Vocazioni in leggero calo, efficacia delle strutture formative: le luci e le ombre
della Chiesa del Giappone da oggi al centro della visita "ad Limina" in Vaticano
Una Chiesa molto piccola - mezzo milione di cattolici locali su oltre 125 milioni
di abitanti - ma molto rispettata e di antica radice missionaria, fondata nel 16.mo
secolo da San Francesco Saverio. E’ l’odierna Chiesa del Giappone, che da oggi e per
tutta la settimana vivrà in Vaticano la sua visita ad Limina. Benedetto XVI ha ricevuto
stamani in udienza un primo gruppo di vescovi giapponesi, che hanno cominciato a riferire
al Papa le luci e le ombre di un Paese distinto tra l’ottimo funzionamento degli istituti
di formazione cattolici e la carenza di nuove vocazioni. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
C’erano
anche mons. Joseph Atsumi Misue e mons. Joseph Mitsuaki Takami, ovvero il vescovo
di Hiroshima e l’arcivescovo di Nagasaki, tra i quattro presuli che stamattina hanno
portato al Papa il primo saluto della Chiesa del Giappone. Le città-simbolo dell’olocausto
nucleare sono accomunate alle altre metropoli del Sol Levante nelle problematiche
che oggi incontra la comunità ecclesiale locale nell’irradiarsi all’interno del tessuto
sociale del Paese. Eppure, non è certo la tradizione apostolica che difetta al Giappone.
E' il 15 agosto del 1549 quando un uomo con la talare nera sbarca a Kagoshima, nell’isola
di Kyushu. E’ un Gesuita di 43 anni, dal nome destinato a restare nella storia della
Chiesa come quella del Paese orientale: Francesco Saverio. Il futuro Santo, che morirà
tre anni più tardi, inizia a predicare il Vangelo accolto dalla disponibilità della
autorità e della popolazione. Il seme del cristianesimo in Giappone è gettato, ma
sarà il sangue dei martiri a renderlo quella pianta piccola ma solida che è oggi.
Nel 1597, 26 giapponesi battezzati vengono uccisi a Nagasaki: di lì, e fino alle soglie
del Novecento, professare la fede in Cristo potrà facilmente costare la vita.
Nonostante
il clima di dialogo instauratosi all’indomani della Seconda Guerra mondiale, una delle
difficoltà della diffusione del Vangelo resta - ieri come oggi - la radicata percezione
del cristianesimo da parte dei giapponesi come di una “religione straniera”. Ai 500
mila battezzati locali se ne aggiunge, secondo stime del 2006, un numero pari di stranieri:
ma sono soprattutto questi ultimi a registrare un aumento. Il perché di questa “resistenza”
lo spiega, al microfono di Davide Dionisi, il vescovo di Takamatsu, Francis Xavier
Osamu Mizobe:
"La religione cristiana viene da fuori, dall'Europa, e
la Chiesa ha cercato di adattarsi al contesto e alla cultura locale, ma non è ancora
riuscita ad affermare il Vangelo in terra giapponese. La cultura giapponese si basa
sul buddismo, sul confucianesimo e sullo scintoismo. E’ una cultura pluralista, plurireligiosa,
panteistica, e i giapponesi prendono una certa distanza dal monoteismo. La cultura
giapponese, orientale, apprezza molto l’armonia e la pace. I giapponesi sentono, invece,
nel cristianesimo e nel monoteismo un aspetto esclusivista molto forte e fino ad ora
hanno sempre mantenuto una certa distanza nei suoi confronti".
Secondol’ultimorapporto statistico della Conferenza episcopale giapponese,
riferito al 2006, i battesimi sono stati in quell’anno poco oltre i settemila, più
o meno divisi a metà tra adulti e bambini. Sempre in quell’anno, circa 5.400 catecumeni
adulti erano in cammino verso il battesimo, senza contare 1.550 fra vescovi e sacerdoti,
i 138 seminaristi e le seimila religiose che completano il quadro gerarchico della
Chiesa nipponica. In questo quadro - dove alle resistenze culturali si sommano anche
il calo demografico e il benessere, che storna i giapponesi dalla fede in favore del
prestigio sociale ed economico - quale ruolo giocano per il presente e il futuro della
Chiea giapponese i laici e le strutture ecclesiali? Ancora mons. Osamu Mizobe:
"I
laici sono importanti, perché nei tempi antichi del cristianesimo proprio i laici
formavano la Chiesa e i sacerdoti erano pochissimi. Dopo il Concilio Vaticano II la
Chiesa giapponese ha cominciato a dare spazio alla formazione dei laici. Manca però
ancora molto da fare in questo campo. Il numero dei cattolici è esiguo: sono meno
dello 0,3 per cento della popolazione. Nonostante questo piccolo numero, l’influenza
del cattolicesimo e del cristianesimo è molto forte, perché nelle scuole cattoliche,
nelle scuole missionarie, anche protestanti, l’educazione è portata avanti dai cristiani.
Quindi, l’influenza è molto forte nella società giapponese. Adesso, la Chiesa giapponese
sta focalizzando la propria attenzione sui problemi della giustizia, della pace, dell’ordinamento
sociale, quindi, sui problemi sociali. Vogliamo parlare con il Papa, perché essa vuole
fare conoscere alla società giapponese la sua dottrina sociale. L’anno prossimo avremo
la beatificazione dei Martiri giapponesi con cui non solo rendiamo omaggio al passato
della Chiesa giapponese, ma dalla quale ci aspettiamo che quei martiri ci diano un
messaggio per la società di oggi, dove lavoriamo e viviamo".