Nei cinema, il film di Paul Haggis "In the Valley of Elah", toccante riflessione sul
dramma della guerra
E' uscito in questi giorni nei cinema, in Italia, il film del regista americano Paul
Haggis "In the Valley of Elah", una toccante riflessione cinematografica sugli effetti
disastrosi della guerra in Iraq, che distrugge anche l’intimo dei cuori e delle famiglie.
Paul Haggis ha debuttato nella regia nel 2006 con Crash – contatto fisico, vincendo
un Oscar meritatissimo. Il servizio di Luca Pellegrini:
Nella
Valle di Elah, che all’ultima Mostra del Cinema di Venezia ha ricevuto il premio della
giuria cattolica Signis, è un film da non dimenticare: condanna la guerra senza mai
farne vedere direttamente gli orrori, ci avvicina ad una nazione che sembra gemere
in questi giorni difficili. Abbiamo chiesto al regista Paul Haggis
come è nata in lui l’immagine biblica della Valle di Elah che dà il titolo al film
e chi sono per lui oggi il Golia e il Davide che lì si fronteggiano:
R.
Well, I thought at the story that … “Ho pensato alla storia che mi raccontavano
di questo giovane, una storia di grande eroismo, che raccontiamo ai nostri bambini,
e penso non ci sia storia più grande di quella di Davide e Golia, la storia di questo
ragazzino che arriva in questa Valle nella quale da quaranta giorni e quaranta notti
c’è una battaglia che versa in una situazione di stallo. Alla fine questo ragazzino
senza alcuna esperienza si leva e dice al re: ci vado io a combattere. E’ così piccolo
che nemmeno può indossare un’armatura. E’ solo, con soltanto cinque pietre, e deve
aspettare che il gigante gli si avvicini per poter scagliare le sue pietre. Mi sono
immedesimato in Davide e confesso che sarei scappato prima: ci vuole davvero tanto
coraggio per fronteggiare Golia con una pietra. Ripensando a questa storia della Bibbia,
ho fatto due riflessioni: innanzitutto, che tipo di Re è quello che manda un ragazzo
così giovane a combattere contro un gigante? Aveva forse troppa paura di assumersi
le sue responsabilità, di combattere lui in prima linea. E ho capito come molti nostri
leader anche oggi si assumono la pesante responsabilità di mandare giovani uomini
e donne a combattere in una guerra per la quale non sono emotivamente preparati, immaturi
per affrontare le brutalità che incontrano. E poi, cosa succede davvero dentro di
loro? Partono pensando di essere Davide, piccoli eroi che vanno a combattere un nemico
enorme, ma quando arrivano nella loro valle di Elah si rendono conto, al contrario,
che sono loro i Golia, perché loro hanno le armi più potenti: con una granata fanno
saltare in aria un villaggio, e uccidono indiscriminatamente donne e bambini innocenti,
famiglie che non hanno mai visto. Quando rientrano a casa, cosa è successo al loro
cuore? Sono partiti come bravi ragazzi, pensando di essere eroi: tornano sconvolti
per ciò che hanno visto, per le atrocità che hanno vissuto e sono distrutti dal punto
di vista emotivo e psichico. Tra i veterani c’è un altissimo tasso di suicidi, di
senza tetto. Mi ricordo ciò che un marine mi ha detto: la prima vittima di tutte le
guerre è l’umanità”.