La Somalia, Paese per il quale il Papa, ha lanciato un accorato appello, ha un nuovo
premier. La notizia è stata diffusa ieri da fonti diplomatiche italiane. Giulio Albanese:
Mogadiscio
è ormai una città morta per i civili. Dalla capitale, stando all'ONU, sono fuggiti
in 600.000 da febbraio, 200.000 solo nell'ultima quindicina di giorni. Molte centinaia
di civili sono morti tra ottobre e metà novembre per gli incessanti combattimenti
tra insorti guidati dagli integralisti islamici e truppe governative ed etiopiche.
Sulla situazione attuale in Somalia, Giada Aquilino ha intervistato Silvio Tessari,
responsabile per il Corno d’Africa della Caritas Italiana, organizzazione da anni
impegnata in territorio somalo:
R. - A Mogadiscio
sostanzialmente c'è la guerra. La popolazione lascia la capitale dove – dato che il
governo provvisorio somalo è alleato in questo momento con l’Etiopia - ci sono le
truppe etiopi che stanno combattendo molto duramente con le milizie islamiche rimaste
a Mogadiscio. Si parla di 300-400 mila sfollati. C’è anche un’altra regione che è
passata un po’ sotto silenzio: l’Ogaden, cioè la parte desertica verso nord-ovest,
in territorio etiope, dove, da fonti sicure, abbiamo notizie che le truppe di Addis
Abeba stanno combattendo.
D. - Qual è la situazione umanitaria?
R. -
Un po’ di aiuti riescono ad arrivare, ma nelle zone dove c’è maggior bisogno - a Mogadiscio
e dintorni e nell’Ogaden - è impossibile, perché c’è troppa poca sicurezza per potersi
muovere. La Caritas Somalia è riuscita, in collaborazione con alcune ONG locali, a
raggiungere circa 6-7 mila persone, ma - di fronte a un milione di sfollati interni
in tutta la Somalia - è ben poco.
D. - Alle violenze si affiancano tentativi
di superare la crisi politica con la nomina, per esempio, di un nuovo premier. Ma
quali altre realtà, anche esterne, influiscono sulla vita quotidiana della Somalia?
R.
– Si inseriscono sempre interessi esterni, dell’Etiopia, dell’Eritrea, di altre nazioni.
D. - Il Papa ha ricordato la precaria situazione della Somalia, sempre più
afflitta dall’insicurezza sociale e dalla povertà. Come superare questo momento?
R.
– Naturalmente è possibile aumentare l’aiuto umanitario. Ma, se non si verificherà
un salto di qualità da parte delle Nazioni Unite o degli Stati più interessati alla
vicenda somala, dobbiamo preparaci a un altro disastro che si prolungherà.