Inaugurato il primo collegamento ferroviario tra le due Coree negli ultimi 50 anni.
L'impegno della Chiesa per la riconciliazione
Piccoli passi avanti nel processo di disgelo tra le due Coree. Per la prima volta
dalla fine della guerra del 1950-1953, un convoglio ferroviario ha attraversato questa
mattina il confine, proveniente dalla città sudcoreana di Munsan e diretto alla stazione
di Panmun, nel nord, per un tragitto di 16 chilometri e mezzo. Il collegamento servirà
in un primo momento solo al trasporto merci a beneficio di un sito industriale nel
quale lavorano 13 mila nordcoreani. La ripresa del traffico su rotaia era stata concordata
nel corso del vertice dei primi di ottobre tra il presidente sudcoreano Roh Moo Hyun
ed il leader nordcoreano Kim Jong Il. Di recente il Papa, ricevendo i vescovi coreani
in visita ad Limina, aveva incoraggiato tutte le iniziative di riconciliazione tra
la Corea del Sud e la Corea del Nord. Sulle attese in questo senso nel Paese asiatico,
Adriana Masotti ha intervistato Barbara Gori, un’italiana cattolica
che da 18 anni vive a Seul:
R. -
Veramente, è una vita che il popolo coreano aspetta questo momento e questa riconciliazione
fra le due Coree. Anche se ora questa attesa nei giovani è purtroppo venuta un po’
meno, perché non hanno vissuto la guerra, tutti quegli eventi. E’ assurdo, però, che
una nazione sia divisa, che uno stesso popolo sia diviso in due. Quindi, c’è una grande
aspettativa. Esistono famiglie divise, che non si sono viste per 50 anni…
D.
- Ci sono maggiori informazioni che trapelano adesso dalla Corea del Nord?
R.
- Ancora poco. Certo, alcune informazioni ci sono sempre state, perché negli ultimi
anni erano sempre di più le persone che scappavano dalla Corea del Nord e che quindi
portavano anche la loro storia, la storia del Paese.
D.
- La Chiesa sudcoreana è sempre stata molto attiva nel portare sostegno e aiuto al
popolo nordcoreano...
R. - E, infatti, adesso alla
Caritas coreana è stato affidato il coordinamento di tutti gli aiuti economici per
il nord e l’attività procede bene. Attraverso la Caritas, si riesce a garantire che
gli aiuti arrivino proprio alle persone realmente interessate. Per esempio, aiutiamo
anche questi centri dove si trovano i rifugiati della Corea del Nord, che spostandosi
dal Nord al Sud incontrano problemi di adattamento, la vita è infatti molto diversa,
e li aiutiamo proprio ad adattarsi, a trovare un lavoro.
D.
- Sappiamo le difficoltà di far arrivare l’annuncio del Vangelo in Corea del Nord.
Ma qual è la situazione della Chiesa cattolica nel Sud? Si può parlare di una Chiesa
in espansione?
R. - Io credo proprio di sì. Sono
in Corea da 18 anni e ho visto che in questo ultimo decennio sono aumentati tantissimo
i fedeli della Chiesa cattolica nel Paese. All’inizio, quando sono arrivata, erano
meno del 3 per cento. Ora, il 10 per cento della popolazione è cattolica, in Sud Corea.
E’ una Chiesa molto viva e molto attenta ai giovani, ci sono tante vocazioni e vedo
che adesso molti sacerdoti vanno all’estero, anche in Italia, in Europa, in quei Paesi
che hanno portato il cristianesimo in Asia.
D. -
Immagino esista anche un dialogo con appartenenti ad altre religioni. Come si incontrano
due fedi, ma anche due culture così diverse, come quella ad esempio buddista e quella
cristiana?
R. - Devo dire che c’è molta apertura
verso tutti nel Paese, quindi anche verso gli stranieri, verso le persone di altre
religioni. C’è un grande senso di ascolto, di conciliazione, non ci sono divisioni.