Si acuiscono gli scontri nel nord dello Sri Lanka. Il vescovo di Mannar lancia un
appello per la pace
Fermare la follia della guerra, che fa strage di civili innocenti e costringe i più
all’abbandono delle proprie case. E’ l’appello lanciato da mons. Joseph Rayappu, vescovo
di Mannar, capoluogo dell’omonimo distretto nel nord ovest dello Sri Lanka, alla
comunità internazionale e alla Chiesa universale. Da settimane la città e l’intera
penisola di Jaffa sono al centro di violenti combattimenti, “i peggiori degli ultimi
anni”, dice il presule all’agenzia Misna. A scontrarsi sono le truppe dell’esercito
governativo contro i ribelli Tamil del Movimento delle tigri per la liberazione della
patria tamil Eelam (Ltte), decisi ad ottenere un territorio autonomo nel nord-est
dello Sri Lanka. La cieca “intransigenza” delle parti, continua mons. Rayappu, sta
causando una grave crisi umanitaria. Combattimenti, bombardamenti di artiglieria e
raid aerei lanciati dall’aviazione governativa causano vittime soprattutto tra i civili,
che, dice il vescovo alla Misna, “muoiono sotto i colpi delle parti, sotto i bombardamenti,
oppure per stenti nelle foreste in cui cercano rifugio. Non riescono a trovare un
luogo sicuro neanche nelle chiese”. Il presule riferisce che nella sola diocesi di
Mannar sono 22 mila gli sfollati, che lasciano le proprie abitazioni per rifugiarsi
nei campi profughi dove però le condizioni di vita restano drammatiche. Il numero
dei civili vittime degli scontri è ad oggi imprecisato, mentre solo ieri i combattimenti
hanno causato 45 morti tra i Tamil e 6 tra i militari. “Nei giorni scorsi - riferisce
mons. Rayappu - io stesso ho incontrato il presidente Rajapaksa per chiedergli che
almeno la zona del Santuario della Madonna di Madhu, fosse risparmiato e dichiarato
dalle parti una zona franca, in modo da poter accogliere i civili. Aveva promesso
un ordine scritto che stiamo ancora aspettando”, conclude il vescovo di Mannar. Secondo
stime recenti, in 24 anni di guerra il conflitto ha provocato oltre 68.000 vittime
di cui 5000 dalla ripresa degli scontri nel 2006, dopo quattro anni di tregua. (C.D.L.)