Il Pontificio Consiglio per i migranti promuove il primo Congresso internazionale
sui clochard
“In Cristo e con la Chiesa a servizio dei senza fissa dimora", i cosiddetti clochard.
Su questo tema si confronteranno domani e martedì a Roma circa cinquanta persone,
in rappresentanza di 29 Paesi di 4 Continenti, per il primo Incontro internazionale
di pastorale delle persone senza fissa dimora promosso dal Pontificio Consiglio della
Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. L’obiettivo è di offrire l’opportunità
ai diversi operatori pastorali impegnati in questo particolare campo, di condividere
le loro esperienze e individuare nuove vie per restituire dignità alle persone che
vivono sulla strada. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Ci sono
sofferenze laceranti, molte volte confinate tra la morsa del freddo e dell’indifferenza,
che le società ricche spesso trascurano: sono quelle dei senza tetto, che attualmente
nel mondo sono più di un miliardo. Molti conducono vite ‘invisibili’ a causa di piaghe
purtroppo diffuse, quali la povertà e la mancanza di lavoro. A queste poi si aggiungono
la stigmatizzazione, l’emarginazione e l’esclusione sociale. Sono drammi, spesso avvolti
dal silenzio, che si ripetono quotidianamente: si stima che siano almeno 50 mila le
persone, per la maggior parte donne e bambini, che muoiono ogni giorno a causa di
carenti condizioni sanitarie dovute alla mancanza di sistemazioni, alloggi adeguati.
Su questo fenomeno, ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto,
l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio
della pastorale per i migranti e gli itineranti:
"È
importante ricordare che, in quanto fenomeno globale, è difficile parlare della realtà
di chi vive senza una dimora fissa in modo semplicistico e pre-definito, dal momento
che si manifesta con modalità diversificate. È facile descrivere con stereotipi una
persona senza dimora fissa con espressioni come barbone, clochard, hobo, tramp e così
via, ma in realtà tale condizione si presenta in una varietà di modi diversi e complessi,
normalmente correlati alla molteplicità di cause che portano un individuo a vivere
sulla strada. Per alcuni si tratta di una realtà transitoria, di breve durata, ma
per altri essa rappresenta un’ininterrotta, e spesso persino scelta, modalità di vita.
Spesso coloro che corrono il rischio più grave di diventare senza fissa dimora sono
i più poveri, coloro che sono maggiormente emarginati, meno istruiti e più vulnerabili.
Scarsa formazione culturale e insufficiente preparazione professionale, tossicodipendenza
o alcolismo, patologie croniche, malattie mentali ed eccentricità sono fattori che
si trovano frequentemente. Un ulteriore elemento riguarda la gioventù, che abbraccia
una 'rozza' esistenza per sperimentare un nuovo stile di vita. Molti altri rimangono
impigliati nella trappola di una permanente povertà, che corrode la stima di sé, intaccando
attese e motivazioni. Sebbene coloro che vivono senza fissa dimora non formino ovviamente
un gruppo omogeneo, tuttavia essi hanno “valori”, comportamenti e prospettive che
li caratterizzano. Tra di essi ve ne sono alcuni non disposti o incapaci di comportarsi
in modo convenzionale, quale normale e ovvia difesa contro l’emarginazione e il rifiuto.
Molte di queste manifestazioni della condizione di chi vive senza fissa dimora servono
soltanto a spingerli ulteriormente ai margini della società".
Anche
se la situazione dei senza fissa dimora si manifesta in molteplici e svariati modi
nel mondo intero – si legge nel comunicato del Pontificio Consiglio della Pastorale
per i Migranti e gli Itineranti - “quasi ovunque chi è senza tetto vive ai margini
della società”. “Un comportamento ritenuto anti-sociale, l’accattonaggio, l’inosservanza
delle convenzioni – si legge ancora nel documento - servono soltanto a dare risposte
al problema che rimangono distaccate e senza reciproco coinvolgimento”. Di fronte
alle problematicità delle persone senza fissa dimora, la Chiesa interviene, invece,
con specifiche iniziative ecclesiali per rispondere a mutevoli necessità. Ascoltiamo
ancora l’arcivescovo Agostino Marchetto: "La Chiesa ha sempre
cercato di riconoscere la presenza di Cristo specialmente nei più poveri ed emarginati
e, perciò, lungo la sua storia ha anche cercato di dare risposta alle necessità di
coloro che vivono senza fissa dimora. Nel suo ministero Gesù è andato incontro a chi
era lungo la via e sulla strada. Allo stesso modo oggi la Chiesa continua ad incontrare
chi vive sulla strada e a rispondere a questo serio disagio: dare alloggio, nutrire
e vestire coloro che ne hanno bisogno. È la prima accoglienza. Il nostro Incontro
rappresenta le molteplici sfaccettature della risposta della Chiesa. Sacerdoti, religiosi
e laici; congregazioni e ordini religiosi, istituti di vita apostolica, coloro che
lavorano nell’ambito del volontariato sono qui presenti. Non dovremmo poi dimenticare
la collaborazione e la partecipazione che esistono tra molti Cristiani e gli organismi
statali, deputati all’assistenza dei senza fissa dimora. La Chiesa offre la sua risposta
non soltanto soccorrendo le primarie necessità, ma anche cercando di scorgere Cristo
in ciascuna persona, con ciò stesso promuovendo e riconoscendo la dignità umana, aiutando
i senza fissa dimora, con il dovuto rispetto, a scoprire la ricchezza del Vangelo
di Gesù Cristo e dei Sacramenti di salvezza. Essa è consapevole che in ogni persona
che vive sulla strada non vi è soltanto un individuo senza un luogo di riparo, ma
anche una persona lontana dal focolare domestico, con le negative ripercussioni che
fanno seguito a tale privazione. Questo significa accompagnare una persona, se ciò
è possibile, lungo il cammino, non solo dando risposta ai suoi bisogni fondamentali
ma anche offrendole la possibilità di prendere parte, in modo completo e dignitoso,
alla famiglia umana e, dove è possibile, anche a quella ecclesiale".