Rinvenuto nell'Archivio della Fabbrica di San Pietro un bozzetto della Basilica Vaticana
attribuito a Michelangelo
Un disegno “realizzato con mano sicura ma debole” è l’ultimo inedito di Michelangelo
scoperto fra le carte dell’Archivio storico della Fabbrica di San Pietro. Realizzato
nel 1563, un anno prima della sua morte, il disegno del Buonarroti ritrae in piccola
parte la pianta della Cupola della Basilica Vaticana. Il ritrovamento - del quale
dà ampio risalto l’Osservatore Romano di oggi - lo si deve a una ricerca finanziata
dalla “Alexander von Humboldt Stiftung”. Sarà presentato lunedì prossimo dal cardinale
Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro, ad alcuni studiosi, fra
i quali il neodirettore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, a mons. Vittorio Lanzani,
delegato della Fabbrica di San Pietro, e al capo ufficio della Fabbrica, la dott.ssa
Maria Cristina Carlo-Stella. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
(musica)
Cosa
può raccontare a noi, oggi, un piccolo disegno schizzato a gesso su un pezzo di carta
di 450 anni fa? Molto, se un occhio esperto, che ha assimilato il modo di progettare
di uno dei più grandi architetti della storia, sa riconoscere in quelle poche linee
rossastre, sedimentate tra molecole di travertino vecchie di mezzo millennio, il tocco
del genio, ovvero “la sicurezza del tratto, la mano esperta e abituata a prendere
le decisioni di fronte alla pietra grezza” che fu di Michelangelo Buonarroti. E non
si parla in questo caso di un disegno in bella copia, completo e pulito, bensì di
un bozzetto sveltamente tratteggiato con la “sanguigna”, un tipo di gesso molto usato
all’epoca per la sua visibilità tra le venature del marmo o del travertino, molto
migliore rispetto al caboncino e quindi molto utile per indicare ai tagliapietre le
dimensioni della blocco da sbozzare. Quel disegno, dunque, anzi il ritaglio di un
disegno, databile alla primavera del 1563 - quando il cantiere della Basilica di San
Pietro era in piena attività - descrive questa probabile scena: l’anziano Michelangelo,
88.enne, ai piedi della Basilica in costruzione tratteggia con precisione uno sperone
del tamburo della cupola e annota sul foglio anche delle cifre - si leggono un 6,
un 9 e il segno di una frazione: ¾ - oltre probabilmente a qualche altro appunto necessario
agli operai che dalle cave di Tivoli e Fiano Romano spedivano a Roma i carri carichi
di pietre.
Il disegno ritrovato è una porzione dell’originale,
che si suppone più ampio, ed è in parte coperto dalla grafia dell’economo della Fabbrica
di San Pietro che, forse per mancanza di carta, coprì un pezzo del bozzetto di Michelangelo
per redigere un ordine necessario a sbloccare uno dei trasporti di pietre, fermo fuori
Roma per problemi burocratici legati all’attraversamento di proprietà terriere. Una
storia di ordinario intoppo lavorativo dell’epoca, che ha finito per sovrapporsi al
prezioso schizzo di un artista del quale, già in vita, anche il più banale tratto
di grafite era ricercato da molti con spasmodica bramosia. Ma proprio quel documento,
così bruscamente stilato su uno degli ultimi bozzetti di Michelangelo, ne ha sancito
la salvezza. Perché il Buonarroti, consapevole del traffico del quale erano oggetto
i suoi disegni, alla fine della propria esistenza distrusse a più riprese i fogli
che conservava. E quell’angolo recuperato dalla burocrazia finì, invece che nel fuoco,
nella cartella dell’economo di Fabbrica, destinato dalla casualità di un problema
contingente ad essere conservato per 444 anni e ad arricchire la nostra memoria.