Falliti all'ONU i negoziati sullo status del Kosovo
Nulla di fatto all’ONU sulla delicata questione del futuro status del Kosovo, la provincia
serba a maggioranza albanese, amministrata dalle Nazioni Unite dal ’99. Mentre i kosovari
continuano a ventilare l'ipotesi di una indipendenza unilaterale da Belgrado, ieri
a New York, alla riunione del Consiglio di Sicurezza, presieduta dall’Italia, è rimasto
quello che il ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema ha definito “un profondo
dissenso”. Il servizio è di Elena Molinari:
Il dossier
Kosovo lascia il Palazzo di Vetro con un nulla di fatto e torna nelle mani dell’Unione
Europea. La riunione a porte chiuse di ieri al Consiglio di Sicurezza dell’ONU si
è infatti conclusa senza un compromesso tra la Serbia e la provincia a maggioranza
albanese, e con la constatazione che ci sono dissensi molto profondi. Particolarmente
dura la posizione del primo ministro serbo Kostunica, che ha definito un’eventuale
indipendenza del Kosovo un precedente pericoloso che rischia di mettere in permanente
pericolo la pace e la stabilità del mondo. Ma il fallimento della tappa di New York
non impedisce all’Unione Europea di andare avanti con il programma di dispiegamento
di una forza civile e di polizia dall’inizio del 2008, per sostituire la missione
ONU, ora presente, nonostante il ‘no’ della Russia. Secondo europei ed americani,
infatti, la risoluzione 1244 dell’ONU autorizza una tale missione. Tocca ora dunque
all’Europa partire presumibilmente da febbraio, dopo le elezioni politiche serbe,
per prepararsi all’indipendenza di fatto kosovara, senza poter però contare sull’avallo
giuridico dell’ONU. (Da New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana)
Sul
perché del fallimento del dibattito all’ONU sul Kosovo, Giada Aquilino ha intervistato
Roberto MorozzoDella Rocca, docente di Storia dell’Europa orientale
all’Università Roma Tre ed esperto di questioni kosovare:
R.
– E’ il punto finale di un lungo muro contro muro che c’è stato fra serbi ed albanesi.
Lo possiamo vedere in tutta la trattativa diplomatica dell’ultimo anno, ma in realtà
sappiamo poi che c’è un contrasto irriducibile da almeno 100 anni nella regione fra
i due popoli. Gli albanesi non vogliono nulla se non l’indipendenza e i serbi vogliono
invece tutto ma non l’indipendenza.
D. – Per Kostunica
l’indipendenza dei kosovari sarebbe una violazione della Carta dell’ONU; gli albanesi
si dicono esausti da decenni di guerra e di isolamento. Ma il piano dell’inviato ONU
Ahtisaari, che prevede un’indipendenza supervisionata, quanto è realizzabile
oggi?
R. – E’ difficile dire la sostenibilità. Questo
è il problema, la sostenibilità politica ed economica. Ma di fatto ci sarà la dichiarazione
di indipendenza: la faranno gli albanesi sostenuti dagli Stati Uniti e da una parte
dei Paesi europei. L’Unione Europea è divisa: 20 Stati su 27 sono favorevoli e 7 sono
contrari. Si vedrà poi cosa accadrà nella comunità internazionale.
D.
– Sul terreno, invece, cosa accadrà?
R. – Il dubbio
sollevato da parecchi è quello di una reazione militare serba. In realtà il governo
serbo ha dichiarato che non reagirà militarmente. Alcuni pensano, però, che tenterà
di occupare la striscia nord con Mitrovica, dove esiste effettivamente una maggioranza
di abitanti serbi e che avrebbe potuto essere – proprio questa striscia – oggetto
di una compensazione nelle trattative che non è stata però offerta ai serbi.
D.
– L’Unione Europea invierà una missione civile in Kosovo. Ora la questione è responsabilità
dell’Europa e della NATO. Che missione sarà?
R. –
E’ una missione di aiuto amministrativo e per l’ordine pubblico per la formazione
dei quadri e della Polizia. Questa missione è necessaria se si vuole fare una indipendenza
condizionata. La condizione è questa: che gli albanesi non siano soli e siano un po’
controllati, soprattutto per quanto riguarda il rispetto delle minoranze.