La prolusione di mons. Ravasi inaugura l'Anno accademico del Regina Apostolorum
C’è una “qualità” della Bibbia che “tante volte è stata disattesa dalla teologia e
dall’esegesi”: è la sua forza culturale, che si misura non solo nell’influenza profonda
che nei secoli ha esercitato su tutte le manifestazioni artistiche dell’Occidente,
ma anche nel suo stesso valore estetico: “è una parola bella, che usa tutte le risorse
del linguaggio”. È questo in sintesi il pensiero di mons. Gianfranco Ravasi, presidente
del Pontificio Consiglio della Cultura, che con la sua prolusione ha inaugurato stamani
l’Anno accademico dell’Ateneo pontificio Regina Apostolorum. “Gesù – ha proseguito
il biblista – ama costruire il suo discorso ricorrendo allo splendore dei simboli,
alla ricchezza delle immagini”. In questa prospettiva, per Ravasi, “non è legittimo
considerare la Bibbia come una cava da cui estrarre teoremi teologici, spezzando l’unità
indispensabile tra le modalità di espressione e il contenuto”. “Bellezza e verità
devono essere tenute insieme da chi legge le Scritture”, ha ammonito il presidente
del dicastero pontificio perché solo il linguaggio simbolico “permette di annodare
umano e divino”. Lo stesso linguaggio, d’altronde, ha ispirato alcuni tra i più grandi
artisti della nostra storia. Numerosi gli esempi a cui ricorre Ravasi: dal Vespro
della Beata Vergine di Monteverdi alle rappresentazioni pittoriche della Resurrezione
di Lazzaro eseguite da Giotto, Rubens, Rembrandt, van Gogh. Perché, come diceva Chagall,
ricordato dal biblista, "le pagine bibliche sono l’alfabeto colorato in cui per secoli
i pittori hanno intinto il loro pennello". (S.G.)