2007-12-10 13:57:14

Vocazioni in leggero calo, efficacia delle strutture formative: le luci e le ombre della Chiesa del Giappone da oggi al centro della visita "ad Limina" in Vaticano


Una Chiesa molto piccola - mezzo milione di cattolici locali su oltre 125 milioni di abitanti - ma molto rispettata e di antica radice missionaria, fondata nel 16.mo secolo da San Francesco Saverio. E’ l’odierna Chiesa del Giappone, che da oggi e per tutta la settimana vivrà in Vaticano la sua visita ad Limina. Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza un primo gruppo di vescovi giapponesi, che hanno cominciato a riferire al Papa le luci e le ombre di un Paese distinto tra l’ottimo funzionamento degli istituti di formazione cattolici e la carenza di nuove vocazioni. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3


C’erano anche mons. Joseph Atsumi Misue e mons. Joseph Mitsuaki Takami, ovvero il vescovo di Hiroshima e l’arcivescovo di Nagasaki, tra i quattro presuli che stamattina hanno portato al Papa il primo saluto della Chiesa del Giappone. Le città-simbolo dell’olocausto nucleare sono accomunate alle altre metropoli del Sol Levante nelle problematiche che oggi incontra la comunità ecclesiale locale nell’irradiarsi all’interno del tessuto sociale del Paese. Eppure, non è certo la tradizione apostolica che difetta al Giappone. E' il 15 agosto del 1549 quando un uomo con la talare nera sbarca a Kagoshima, nell’isola di Kyushu. E’ un Gesuita di 43 anni, dal nome destinato a restare nella storia della Chiesa come quella del Paese orientale: Francesco Saverio. Il futuro Santo, che morirà tre anni più tardi, inizia a predicare il Vangelo accolto dalla disponibilità della autorità e della popolazione. Il seme del cristianesimo in Giappone è gettato, ma sarà il sangue dei martiri a renderlo quella pianta piccola ma solida che è oggi. Nel 1597, 26 giapponesi battezzati vengono uccisi a Nagasaki: di lì, e fino alle soglie del Novecento, professare la fede in Cristo potrà facilmente costare la vita.

Nonostante il clima di dialogo instauratosi all’indomani della Seconda Guerra mondiale, una delle difficoltà della diffusione del Vangelo resta - ieri come oggi - la radicata percezione del cristianesimo da parte dei giapponesi come di una “religione straniera”. Ai 500 mila battezzati locali se ne aggiunge, secondo stime del 2006, un numero pari di stranieri: ma sono soprattutto questi ultimi a registrare un aumento. Il perché di questa “resistenza” lo spiega, al microfono di Davide Dionisi, il vescovo di Takamatsu, Francis Xavier Osamu Mizobe:

"La religione cristiana viene da fuori, dall'Europa, e la Chiesa ha cercato di adattarsi al contesto e alla cultura locale, ma non è ancora riuscita ad affermare il Vangelo in terra giapponese. La cultura giapponese si basa sul buddismo, sul confucianesimo e sullo scintoismo. E’ una cultura pluralista, plurireligiosa, panteistica, e i giapponesi prendono una certa distanza dal monoteismo. La cultura giapponese, orientale, apprezza molto l’armonia e la pace. I giapponesi sentono, invece, nel cristianesimo e nel monoteismo un aspetto esclusivista molto forte e fino ad ora hanno sempre mantenuto una certa distanza nei suoi confronti".

Secondo l’ultimo rapporto statistico della Conferenza episcopale giapponese, riferito al 2006, i battesimi sono stati in quell’anno poco oltre i settemila, più o meno divisi a metà tra adulti e bambini. Sempre in quell’anno, circa 5.400 catecumeni adulti erano in cammino verso il battesimo, senza contare 1.550 fra vescovi e sacerdoti, i 138 seminaristi e le seimila religiose che completano il quadro gerarchico della Chiesa nipponica. In questo quadro - dove alle resistenze culturali si sommano anche il calo demografico e il benessere, che storna i giapponesi dalla fede in favore del prestigio sociale ed economico - quale ruolo giocano per il presente e il futuro della Chiea giapponese i laici e le strutture ecclesiali? Ancora mons. Osamu Mizobe:

"I laici sono importanti, perché nei tempi antichi del cristianesimo proprio i laici formavano la Chiesa e i sacerdoti erano pochissimi. Dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa giapponese ha cominciato a dare spazio alla formazione dei laici. Manca però ancora molto da fare in questo campo. Il numero dei cattolici è esiguo: sono meno dello 0,3 per cento della popolazione. Nonostante questo piccolo numero, l’influenza del cattolicesimo e del cristianesimo è molto forte, perché nelle scuole cattoliche, nelle scuole missionarie, anche protestanti, l’educazione è portata avanti dai cristiani. Quindi, l’influenza è molto forte nella società giapponese. Adesso, la Chiesa giapponese sta focalizzando la propria attenzione sui problemi della giustizia, della pace, dell’ordinamento sociale, quindi, sui problemi sociali. Vogliamo parlare con il Papa, perché essa vuole fare conoscere alla società giapponese la sua dottrina sociale. L’anno prossimo avremo la beatificazione dei Martiri giapponesi con cui non solo rendiamo omaggio al passato della Chiesa giapponese, ma dalla quale ci aspettiamo che quei martiri ci diano un messaggio per la società di oggi, dove lavoriamo e viviamo".







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