Giornata mondiale del Volontariato. La riflessione di Sergio Marelli
Costruire la pace, ridurre la povertà, far fronte ai cambiamenti climatici. Le sfide
del mondo di oggi sono tali da dover essere affrontate in modo globale e il ruolo
dei volontari resta di primo piano. Così, il segretario generale delle Nazioni Unite,
Ban Ki-moon, nel suo messaggio per l’odierna Giornata mondiale del Volontariato indetta
dall’ONU, occasione, viene sottolineato, per dare visibilità e premiare il ruolo di
coesione, di solidarietà e di educazione all’eguaglianza e al rispetto sociale svolto
dal volontariato nelle comunità in cui è presente. Ma quale è oggi la geografia del
volontariato, quali i tratti distintivi? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Sergio
Marelli, direttore generale della FOCSIV, la Federazione delle organizzazioni
cristiane di volontariato:
R. –
E’ una geografia di forte espansione, che resta molto alta all’interno delle fasce
giovanili, ma che non si riduce nelle età più avanzate. Un volontariato che sempre
più assume una dimensione di responsabilità politica, ovvero la convinzione che solo
attraverso un’azione di maggior giustizia si possa garantire un futuro comune a tutta
l’umanità.
D. – In tutto il mondo operano le vostre
organizzazioni non governative. Quali sono, dunque, i numeri di questa attività e
quali le vostre priorità?
R. – Sono in servizio 952
volontari di 76 Paesi, che stanno gestendo oltre 750 progetti di lungo periodo. Una
geografia molto distribuita che ha ancora le sue grandi priorità in Africa e in America
Latina e che apre questa nuova frontiera nell’est dell’Europa, questi nuovi Paesi
che continuano a mantenere delle sacche di estrema povertà, che richiedono ancora
il nostro intervento.
D. – Il riferimento specifico
nel messaggio del segretario generale delle Nazioni Unite per quest’anno è all’azione
essenziale che il volontariato svolge nell’ambito delle emergenze climatiche. Ban
Ki-moon sostiene che non è importante solo la presenza in casi di disastri, ma anche
l’azione preventiva ed educativa che i volontari compiono nei confronti delle comunità
locali. Qual è il suo giudizio su questo riferimento?
R.
– Questa emergenza sui cambiamenti climatici è finalmente tra le priorità della comunità
internazionale, anche per la nostra continua pressione, per richiamare al di là dei
catastrofismi la gravità e l’urgenza di considerare che il modello di sviluppo che
viene oggi perseguito in via maggioritaria è un modello insostenibile. E’ da 30 anni
per esempio che noi parliamo della necessità di adattare le tecnologie proprio ad
uno sviluppo eco-compatibile. Uno sviluppo che tenga conto che l'obiettivo dello sviluppo
della persona nella sua integralità, non può mai essere subordinato ad altri interssi.
Quindi, non si può prescindere da un contesto ambientale vivibile.
D.
– Il 2008, scrive l’ONU, sarà l’anno del resoconto: verificare i progressi compiuti
finora fin dall’inizio del 2000, soprattutto per gli Obiettivi del Millennio. Qual
è a suo parere il giudizio del tempo trascorso?
R.
– Penso che si è riusciti ad avere coscienza che questi obiettivi sono necessari,
riguardano tutti e non solamente i Paesi poveri e le popolazioni povere, ma al di
là di questo non si è ancora andati. C’è insomma ancora un forte egoismo, uno scarso
senso di solidarietà che rende la politica e le istituzioni irresponsabili verso il
futuro dell’umanità.