Libano: i vescovi maroniti contro il rinvio indefinito delle presidenziali
Il Consiglio episcopale della Chiesa cattolico-maronita libanese si è pronunciato
oggi contro “le obiezioni e le precondizioni” che rischiano di far “rinviare indefinitamente”
le elezioni del nuovo presidente della Repubblica. “Tutte le preoccupazioni” di ordine
politico – si legge in un comunicato - “devono essere affrontate dopo l’elezione del
presidente della Repubblica”, che in base al sistema politico del Libano deve essere
un maronita. La presa di posizione dei vescovi maroniti giunge dopo che la maggioranza
parlamentare antisiriana ha manifestato il proprio appoggio alla candidatura alla
presidenza del comandante dell’esercito, il generale Michel Suleiman. La Costituzione
libanese non prevede, però, l’accesso alle cariche elettive per gli alti funzionari
di Stato. In Libano, intanto, resta difficilissima la situazione dei profughi iracheni:
l’organizzazione Human Rights Watch denuncia, infatti, che le autorità del Paese dei
cedri rifiutano di concedere uno status legale, anche solo temporaneo, ai profughi
iracheni. Per loro – riferisce l’agenzia AsiaNews – sono due le alternative: la prigione
o il rientro in Iraq. Nel documento presentato da Human Rights Watch, dal titolo “Marcire
qui o morire laggiù”, si ribadisce anche che le autorità di Baghdad non sono pronte
a gestire un flusso migratorio di ritorno. Tutti i profughi che si trovano nei Paesi
mediorientali sono generalmente riconosciuti con lo status di rifugiati dall’Alto
commissariato ONU per i rifugiati. Ma il Libano non aderisce alla Convenzione delle
Nazioni Unite del 1951. Il risultato è che senza uno status legale, gli iracheni in
Libano non possono trovare lavoro e quando lo trovano, sono sfruttati. Secondo dati
dell’ONU, i profughi iracheni sono circa 4 milioni e in Libano almeno 40 mila. Nelle
ultime settimane si è assistito, infine, a massicci rientri in Iraq soprattutto dalla
Siria, incoraggiati da incentivi economici concessi dal governo iracheno. (A.L.)