La professoressa Saulle dona il suo archivio allo Stato italiano: migliaia di documenti
che raccontano 50 anni di storia
Ieri, nel giorno del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
e della scadenza dell’ultimatum per il futuro status del Kosovo, Maria Rita Saulle,
unico giudice donna della Corte Costituzionale italiana, ha annunciato alla stampa
la donazione del suo archivio allo Stato italiano. Migliaia di documenti che raccolgono
50 anni di storia contemporanea focalizzati sui diritti umani. La prima tranche riguarda
i verbali delle riunioni della Commissione internazionale istituita dagli accordi
di Dayton nella ex Jugoslavia, della quale la prof.ssa Saulle era presidente. Gli
incartamenti riguardano, in particolare, i risultati raggiunti nell'intervento legato
alla restituzione dei beni immobili ai profughi costretti ad abbandonare le loro residenze.
Salvatore Sabatino ne ha parlato proprio con la professoressa Saulle. Ascoltiamola:
R. –
Penso che sia molto utile che lo Stato abbia acquisito questi documenti, che sembra
che in Bosnia siano andati distrutti, e che quindi non ci sia la disponibilità di
consultazione e di valutazione, tenendo presente che quando ha operato la Commissione
in Bosnia non esistevano dei dati certi sulle proprietà delle persone e si è dovuto
ricostruire il catasto con l’aiuto di altri enti che operavano in sede. Per cui, noi
come Commissione, siamo riusciti a ripristinare un catasto che è tuttora valido a
Sarajevo e in tutta la Bosnia Erzegovina. Un mio collega, storico dell’economia, mi
disse: “Non buttare niente – quando fui nominata – perchè tu partecipi alla ricostruzione
economica di uno Stato”. Quindi, feci tesoro di queste sue affermazioni e ho mantenuto
un archivio che è stato a casa mia e che dopo ho pensato di donare, perché anche altri
avessero la possibilità di vedere ciò che c’era in questo archivio, anche in vista
di quello che succede altrove. La raccolta di documenti non riguarda soltanto i beni,
ma anche tutto ciò che è materia di diritti umani.
D.
– Abbiamo parlato ovviamente dell’area balcanica che continua ad essere sotto i riflettori
soprattutto in questi giorni. Lei come vede la situazione in Kosovo?
R.
– Voi sapete che io sono per la soluzione pacifica delle controversie internazionali,
sapendo che esistono strumenti per la soluzione pacifica delle guerre internazionali.
Tuttavia noi qui non possiamo sapere cosa vorranno fare e che cosa succederà nell’immediato.
Ci auguriamo tutti che non succeda quello che si paventa, perchè sarebbe veramente
una miccia pericolosissima anche per l’Unione Europea. E la mia soluzione pacifica
è quella di prevedere un sistema di stabilizzazione, anche militare, in maniera tale
che nessuno spari, ma che la presenza stessa delle forze militari garantisca una pace.
Tenete presente che Sarajevo in anni precedenti alla guerra era il posto in cui le
persone, vivendo tranquillamente nelle varie etnie, si sposavano tra di loro. Con
la guerra le famiglie si sono scisse. Qualcuno ha addirittura lasciato il marito e
la moglie per andare a vivere in altri continenti. Si è assolutamente alterato il
tessuto.