Russia: domani, urne aperte per eleggere la Duma. Favorito il partito del presidente
Putin
Russia alle urne, domani, per eleggere i rappresentanti della Duma, la Camera bassa
del parlamento. 95 mila i seggi, che si apriranno alle 8.00 del mattino (ore locali),
per chiudere poi alle 20.00. Ma dalle urne emergerà la prevista solida maggioranza
a sostegno del presidente Putin? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al prof.Vittorio Strada, esperto di storia e politica russa:
R. – Tutte
le previsioni danno per scontata una maggioranza di "Russia Unita" e quindi per Putin
stesso. Il problema è vedere quale sarà questa maggioranza: se sarà cioè una maggioranza
limitata, e questo sarebbe considerato per Putin stesso non dico una sconfitta, ma
certamente non quello che sperava di avere; se ci sarà, invece, una maggioranza forte,
quasi plebiscitaria, sarebbe il vero successo e il trionfo di Putin. Questo sarebbe
un risultato che certamente inciderebbe anche sul furto dello stesso Putin e la sua
posizione ne uscirebbe rafforzata e potrebbe addirittura essere spinto a rivedere
la sua posizione per una terza candidatura.
D. –
Putin ha firmato la legge con cui la Russia sospende la propria adesione al Trattato
che limita le forze convenzionali in Europa, proprio in queste ore. Questo può essere
ricondotto alla strategia elettorale messa in atto dal Cremlino?
R.
– Sì, anche la politica estera russa di questi ultimi tempi è orientata in vista delle
elezioni e cioè di una riaffermazione dell’autonomia della preminenza della Russia
e del suo ritorno nel gioco internazionale. C'è quindi un’immagine nuova della Russia,
come potenza che esce dall’umiliazione dei primi anni post comunismo e che tende ora
a svolgere un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale. La Russia vuole
tornare ad essere una grande potenza e vuole essere riconosciuta come tale dall’America.
Italia: Veltroni-Berlusconi Per la politica italiana
quella che si sta chiudendo è stata una settimana davvero importante. Il sofferto
voto della Camera sul maxiemendamento del governo al decreto su Welfare e pensioni
ha provocato molti malumori nella sinistra. Contestualmente, si sono tenuti gli incontri
del leader del Partito Democratico, Veltroni, con i leader di maggioranza e opposizione
sul tema delle riforme. L’ultimo, ieri, con Berlusconi ha aperto importanti prospettive
di dialogo. Il servizio di Giampiero Guadagni:
Qualcuno
già lo chiama “Veltrusconi”. Il possibile accordo cioè tra Veltroni e Berlusconi sulla
riforma elettorale. Il faccia a faccia di ieri sembra aver abbattuto il muro della
incomunicabilità, anche se viene esclusa l’ipotesi di un governo di grande coalizione
come in Germania. Berlusconi ribadisce piuttosto che dopo la nuova legge elettorale
occorre tornare subito alle urne e non c’è tempo ora, come invece sostiene Veltroni,
per altre riforme istituzionali. Ma è condivisa la necessità di riscrivere le regole
del gioco e c’è sostanziale convergenza anche sul come: un sistema misto di maggioritario
e proporzionale con lo sbarramento, che salvaguardi il bipolarismo. Questo modello,
in pratica, privilegia le formazioni politiche più grandi e quelle medie con forti
basi territoriali. Immediate le reazioni. Nel centrodestra Fini, AN, fa pressing su
Berlusconi perché la nuova legge preveda la dichiarazione delle alleanze prima del
voto. Il modello in discussione soddisfa invece Casini, UDC, che da sempre ne è sostenitore.
La Lega è invece scettica sui tempi del dialogo. Nel centrosinistra si fanno sentire
le voci di dissenso dell’ala maggioritaria, che privilegia l’ipotesi del referendum.
Ma contrari alla possibile intesa sono anche i partiti minori di centro e soprattutto
quelli di sinistra, pure tradizionalmente proporzionalisti, contrari ad un accordo
che potrebbe tagliarli fuori dalle future alleanze. Ma nella maggioranza incombe intanto
l’approdo in Senato della riforma di welfare e pensioni, che nei giorni scorsi ha
superato alla Camera il voto di fiducia nonostante il dissenso della sinistra. Dissenso
che al Senato potrebbe trasformarsi in qualche voto contrario che metterebbe il governo
seriamente a rischio.
ETA In Francia, è "caccia all’uomo" dopo
che stamani un agente della guardia civile spagnola è stato ucciso e un altro ferito
gravemente a Capbreton, vicino al confine spagnolo, nel corso di una operazione contro
una cellula terroristica dell’organizzazione separatista basca dell’ETA. I due agenti,
che stavano compiendo una missione di sorveglianza congiunta con i servizi francesi,
sono stati raggiunti da colpi sparati a bruciapelo da un commando di due uomini e
una donna successivamente fuggiti a bordo di una macchina. Sul drammatico episodio
è subito intervenuto il premier spagnolo Zapatero, che ha espresso la sua più radicale
condanna, assicurando che l’organizzazione separatista è destinata alla sconfitta
e che si stanno già cercando gli autori di questo atto criminale.
Scandalo
aborti in Spagna Grande sconcerto in Spagna per lo scandalo sollevato dal
quotidiano catalano “La Vanguardia” relativo agli aborti illegali praticati a Barcellona
e per i particolari cruenti sull’eliminazione dei feti, rilevati dalla stampa. Intanto,
sul fronte delle indagini, si registra che la magistratura spagnola ha confermato
oggi l'arresto senza condizionale del medico Carlos Morin e di altre due persone accusate
di aver praticato le interruzioni di gravidanza in questione fino all’ottavo mese.
Altri tre inquisiti saranno invece rimessi a piede libero dietro il pagamento di una
cauzione di 4.000 euro. Venezuela A poco meno di 24 ore
dall’apertura delle urne, i riflettori della comunità internazionale sono puntati
sul Venezuela per il referendum di domani sull’approvazione delle riforme che cambieranno
profondamente la Costituzione del Paese. Dopo la dura repressione operata nei giorni
scorsi contro le manifestazioni di protesta e i vescovi venezuelani, che in un nuovo
documento hanno giudicato la riforma non necessaria e moralmente inaccettabile, il
presidente Chavez ha annunciato che in caso di nuove intemperanze di piazza bloccherà
le esportazioni di petrolio agli Stati Uniti.
Medio Oriente Dopo
il buon avvio della conferenza di Annapolis, la delegazione statunitense presso il
Palazzo di Vetro di New York ha ritirato la risoluzione di sostegno ai negoziati per
la pace in Medio Oriente. L’inaspettato stop del percorso diplomatico, avviato nella
cittadina del Maryland, è dovuto ad un’incredibile gaffe diplomatica da parte americana
che non aveva prima sottoposto il testo della risoluzione né alla delegazione israeliana
né a quella palestinese, che poi hanno entrambe espresso la loro irritazione sull’accaduto.
Fonti diplomatiche riferiscono che adesso il testo verrà ridiscusso con le parti interessate.
Gaza Malgrado i progressi della diplomazia internazionale, continuano
le violenze sul terreno nella Striscia di Gaza. La scorsa notte, un’incursione aerea
israeliana nel settore sud-orientale della Striscia ha causato la morte di 5 persone
e il ferimento di altri nove, di cui 2 in gravi condizioni. Secondo fonti ospedaliere
locali le vittime dell’attacco sono tutti miliziani palestinesi di un braccio militare
di Hamas. Anche un portavoce dell’esercito dello Stato israeliano ha confermato l'avvenuto
bombardamento, specificando che aveva l'obiettivo di eliminare alcuni guerriglieri.
Ucraina Sono
tutti salvi i 385 minatori che erano in servizio nell’impianto estrattivo ucraino
di Zasyadko, dove all'alba si è verificata un'esplosione probabilmente causata, ancora
una volta, da una fuga di gas grisù. I soccorritori hanno così tratto in salvo anche
i 35 lavoratori dati inizialmente per dispersi. Solo due settimane fa, nella stessa
miniera di carbone, un analogo episodio ha causato la morte di 101 lavoratori. A quattordici
giorni dal più grande incidente sul lavoro del Paese, dallo scioglimento dell’Unione
Sovietica, le miniere ucraine si confermano le più pericolose al mondo insieme a quelle
cinesi.
Iraq In Iraq, secondo gli ultimi dati diffusi dalle autorità
governative, si registra una progressiva diminuzione delle vittime causate dalla guerra.
Il bilancio del mese di novembre, con 606 persone uccise in attacchi o attentati,
è, infatti, il più basso degli ultimi 21 mesi. Cifre che confermano un trend che mostra
segnali di speranza per il martoriato Paese del Golfo. Sul terreno, pero, si continuano
a segnalare violenze: un soldato americano è stato ucciso ieri dall'esplosione di
una bomba al passaggio del suo convoglio nei pressi di Baquba, e sempre vicino alla
città Baquba stamani almeno dieci persone sono rimaste uccise in un attacco sferrato
da guerriglieri vicini ad al Qaida.
Pakistan In Pakistan, cresce
l’attesa per l’incontro di lunedì tra i due leader dell’opposizione Benazir Bhutto
e Nawaz Sharif, che ha l’obiettivo di mettere a punto una strategia comune da seguire
in vista delle elezioni politiche dell'8 gennaio. Al momento la Bhutto sembra intenzionata
a far partecipare al confronto elettorale il Partito del popolo pachistano (PPP),
da lei guidato. Tuttavia, l’ex premier durante la presentazione della piattaforma
elettorale della sua formazione, tenutasi stamani, non ha escluso del tutto la possibilità
di boicottare il voto, come sostenuto più volte anche da Sharif. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI no. 335 E'
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