Al via la Conferenza di Annapolis sul Medio Oriente. Ai nostri microfoni, padre David
Jaeger
La conferenza di pace sul Medio Oriente, che si apre oggi ad Annapolis, negli Stati
Uniti, inizia in salita. A frenare l'ottimismo la dichiarazione, giunta ieri sera,
da parte palestinese sul mancato accordo con Israele per definire le tappe dei futuri
negoziati sul Medio Oriente. Sono quasi 50 le delegazioni, comprese quella siriana
ed saudita, giunte a Washington per partecipare alla conferenza. La delegazione della
Santa Sede sarà guidata da mons. Pietro Parolin, Sottosegretario per i rapporti con
gli Stati. Primo incontro della giornata quello tripartito con Bush, Olmert e Abu
Mazen. Sentiamo Graziano Motta:
Nonostante
l'ostentato ottimismo della casa Bianca per gli esiti del vertice, restano alte le
tensioni nella regione. Il movimento radicale Hamas ha dichiarato più volte di non
riconoscere validità all'iniziativa diplomatica statunitense. Mentre Gerusalemme è
stata teatro di imponenti manifestazioni da parte di ebrei ortodossi. Quali risposte
ci si attende, dunque, dalla Conferenza di Annapolis per rendere reale il progetto
di due Stati democratici - Israele e Palestina - che vivano fianco a fianco in pace
e sicurezza? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco, padre David Jaeger, della Custodia
francescana di Terra Santa:
R. - Credo
che la prima cosa, fosse anche l’unico risultato, sarebbe quella di avviare concretamente
il negoziato di pace con l’obiettivo preciso del Trattato di pace definitivo tra la
nazione palestinese e quella israeliana.
D. - Il movimento radicale Hamas ha
dichiarato, però, che i palestinesi non terranno conto delle eventuali decisioni che
saranno prese alla Conferenza. Questo è un ostacolo reale?
R. - No, non costitusice
alcun ostacolo perché l’Organizzazione per la liberazione della palestina, l’OLP,
che internazionalmente - e anche e soprattutto nel mondo arabo - è riconosciuta come
il solo, legittimo rappresentante del popolo palestinese. Per cui, quello che direbbero
organizzazioni o individui che sono al di fuori dell’OLP, non dovrebbe avere nessun
impatto.
D. - L’Iran critica, poi, i Paesi arabi che parteciperanno ai lavori,
accusandoli di "scarsa intelligenza politica". Come si pone in generale oggi il mondo
arabo di fronte al difficile processo di pace israelo-palestinese?
R. - Innanzitutto,
l’Iran non è un Paese arabo e, quindi, il suo atteggiamento non ha nessun impatto
sui Paesi membri della Lega Araba. I Paesi arabi seguono molto da vicino queste aperture,
queste prospettive di negoziati di pace di Israele con i palestinesi, per mettere
su compiutamente quella cerchia di pace.
D. - Alla Conferenza di Annapolis,
si prevede un’ampia partecipazione internazionale. Quale significato assume, in particolare,
l’annunciata partecipazione della Siria?
R. - Confermerebbe, concretamente,
quanto è stato più volte dichiarato negli ultimi anni dalla presidenza siriana, di
voler anch’essa arrivare ad un Trattato di pace con Israele e di chiedere l’apertura
di negoziati concreti di pace tra le due nazioni.
D. - Quali sono le aspettative
della Chiesa di Terra Santa per la Conferenza di Annapolis?
R. - Umanamente
parlando, le future condizioni e prospettive di vita della Chiesa in Terra Santa dipendono
dalla pace. In mancanza di pace, si avverte la crescita della militanza di organizzazioni
islamiste nei Territori occupati: ne abbiamo avuto la conferma a Gaza negli ultimi
mesi.