A Roma il Workshop internazionale su cultura, salute e migrazioni
Lavorare affinché il diritto alla salute non sia solo un privilegio di pochi. È questa
la sfida lanciata dal XIV Workshop internazionale “cultura, salute, migrazioni”, che
ha riunito in questi giorni a Roma scienziati e professori di tutto il mondo per una
serie di tavole rotonde contro la discriminazione sanitaria. Aldo Morrone,
coordinatore scientifico dell’iniziativa, ha spiegato al microfono di Linda Giannattasio
gli obiettivi del workshop.
R. –
E’ quello di rilanciare un discorso che coinvolga le università, i centri di ricerca
per un dibattito culturale più ampio, più approfondito sui temi come la cultura, la
salute e l’immigrazione. Vogliamo dare una risposta, anche su un piano scientifico
oltre che culturale, e dimostrare che si può creare formazione, educazione su questi
temi e non soltanto sui temi della salute che è garantita a chi ha dei redditi medio-alti.
D.
– Cosa volete che emerga da un convegno che lega l’immigrazione alla tutela della
salute?
R. – Che il rapporto tra immigrazione e salute
e cultura è un tema fondamentale non soltanto per gli immigrati o per le fasce deboli
della popolazione, ma per tutto il nostro Paese, per tutto il mondo. Affrontare tematiche
come la casa, la salute, la scuola, l’educazione, le precarietà sul lavoro è un tema
fondamentale per tutti, e questo può dimostrare nei fatti, non soltanto come slogan,
che l’immigrazione può essere trasformata in una grande risorsa per l’intero pianeta
e non essere soltanto un problema da affrontare in chiave emergenziale.
D.
– Il convegno sottolinea anche la questione della discriminazione dei pazienti stranieri
in ambito sociosanitario. Quant’è presente questo problema in Italia, e come si può
risolvere?
R. – In Italia, purtroppo, manca ancora
una formazione del personale socio-sanitario e anche all’interno delle scuole, di
un’attenzione particolare nei confronti delle popolazioni che hanno una lingua diversa
dalla nostra, un colore della pelle diverso, una foggia di abiti diversa e profumi
diversi. Questo ha determinato situazioni di intolleranza che talvolta sono sfociate
in veri e propri atti di razzismo. Affrontare le tematiche, approfondirle con un’elaborazione,
con dei progetti, con una professionalità, con una capacità di ricerca sarà davvero
una risorsa per l’intero Paese, che in questo momento sembra quasi che stia uscendo
da un tunnel in cui il fenomeno della diversità è ancora concepito più che come forma
di accoglienza, come forma di sicurezza. Si può coniugare la sicurezza e l’accoglienza
solo se siamo capaci di creare una formazione culturale accanto a questi due temi.