2007-12-13 15:37:32

La sensibilità cristiana aiuti il cinema a non manipolare le coscienze: così il regista russo Sokurov, protagonista al Festival del Cinema spirituale


Tra le molte anteprime internazionali curate da Marina Sanna in programma al Festival del Cinema Spirituale Tertio Millennio, spicca la presenza del film "Alexandra" del russo Aleksandr Sokurov, una storia toccante e di grande spessore morale. Luca Pellegrini ha incontrato a Roma il regista. Il servizio:RealAudioMP3


Un cinema dell’anima e un cinema della storia: è la caratteristica di tutta l’opera di Aleksandr Sokurov, che ha accompagnato la proiezione a Roma dell’intenso e commovente "Alexandra", il suo ultimo film presentato in concorso al Festival di Cannes e che racconta la visita di una nonna coraggiosa al nipote soldato in Cecenia. Legato ai temi che toccano da vicino la coscienza dell’uomo, il regista russo ricorda ancora con emozione l’incontro che ebbe nel 1998 con Giovanni Paolo II, occasione che lo portò a riflettere sull’arte cinematografica:

 
(parole in russo)
Quell’incontro con Giovanni Paolo II mi ha sconvolto. Fino alla fine della mia vita conserverò questo ricordo di luce, soprattutto perché ho avuto occasione di parlare con lui. Quando ho toccato la sua mano ho avuto la sensazione di toccare, se posso esprimermi così, la carne di un angelo. Ricordo l’incredibile sensazione del calore particolare di quella mano che si posava sulla mia, della sua leggerezza. Io amo gli uccelli: quando un uccellino si posa sulle tue mani, sembra che non pesi nulla. Avevo la stessa impressione: un uccellino si era posato sulla mia mano, pesava un nulla ma il calore confermava la presenza di una persona. Dobbiamo lavorare ancora molto per far sì che il cinema diventi ciò che lui aveva chiesto. Perché i registi di cinema non sono abbastanza dediti all’arte soltanto, è come se appartenessero a tante chiese diverse allo stesso momento. Ho l’impressione che i registi si spostino continuamente, cambino facilmente abito e fede, cerchino di parlare lingue che non conoscono, spacciandosi per sacerdoti, trattando temi che non competono loro. Dal punto di vista spirituale, oggi nel cinema c’è un caos. Lo definirei il caos spirituale. Perché il cinema, purtroppo, è onnivoro e rappresenta spesso gli istinti e le pulsioni di un animale anziché quelli di un essere più evoluto. Si comporta nei confronti della società in modo irresponsabile".

 
Per descrivere la sua professione di regista, Sokurov ha recentemente utilizzato l'immagine dell’educatore contrapponendola a quella del medico. Infatti, il primo spesso sviene alla vista del sangue, il secondo ci convive. E il regista di cinema?

 
(parole in russo)
"Al regista non deve importare la vista del sangue. I registi che lo mostrano sono degli immorali disonesti, perché loro sanno che il cinema è uno strumento molto pericoloso: utilizzare la forza dell’immagine per il proprio lavoro e il proprio successo è disonesto. Lo strumento più pericoloso è l’immagine. La questione si pone così: esiste la necessità di portare il personaggio di un film a mostrare il sangue? Il regista può e deve far vedere attraverso l’immagine un delitto in cui è versato il sangue? Molti registi sono dei totali irresponsabili perché l’impatto di un’immagine sull’uomo è di tale forza da provocare nella persona un cambiamento di coscienza in peggio. I registi possono distruggere il faticoso equilibrio raggiunto dall’umanità, rendendo l’uomo profondamente aggressivo e creando danni inimmaginabili. E questa aggressività è irreversibile. Credo sia compito della cultura cristiana porre un argine e fermare questa continua manipolazione della coscienza operata in modo così subdolo dal cinema".

 
Che cosa è racchiuso in quel respiro finale di "Alexandra", interpretata da un’intensa e commovente Galina Vishnevskaya, quando abbandona il nipote al suo destino? Una sconfitta? Una rassegnazione?

 
(parole in russo)
"Nella mia lingua si dice spesso: 'L’anima mi fa male'. E’ come un dolore fisico. Ma il paradosso dell’uomo è che può smettere di soffrire nell’anima, anche quando l’oggetto della sofferenza non se ne va. Non saprei rispondere: la vita sembra essere sempre uguale, non cambiare mai, anche quando l’anima smette di soffrire".







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