Cresce la richiesta per l'insegnamento della religione cattolica in Italia. La CEI:
rilanciare nelle scuole un progetto educativo fondato sui valori cristiani
"Far riemergere i valori che contano", mettendo in discussione "stili di vita inconsistenti,
purtroppo oggi diffusi e propagandati con leggerezza". E' il compito oggi richiesto
alla scuola secondo il messaggio della Conferenza episcopale italiana (CEI) sull’insegnamento
della religione cattolica (IRC), scelto quest'anno dal 91,2% degli studenti e delle
loro famiglie nella scuola statale italiana. Su questi dati si sofferma Sergio
Cicatelli, dirigente scolastico e consulente del Servizio nazionale per l'IRC
della CEI, al microfono di Fabio Colagrande:
R. -
Sono dati che conosciamo da tempo, perché questa rilevazione è condotta da 14 anni
e ha sempre dato, costantemente, gli stessi risultati. Il tasso degli studenti che
non si avvalgono dell’ora di religione è sistematicamente più elevato nella scuola
superiore, rispetto alla scuola dell’infanzia o alla scuola primaria, ed è sistematicamente
più elevato - ed è quindi risultato sempre più alto - nei grandi centri urbani del
nord. Io credo che per quanto riguarda l’espansione di questo fenomeno nella scuola
superiore, non si debba dimenticare che nella scuola superiore la scelta di avvalersi
o di non avvalersi dell’insegnamento della religione è fatta direttamente dagli studenti,
anche se minorenni, mentre fino alla scuola media sono le famiglie a scegliere. Per
quanto riguarda il fenomeno nelle città del nord, può essere attribuito senz’altro
all’effetto di una più accentuata secolarizzazione che è presente nei centri urbani
e in particolare nei centri urbani del nord. Ma non dobbiamo dimenticare che il grosso
dell’Italia, il grosso delle percentuali, è altrove. Bisognerebbe, quindi, un po'
riequilibrare la lettura. D’altra parte, terrei anche presente che le risposte che
giungono a questa rilevazione annuale, sono state fornite dall’85 per cento delle
diocesi - che rappresenta certamente una percentuale molto elevata ed assolutamente
attendibile - ma piuttosto squilibrata sul piano territoriale. Il 98 per cento delle
diocesi del nord ha risposto, proprio dove i risultati sono meno favorevoli, mentre
invece al sud ha risposto solo il 77 per cento delle diocesi e manca, quindi, una
grossa percentuale di diocesi, dalle quali - probabilmente - sarebbero potuti venire
risultati più incoraggianti. Non dico questo per sottovalutare il fenomeno, perché
si tratta di un fenomeno - che in qualche misura deve preoccupare o quanto meno suscitare
attenzione - ma non dobbiamo neanche creare degli allarmismi ingiustificati.
Il
nuovo anno scolastico, si legge nel mesaggio della CEI, "si caratterizza per taluni
cambiamenti" che di fatto confermano all'insegnamento della religione cattolica "la
dignità di disciplina autonoma, intorno alla quale promuovere una proposta didattica
ed educativa in grado di aiutare gli alunni - afferma ancora la CEI - a comprendere
meglio la storia culturale del nostro Paese, nonché il rilievo che in esso ha avuto
e ha tuttora il cattolicesimo”. Il perché di questo interesse lo spiega, sempre al
microfono di Fabio Colagrande, mons. Manlio Asta, direttore dell'Ufficio
per la Pastorale scolastica e l'insegnamento della religione cattolica del Vicariato
di Roma:
R. -
L’insegnamento della religione riesce ad attirare a sé la scelta di tanti studenti,
nonostante che la sua alternativa sia il vuoto, sia quella che i vescovi da tempo
chiamano "l’ora del nulla". Quello che stupisce è che non si riesca a comprendere
che la scuola offre una occasione di libertà. Io ho sempre usato questo slogan, ricalcando
don Milani: “Un’ora di scuola è un’ora di libertà”. Invece, proprio perché l’alternativa
è veramente quella di uscire da scuola e non far niente, specie nelle scuole superiori,
c’è questa tendenza che è ormai stabile. Altra riflessione che faccio è che, se si
vanno a vedere i dati per indirizzo scolastico, ci si accorge che purtroppo la scelta
di non avvalersi è più alta negli istituti professionali e cioè negli istituti in
cui i ragazzi sono meno secolarizzati, ma più bisognosi di scuola. L’ultima ora è
sempre la più faticosa e, quindi, anche per questo c’è la tendenza a non avvalersene.