A Sapporo, 13.mo incontro tra vescovi giapponesi e coreani sul tema “Il martirio in
Corea e Giappone”
I martiri asiatici: elemento di unione fra la Chiesa coreana e quella giapponese.
E’ quanto emerge dall’incontro fra i vescovi giapponesi e coreani riunitisi a Sapporo
per il 13.mo incontro di interscambio culturale e spirituale incentrato sul tema “Il
martirio in Corea e Giappone”. A tutti i presuli è stata presentata la relazione del
dott. Lee Won-soon, professore emerito dell’Università di Seul, sul tema “La persecuzione
della Chiesa”. Padre Francis Mizobe Osamu, responsabile della Commissione episcopale
del Giappone per i processi di Beatificazione e Canonizzazione, ha illustrato l’itinerario
della proclamazione dei 188 martiri giapponesi, nella celebrazione del novembre 2008
a Nagasaki. Dei 188 martiri, uccisi nel XVII secolo, 183 erano laici e 5 sacerdoti,
fra i quali il Gesuita Petro Kibe. La Causa per la loro Beatificazione, iniziata negli
anni ottanta, si è conclusa il primo giugno 2007 con l’approvazione della Congregazione
per le Cause dei Santi e la firma di Papa Benedetto XVI. Fra i martiri del Giappone
riconosciuti dalla Chiesa vi sono già Paolo Miki e i suoi compagni, Grazia Hosawaka,
Ludovico Ibaragi, Michael Kozaki e Takayam Ukon. Fra i martiri coreani, i santi Andrea
Kim Taegon e i suoi 103 compagni, canonizzati nel 1984 a Seul da Giovanni Paolo II.
Nel 2004 si è aperta a Seul una nuova Causa di Beatificazione, quella del Servo di
Dio Paul Yun Ji-chung e dei suoi 123 compagni, torturati e uccisi nel 1791. Nel 2006
la diocesi di Incheon ha iniziato il processo di Beatificazione di John Song Hae-bung,
un missionario laico martirizzato durante la Guerra di Corea (1950-1953). Infine nel
2007 le diocesi coreane di Chunchon e Hamhung hanno iniziato il processo di Beatificazione
di alcuni martiri, morti fra il 1940 e il 1950, nelle aree di Gangwon-do e Hamgyeong-do.
(C.C.)