L’ONU definisce quella somala “la più grave crisi africana”
Sono oltre un milione gli sfollati in fuga da Mogadiscio, secondo gli ultimi dati
forniti dall’Alto commissariato ONU per i rifugiati (ACNUR). La capitale somala, teatro
di continui conflitti fra il governo di transizione e le truppe islamiche ribelli,
versa ormai in condizioni critiche: manca l’acqua, l’elettricità e le persone muoiono
di fame. Secondo l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Ahmedou Ould-Abdallah, l’atteggiamento
della comunità internazionale rischia di portare il Paese verso una catastrofe umanitaria.
L’inviato ha anche chiesto all’Arabia Saudita di usare la sua “autorità morale” per
indurre le parti in conflitto a prendere parte ad un processo di pace. L’Arabia Saudita,
che sta accogliendo molti dei profughi somali, è il custode di due dei luoghi più
sacri dell’Islam e, secondo Ould-Abdallah, avrebbe il potere di convincere le parti
in conflitto a sedersi al tavolo delle trattative. Di contro, l’Uganda, che fornisce
le truppe per la missione dell’Unione Africana in Somalia, ha annunciato l’invio di
altri 1.500 soldati, addestrati da esperti francesi, per rimpiazzare quelli già presenti.
Per quanto riguarda il quadro politico, il nuovo primo ministro somalo, Nur Hassan
Hussein, ha manifestato la propria apertura al dialogo con l’opposizione. Ha annunciato,
inoltre, l’imminente formazione di un governo di tecnici formato da 18 ministri, la
metà dei quali non parlamentari. L’assetto politico somalo è ulteriormente aggravato
dalle perduranti tensioni fra la regione semi-autonoma del Puntland e quella del Somaliland,
che si è proclamato da tempo indipendente, ma che nessun Paese lo ha finora riconosciuto
ufficialmente. (C.C.)