Iraq: presto esami di religione cristiana anche per gli studenti delle scuole pubbliche
Gli studenti delle scuole pubbliche irachene potranno sostenere esami in religione
cristiana. E’ quanto assicurato dal presidente della Repubblica Irachena Jalal Talabani,
al patriarca dei Caldei, il neo-cardinale Emmanuel III Delly. Lo ha rivelato mons.
Jacques Ishaq, vescovo ausiliare di Nisibi e responsabile per gli Affari culturali
del Patriarcato di Babilonia dei Caldei in un’intervista riportata dall’agenzia Zenit.
“Il sistema educativo iracheno, ha detto il presule, è basato sulla valutazione centesimale
data dalla somma dei voti finali in ogni materia studiata. In molte scuole l’unico
insegnamento religioso impartito è quello islamico e di conseguenza – in mancanza
di una materia e di una sua valutazione – per gli studenti cristiani è molto difficile
avere votazioni finali uguali a quelli dei loro compagni musulmani che invece sostengono
un esame in più”. Sostenere gli esami di religione cristiana, permetterebbe agli altri
studenti che professano la fede in Gesù, di ottenere valutazioni finali maggiori.
Sotto il regime di Saddam Hussein, la percentuale delle ammissioni di giovani cristiani
a scuola doveva rimanere sotto la soglia del 25%, così come stabilito in un decreto
del 1972. In ogni caso, secondo mons. Jacques Ishaq, rimane difficile oggi trovare
professori che siano in grado di insegnare la religione cristiana in Iraq. “In passato
– ha affermato – i vescovi avevano stabilito che ad insegnare potessero essere solo
quei laici in possesso del certificato rilasciato dopo la frequenza dei corsi triennali
dell’Istituto delle Scienze Religiose del Babel College”, che è l’unica Facoltà cristiana
di studi teologici presente nel Paese del Golfo, affiliata dal 1997 alla Pontificia
Università Urbaniana di Roma. Oggi, la sede dell’Istituto è stata trasferita nel Kurdistan
iracheno, per far fronte all’insicurezza di Baghdad e ai continui sequestri di personale
ecclesiastico, ma il problema della carenza di personale qualificato rimane alta a
causa dell’emigrazione forzata dei cristiani. “Ci sono poi i problemi del caos che
regna a Baghdad e che non ha risparmiato il Ministero dell’Istruzione, e quello dell’appartenenza
politica dei responsabili di tali decisioni che a volte può ostacolare o rallentare
la messa in pratica di leggi favorevoli alla minoranza cristiana”, ha sottolineato
il presule. “Tutti sanno che prima della nazionalizzazione delle scuole da parte del
passato regime nel 1972 le scuole cristiane erano considerate le migliori del Paese
tanto che le famiglie musulmane più in vista vi mandavano i propri figli a studiare,
ed alcuni dei protagonisti dell’attuale scena politica irachena, seppure di fede islamica,
hanno studiato in esse”. Questo perché in Iraq “i cristiani sono ancora percepiti
come 'portatori di cultura'”. Di fronte alle violenze che insanguinano il Paese e
che colpiscono anche i musulmani, ha concluso mons. Ishaq, alcuni di loro cominciano
a percepire l’elemento cristiano come un elemento di equilibrio, una religione di
pace”. (F.F)