Il mondo di oggi ha bisogno di figure di Santi che suscitino nell'uomo gioia e senso
di imitazione: lo ha detto il Papa ai postulatori delle Cause di canonizzazione
I Santi generano santi e la santità semina gioia e speranza in un mondo che ne è assetato.
Con parole di grande profondità, Benedetto XVI ha riflettuto sul lavoro svolto dai
postulatori delle Cause di beatificazione e canonizzazione, ricevuti questa mattina
per un’udienza definita “speciale” dal cardinale José Saraiva Martins, il prefetto
della Congregazione che si occupa di vagliare le posizioni dei candidati agli onori
degli altari. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Venticinque
anni fa, Giovanni Paolo II riformava con la Costituzione apostolica Divinus perfectionis
Magister le procedure che oggi portano al riconoscimento delle virtù e quindi alla
beatificazione o alla canonizzazione di un testimone del Vangelo. Procedure che riguardano
la ricerca dei documenti e delle testimonianze in grado di avvalorare o meno quel
fumus di santità che accompagna la vita e la morte - e talvolta il martirio - di alcune
eccezionali figure che hanno consacrato la vita a Dio e al servizio della Chiesa.
Benedetto XVI ha celebrato questi 25 anni davanti ad una folta platea “tecnica”, formata
dal Collegio dei postulatori, cioè di quelle persone incaricate di verificare con
“obiettività e completezza” le prove che dimostrino l’eccellenza dei candidati ai
vari gradi della santità. Ma l’udienza è stata anzitutto l’occasione per riflettere
sulla santità in sé e sul fatto che “negli ultimi decenni - ha osservato il Papa -
è aumentato l’interesse religioso e culturale per i campioni della santità cristiana”
che di volta in volta vengono proposti ai fedeli dalla Chiesa:
“Attraverso
le beatificazioni e le canonizzazioni, infatti, essa rende grazie a Dio per il dono
di suoi figli che hanno saputo rispondere generosamente alla grazia divina, li onora
e li invoca come intercessori (…) I santi e i beati, confessando con la loro esistenza
Cristo, la sua persona, la sua dottrina e rimanendo a Lui strettamente uniti, sono
quasi un’illustrazione vivente dell’uno e dell’altro aspetto della perfezione del
divino Maestro”.
Ecco perché il lavoro dei postulatori
e di tutti coloro che sono coinvolti nella “fase diocesana” e in quella “apostolica”
dei processi canonici è, per il Pontefice, “particolarmente prezioso”. Dunque, Benedetto
XVI ha concluso richiamando le coscienze di ciascuno al valore alla “rettitudine”
finalizzata alla sola “ricerca della verità”. Ai postulatori, ha detto:
“Sono
richieste competenza professionale, capacità di discernimento e onestà nell’aiutare
i Vescovi diocesani ad istruire inchieste complete, obiettive e valide tanto dal punto
di vista formale che sostanziale. Non meno delicato e importante è l’aiuto che essi
prestano al Dicastero delle Cause dei Santi nella ricerca processuale della verità
da raggiungere mediante una appropriata discussione, che tenga conto della certezza
morale da acquisire e dei mezzi di prova realisticamente disponibili”. Di
questi esempi di perfezione evangelica - o, secondo la bella espressione del cardinale
Saraiva Martins, di questi “battiti del cuore della Chiesa” - ha certamente bisogno
anche il nostro tempo, ha proseguito Benedetto XVI. “I santi - ha affermato rivolgendosi
ai postulatori - se giustamente presentati nel loro dinamismo spirituale e nella loro
realtà storica, contribuiscono a rendere più credibile ed attraente la parola del
Vangelo e la missione della Chiesa”. E possono generare una auspicabile imitazione:
“Il
contatto con essi apre la strada a vere risurrezioni spirituali, a conversioni durature
e alla fioritura di nuovi santi. I santi normalmente generano altri santi e la vicinanza
alle loro persone, oppure soltanto alle loro orme, è sempre salutare: depura ed eleva
la mente, apre il cuore all’amore verso Dio e i fratelli. La santità semina gioia
e speranza, risponde alla sete di felicità che gli uomini, anche oggi, avvertono”.