Nazioni Unite nuovamente al centro delle proteste del Regno del Marocco per la gestione
della crisi del Sahara occidentale. L’irritazione di Rabat è dovuta in particolare
alla convocazione da parte del movimento indipendentista saharawi, Fronte Polisario,
del proprio congresso all’interno della zona smilitarizzata. La disputa sul Sahara
occidentale è sorta nel 1975 in seguito all’annessione della ex colonia spagnola da
parte del Marocco e un primo accordo di cessate-il-fuoco è stato raggiunto, con la
mediazione ONU, soltanto nel 1991. Stefano Leszczynski ha chiesto a Riccardo Noury,
portavoce di Amnesty International-Italia, quali siano i termini di questa disputa
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R. - E’ un tema questo, purtroppo, che si
trascina da decenni in una sostanziale inazione delle Nazioni Unite, che pure hanno
avuto un ruolo di stimolo nell’indizione di un referendum. Il referendum per determinare
il futuro di questo territorio è continuamente sottoposto a blocchi, in particolar
modo da parte del governo marocchino.
D. - Una crisi che infiamma un po’ tutto
il Maghreb e arriva addirittura a coinvolgere anche l’Algeria, che sostiene, in un
certo senso, coloro che chiedono l’autodeterminazione del Sahara occidentale...
R.
- Certamente, è una crisi che procura una forte instabilità politica in tutta la regione.
E’ un conflitto che ha coinvolto l’Algeria e la Mauritania, alla fine degli anni ’70.
Una missione delle Nazioni Unite ha cercato di interporsi e poi è stata chiamata ad
indire questo referendum sullo status definitivo.
D. - La mancanza di incisività
dell’azione delle Nazioni Unite a cosa può essere imputata?
R. - Certamente,
le aspirazioni all’indipendenza del popolo saharawi si scontrano con una forte pressione
politica da parte del Marocco, proprio perchè non ci sia l’autodeterminazione e l’indipendenza,
se un giorno lo vorranno gli abitanti del Sahara occidentale. Come in molti altri
casi, ci sono timori di un "effetto domino" e di rivendicazioni analoghe, che potrebbero
essere avanzate da altri popoli. In fondo, quello che sta succedendo nel Sahara occidentale
da 32 anni, mutatis mutandis, è quello che, in un'altra parte del mondo, potrebbe
rischiare di accadere in Kosovo, se si va avanti nello stallo tra gli indipendentisti
e chi vuole mantenere lo status quo.