Mons. Sgreccia definisce un fatto storico le nuove scoperte sulle cellule staminali:
ora basta con la distruzione degli embrioni
Il mondo della ricerca è stato messo in subbuglio in questi giorni dalla scoperta
da parte di due equipes di studiosi, una giapponese ed una statunitense, di una nuova
tecnica per “trasformare” cellule della pelle in cellule staminali simili a quelle
embrionali. Una tecnica che apre nuove frontiere per la cura delle malattie senza
ricorrere alla distruzione di embrioni umani e alla cosiddetta clonazione terapeutica.
Per l’Associazione Scienza e Vita si trattererebbe di un’autentica svolta, come conferma
il professor Angelo Vescovi, docente all’Università di Milano Bicocca e direttore
del Centro staminali di Terni, al microfono di Debora Donnini:
R. –
Che si tratti di una svolta, è inquestionabile. Si tratta di una preparazione su cellule
umane e quindi ha un’immediata apertura per prospettive terapeutiche prive di qualunque
intervento di clonazione di embrione. Quando ho prospettato questa possibilità come
la sicura alternativa alla clonazione, sono stato addirittura insultato, quattro anni
fa e poi in occasione del referendum. A distanza di quattro anni, abbiamo le cellule
umane clonate senza gli embrioni clonati. Tanto per dire che questo fu l’argomento,
uno degli argomenti portati a supporto dell’ipotesi che esistono vie di ricerca e
vie di studio delle terapie, anche per le malattie più gravi, che possono tranquillamente
prescindere dall’utilizzo degli embrioni umani.
D.
– La scoperta potrebbe garantire organi di ricambio senza alcun rischio di rigetto
...
R. – Diciamo che questa scoperta fa parte di
quella serie di metodi alternativi all’utilizzo degli embrioni proprio per lo sviluppo
di terapie per malattie che trovano una potenziale cura nelle terapie cellulari, cioè
nel trapianto di nuove cellule.
D. – Però, questa
tecnica è ancora lontana dal poter essere impiegata su pazienti?
R.
– Esattamente come le embrionali staminali umane. Tutte le tecniche in questo momento
impiegate devono poi passare per una fase successiva, cioè quella di preparare i cosiddetti
“pezzi di ricambio per il trapianto”. Questo implica sicuramente altri studi e altri
anni di lavoro.
Su questa nuova tecnica ascoltiamo il commento di mons.
Elio Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, intervistato
da Sergio Centofanti:
R.
– Indubbiamente, se questa tecnica avrà le sue convalide, rappresenta una novità che
possiamo definire storica. Ora, degli embrioni non c’è più bisogno e non c’è più bisogno
della clonazione terapeutica – cosiddetta terapeutica – e una pagina di polemiche
acute, di opposizioni aspre si chiude. La Chiesa l’aveva fatta per motivi etici, questa
battaglia, incoraggiando i ricercatori ad andare avanti sulle cellule staminali adulte
e dichiarando illecita l’immolazione dell’embrione. Ora, qui ci sono arrivati questi
scienziati, non tanto per motivi di fede – bisogna dire – ma per il successo della
ricerca. Il successo si è presentato qui, e questo ci consente anche di dire che tra
l’etica e la scienza, quella vera, c’è una parentela. L’etica che rispetta l’uomo
è utile anche per la ricerca, e conferma anche che non è vero che la Chiesa è contraria
alla ricerca: è contraria alla cattiva ricerca, a quella che è dannosa per l’uomo,
in questo caso l’uomo-embrione.
D. – D’altra parte,
nella ricerca sulle cellule staminali embrionali negli ultimi anni sono state investite
somme ingenti di denaro ...
R. – E questo è stato
uno spreco, per cui il danno c’è stato. Tanti embrioni immolati, tanti miliardi dalle
casse dello Stato e quindi dei cittadini, in definitiva, sono stati buttati mentre
potevano servire alla “good science”, alla scienza buona, alla ricerca quella vera.
E’ vero che diciamo: “Ma, la ricerca quando parte non sa mai cosa trova”: questo è
vero, ma c’erano già degli indizi per cui sulle cellule staminali adulte si ottenevano
dei risultati e sulle cellule staminali embrionali non si otteneva niente. E lo andavamo
predicando in tutte le salse, in tutte le piazze. Ora, speriamo che questo almeno
basti. Ma non so se coloro che hanno investito denari, fatto leggi apposta per favorire
questo saranno in grado di riconoscere l’errore e di tornare indietro. Ma almeno gli
scienziati che vogliono conseguire risultati, penso che andranno a cercarli laddove
si trovano.