Torna a colpire il terrorismo in Algeria. Questa mattina, due esplosioni, causate
da altrettante autobombe, hanno provocato ad Algeri la morte di oltre 60 persone e
decine di feriti. Nel mirino degli attentatori la sede dell’ACNUR, l’Alto Commissariato
dell’ONU per i Rifugiati, e la Corte suprema. Ci riferisce Giancarlo La Vella:
Una
vera e propria strage che cade ancora una volta nel giorno 11, come l’11 settembre
2001 negli Stati Uniti e l’11 marzo 2004 a Madrid. La prima fortissima esplosione
è avvenuta vicino ad un bus di studenti, nel quartiere universitario di Ben Aknoun,
vicino all’edificio della Corte suprema. Pochi minuti dopo, una seconda ancor più
violenta deflagrazione ha danneggiato gravemente la sede dell'ACNUR, l’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati, situata nel quartiere superprotetto di Hydra.
Secondo le prime testimonianze, nell’edificio dell’ONU vi sarebbero numerose vittime,
tra le quali alcuni funzionari delle Nazioni Unite. Forte lo choc nel personale dell’organismo
internazionale, che sta procedendo alla conta dei 40 dipendenti. Molti gli stranieri
tra i feriti gravi. Unanime la condanna per quanto avvenuto: espressioni di solidarietà
sono giunte al presidente algerino, Bouteflika, da parte dell’Unione Europea e della
Lega Araba. “Atto criminale e terroristico ingiustificabile”, “atto atroce contro
civili”: queste le definizioni per quanto avvenuto. E sul clima in cui è maturato
il duplice attentato di questa mattina ad Algeri, abbiamo sentito Luciano Ardesi,
esperto di Algeria e nord Africa:
R. - Da un anno a questa parte, è nata
una nuova offensiva, dopo la riunificazione dei gruppi più radicali sotto l’etichetta
di Al Qaeda. Soprattutto, quello che è cambiato è la modalità degli attentati, attraverso
kamikaze o autobombe che sono una novità in Algeria. Probabilmente, l’attentato è
dettato anche dall’avvicinarsi della festa della “Id”, sempre molto importante nel
mondo musulmano. Tra dieci giorni verrà celebrata e quindi è chiaro che tutta l’attenzione
in questo momento sia concentrata su questi aspetti.
D. - Possiamo dire che
sta muovendosi un terrorismo nuovo rispetto a quello del passato, collegato con frange
terroristiche esterne?
R. - Il collegamento va ancora tutto dimostrato: però
idealmente sì, questo collegamento è stato fatto. Non dimentichiamoci che i gruppi
agiscono in Algeria da oltre quindici anni e quindi sono ben radicati. La vera novità
è che questi gruppi non godono più dell’appoggio popolare di cui godevano un tempo
e non a caso anche la modalità scelta prescinde da questo appoggio popolare. Chiunque
può collocare bombe, senza avere una rete diffusa di complicità, come avveniva un
tempo, con i gruppi armati.
D. - Com’è l’Algeria di oggi rispetto a quella
che commentavamo drammaticamente qualche anno fa, quando ogni giorno c’era un sanguinoso
attentato?
D. - Com’è l’Algeria di oggi rispetto a quella che commentavamo
drammaticamente qualche anno fa, quando ogni giorno c’era un sanguinoso attentato?
R.
- Quella stagione è sicuramente chiusa. La popolazione tuttavia si chiede dove il
Paese stia andando e quando finalmente ritroverà una democrazia compiuta.