Appello dei vescovi sudafricani a favore dei rifugiati dello Zimbabwe
L’episcopato sudafricano ha denunciato in un documento le discriminazioni subite dai
cittadini dello Zimbabwe emigrati in Sudafrica a causa della grave crisi politica
ed economica che affligge il loro Paese. Mons. Buti Joseph Tlhargale, arcivescovo
di Johannesburg e presidente della Conferenza episcopale dell’Africa del sud, ha affermato
che coloro che sono arrivati in Sudafrica dallo Zimbabwe cercano “condizioni di sostentamento
per loro e per la propria famiglia”. Il loro scopo – ha spiegato – “è preservare la
loro esistenza e quella dei propri familiari attraverso l’accesso al cibo, alle medicine
e al lavoro per pagare questi beni, e non per diventare residenti sudafricani permanenti”.
Secondo mons. Tlhargale – riporta l’Osservatore Romano – negli ultimi nove mesi le
condizioni di vita dello Zimbabwe sono deteriorate “fino al punto che la sopravvivenza
è diventata una lotta quotidiana per la maggior parte di loro”. Nonostante le condizioni
estremamente difficili di questo Stato, l’accoglienza riservata a loro non è delle
migliori. “Molti sudafricani si lamentano del fatto che gli immigrati sottraggono
lavoro e cibo – ha rilevato – li fanno sentire indesiderati nelle nostre chiese e
nelle nostre comunità”. Come se non bastasse, i salari dei cittadini dello Zimbabwe
sono ben al di sotto dei minimi sindacali, con rischio di denunce all’autorità di
polizia in caso di proteste. Qual è l’atteggiamento che i cristiani devono assumere
in questa situazione? Il porporato ha ricordato come Gesù abbia esortato i suoi discepoli
ad accogliere gli stranieri e a visitare coloro che sono privi di abiti. “I rifugiati
dello Zimbabwe sono gli stranieri di oggi “sono nudi, spesso non avendo altro che
pochi scampoli di indumenti. La nostra risposta come Chiesa e come nazione – ha detto
infine l’arcivescovo di Johannesburg - deve essere quella della carità e del prendersi
cura. Anche piccoli gesti di accoglienza sono graditi e possono fare la differenza”.
(E. B.)