Le conclusioni del II Congresso mondiale degli organismi ecclesiali per la giustizia
e la pace
L’indicibile carico di sofferenze delle nuove guerre fratricide, la sanguinosa irruzione
del terrorismo sulla scena mondiale, il persistente aumento delle scandalose disuguaglianze
tra i Paesi più poveri e quelli più ricchi non devono indurre ad un senso di disperante
e paralizzante impotenza, poiché il nostro tempo offre anche opportunità uniche e
molto promettenti per lo sviluppo integrale e solidale dell’umanità. Lo ha affermato
il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato
Raffaele Martino, tracciando le conclusioni del II Congresso mondiale degli operatori
ecclesiali del settore, svoltosi in questi giorni a Roma nel 40.mo anniversario della
Populorum Progressio. Il servizio di Paolo Scappucci:
Secondo
il porporato la globalizzazione non va demonizzata: essa può rappresentare una grande
opportunità, a patto che si sappia finalizzarla veramente alla solidarietà globale
e alla giustizia sociale nella prospettiva del bene comune universale dell’unica famiglia
dei popoli. Anche lo sviluppo della scienza e della tecnica possono aiutare molto,
mentre i ritrovati della medicina sono in grado. di fronteggiare con successo il problema
delle malattie endemiche e delle pandemie. Inoltre oggi si è sempre più coscienti
che lo sviluppo è prima di tutto un problema morale.
Ricordando
la grande lezione del suo predecessore alla guida del Pontificio Consiglio Giustizia
e Pace, il cardinale vietnamita Van Thuan, l’attuale presidente del dicastero – con
riferimento alla prossima Enciclica di Benedetto XVI di imminente pubblicazione –
ha sottolineato che speranza cristiana è la forza che Dio ci dà per attuare il Suo
progetto d’amore sull’uomo e sulla storia, di cui lo sviluppo integrale e solidale
dell’umanità fa intimamente parte.
Nell’ultima mattinata
di lavori del Congresso, dedicati all’impegno pastorale della Chiesa per lo sviluppo
umano, l’argentina Maria Celestina Donadio, docente di filosofia all’Università Cattolica
di Buenos Aires, ha sostenuto che, per arrivare ad uno sviluppo integrale come auspicato
e proposto dalla Populorum Progressio, il conoscere, l’operare e l’avere devono essere
ordinati ad un progresso in umanità, cioè ad essere di più e meglio, realizzando un
umanesimo integrale sulla base di una rivalutazione della ragione morale, della legge
naturale e dell’autentico bene comune.
Secondo l’economista
congolese Mati Mulumba, progressi tangibili sulla via della solidarietà in questi
40 anni dalla Populorum Progressio ad oggi sono stati compiuti attraverso la cooperazione
multilaterale nei campi della sanità, dell’agricoltura, dell’istruzione e dello sviluppo
economico, ma resta ancora un obiettivo da raggiungere la costruzione di un autentico
sviluppo solidale con riduzione della povertà e degli scandalosi squilibri tra individui
e popoli, come richiesto dall’Enciclica di Paolo VI. Egli ha citato in proposito la
situazione del continente africano , tragico teatro di conflitti internazionali, dove
la miseria e la lotta per le risorse accrescono l’insicurezza e gli scontri. La sola
guerra civile nella Repubblica Popolare del Congo ha già provocato 5 milioni di morti,
13 milioni di sfollati, 3 milioni e mezzo di rifugiati. Nell’Africa subsahariana 40
milioni di bambini non vanno a scuola, 250 mila donne ogni anno muoiono per complicazioni
legate alla gravidanza, un milione di persone nel continente sono uccise dalla malaria
e oltre due milioni sono annualmente le vittime dell’AIDS.