. Dunque,
proprio nella repubblica laica, le voci religiose devono esprimersi. Proprio perché
non sono lo Stato, sono separate dallo Stato. Proprio per questo devono esprimersi.
Perché se fossero lo Stato, non avrebbero bisogno di esser garantite nel loro diritto
di espressione. Proprio perché lo Stato è laico, perché è indipendente dalle religioni,
perché la sfera temporale e quella spirituale sono separate, è importante che nel
dibattito le voci indipendenti, spirituali si esprimano. Sono a favore che si esprimano,
ma non che si esprimano per dire che sono d'accordo con quello che io penso. La Chiesa
ha un messaggio particolare per i più poveri, per quanti non hanno niente, per gli
immigrati... ma se non lo avesse la Chiesa chi lo avrebbe? Riconosco il diritto alla
differenza, ma penso che sia positivo che ci si esprima. Auspico che le grandi religioni,
compresa la religione dell'Islam di Francia, possano avere voci che si esprimono tranquillamente,
con un messaggio d'amore, un messaggio di pace. È importante per me che possano esprimersi.
Mancano gli intellettuali cristiani, le grandi voci che si fanno sentire nei dibattiti
per far progredire la società, darle un senso e mostrare che la vita non è un bene
di consumo come gli altri. D. – (RF) Lei pensa che i responsabili
politici dovrebbero ascoltare queste voci diverse? R. – En
tous cas je pense qu’on ne doit pas avoir peur d’aller au contact. … In
ogni caso penso che non si debba avere paura di incontrarsi. Quando mons. Vingt-Trois
è stato creato cardinale, sono stato io stesso, in quanto Presidente della Repubblica,
a felicitarmi con lui e a esprimergli la mia soddisfazione. Non bisogna aver paura
delle religioni: nessuno pensa che le religioni metteranno lo Stato francese sotto
il moggio, sotto tutela. Occorre semplicemente vedere le grandi correnti religiose
come testimonianze di speranza. Cos'è un uomo che crede se non è un uomo che spera?
Non vedo in nome di cosa la speranza sarebbe contraria all'ideale repubblicano. Inoltre
ho visto con piacere che il Papa nella sua Enciclica ha scelto il tema della speranza
come tema principale. Nel 2004 mi sono lasciato andare a scrivere un libro dal titolo:
La Repubblica, le religioni e la speranza. D. – (JMC) Volevamo
arrivare a questo. Se lei vuole, smettiamo di parlare della Francia e andiamo in Europa.
Questa sera incontrerà Prodi e Zapatero per discutere del vostro progetto di unione
mediterranea. Vuole dirci quali saranno i limiti di questa unione e se questa unione
rischia di indebolire l'Unione Europea? R. – Non. Il y a 60
ans, cette Europe recluse de souffrances, … No. 60 anni fa, questa Europa
piena di sofferenze, di scontri, di guerre fratricide, ha deciso di unirsi. La questione
è posta: perché la riva Sud e la riva Nord del Mediterraneo non debbono unirsi? Non
è forse il momento di porre fine alle sofferenze e agli scontri? Non è forse tempo
di costruire attorno a questo mar Mediterraneo che è il nostro mare - e lo dico in
Italia - una zona di pace, di fare del Mediterraneo il mare più pulito del mondo?
Di creare fonti di energia comune fra il Nord e il Sud, in particolare con il nucleare?
Di creare una zona di sviluppo, di assicurare la pace e la sicurezza? Di riunire questi
popoli che in ogni modo non cambieranno indirizzo? È questa la grande idea, la grande
visone che ho di questa Unione del Mediterraneo: riunire per fare la pace. L'Europa
si riunì attorno all'acciaio e al carbone di cui si ebbe bisogno per ricostruire dopo
la guerra. Ebbene il Mediterraneo deve riunirsi attorno a progetti concreti: la pace,
lo sviluppo, l'ecologia, la sicurezza, la gestione dell'immigrazione, il dialogo delle
culture. D. – (RF)Naturalmente questa unione riguarderebbe tutti
i paesi del bacino mediterraneo? R. – Bien sûr, on est méditerranéen
ou on ne l’est pas... Naturalmente, si è mediterranei o non si è mediterranei
... e non vedo come si possa portare un messaggio di unione e di pace se si esclude
qualcuno. D. – (RF) Lei sa, signor Presidente, che alcuni analisti
ritengono che questo progetto ha come fine anche quello di scartare definitivamente
la candidatura della Turchia all’Unione Europea o di conferirle un’altra forma. Ha
avuto l’opportunità di parlare del suo punto di vista riguardo alla Turchia e all’Unione
Europea in Vaticano e pensa che il suo punto di vista coincida con quello della Santa
Sede? R. – Je ne suis pas le porte-parole du Saint-Siège … Non
sono il portavoce della Santa Sede, ma ne ho naturalmente parlato con la Santa Sede.
La Turchia non è in Europa, è una realtà geografica. La Turchia si trova in Asia
Minore. Dunque sono necessari legami molto stretti fra la Turchia e l’Europa, la Turchia
è una grande civiltà, è un grande Stato, è un grande popolo ma non è in Europa.
In Europa abbiamo però i Balcani, sono Europa. E inoltre la Turchia è mediterranea.
Penso a un accordo di collaborazione fra la Turchia e l’Europa, il più intenso possibile,
che non è un’adesione. Naturalmente la Turchia, nel quadro dell’unione del Mediterraneo,
ha il suo posto: è una grande potenza mediterranea, per lo meno per quello che so.
Ma ciò non vuol dire che perché fa parte dell’Unione del Mediterraneo, non deve essere
in Europa. Non deve essere in Europa, dal mio punto di vista, perché non è europea. D.
– (JMC) Ha parlato poco fa di speranza. Nel 2004 ha scritto il libro La repubblica,
le religioni, la speranza: il Santo Padre ha da poco pubblicato la sua seconda Enciclica
che parla proprio della speranza. È una bella coincidenza, ma che ne pensa lei? Questa
parola speranza ... R. – Ah ! je ne prétends pas qu’il se soit
inspiré de moi... Ah! Non pretendo che si sia ispirato a me ... Dico che
è più facile sperare che essere condannati alla disperazione. E che nel dubbio, è
meglio trovare motivi per sperare. D. – (JMC) Ho un’ultima
domanda, forse più personale, ma nel quadro diplomatico. La stampa quotidiana italiana
o internazionale si fa eco ogni giorno della sua diplomazia. Sembra che lei stia innovando,
al di là della diplomazia bilaterale e multilaterale, e che utilizzi una diplomazia
che chiamano «dell’emozione». In Vaticano, ai tempi di Giovanni Paolo II, veniva chiamata
«diplomazia del cuore». Penso alle infermiere bulgare, ma penso anche a Ingrid Betancourt.
Leggendo oggi il comunicato stampa, so che ha parlato degli ostaggi con il Santo Padre.
Pensa che questa difesa dei diritti dell’uomo non abbia un prezzo e che tutto sia
possibile? R. – La diplomatie du cœur, c’est une belle expression,
… La diplomazia del cuore è una bella espressione, ma non è perché si tratta
della diplomazia che bisogna non mettervi il sentimento, il cuore. Forse proprio per
questo la diplomazia ha così spesso fallito. E se all’improvviso ci mettessimo del
cuore e del sentimento ... Io sono così e cerco di essere autentico, sincero, onesto,
vero. Tuttavia non vedo come si possa fare diplomazia astraendosi da ogni forma di
sentimento. Ho ringraziato il Santo Padre per le sue preghiere e per il suo messaggio
affinché Ingrid Betancourt esca dall’inferno in cui si trova. Per quanto mi riguarda,
farò tutto il possibile, fino all’ultimo secondo, perché ne esca. Come ho fatto tutto
il possibile perché ne uscissero le infermiere. Chiamare tutto questo «emozione» ...
compiango quelli che non l’hanno. Perché senza emozione non si può far nulla del potere
che il popolo ti ha affidato. Io invece voglio fare qualcosa del potere che mi ha
affidato, e questo qualcosa è essere utile. D. – (RF) Abbiamo
un’ultima domanda. Il futuro dell’Europa è un tema che sta a cuore a Papa Benedetto
XVI, e lei mi ha detto che ne avete parlato. Può aggiungere qualcosa su questo scambio? R.
– L’Europe a franchi une grande étape avec le Traité simplifié … L’Europa
ha concluso una grande tappa con il Trattato semplificato e si è dotata di un gruppo
di esperti. Deve ora passare ai fatti. La Francia assicurerà la presidenza dell’Europa
dopo i nostri amici sloveni, il 1 luglio 2008. La Francia cercherà di diffondere l’idea
di un’Europa dell’immigrazione, di una Europa della difesa e di un’Europa dell’ambiente,
ossia di un’Europa che ha grandi ambizioni in materia di sviluppo duraturo. Per mostrare
il cammino al mondo, occorre che il mondo smetta di danzare su un vulcano. (Traduzione
a cura de L'Osservatore Romano)Versione integrale dell'Intervista al presidente
Francese, Nicolas Sarkozy :