Il 27 novembre negli USA il vertice sul Medio Oriente. Il commento di mons. Antonio
Franco
Gli Stati Uniti hanno annunciato ufficialmente la convocazione per il 27 novembre
prossimo della Conferenza di pace sul Medio Oriente ad Annapolis, in Maryland. L'annuncio
segue giorni di incertezza sulle date e sui protagonisti dell'incontro voluto dall'amministrazione
Bush, che nelle speranze di Washington dovrebbe offrire l'occasione per accelerare
il processo di pace in Medio Oriente. Tra i 49 Paesi e organizzazioni internazionali
invitati all'incontro - ha annunciato il portavoce del Dipartimento di Stato - figurano
oltre a israeliani e palestinesi anche alcuni Stati arabi decisivi come la Siria e
l'Arabia Saudita. Sulle aspettative per il rilancio del processo di pace israelo-palestinese
e le ricadute sull’intero Medio Oriente, sentiamo mons. Antonio Franco, nunzio
apostolico in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, intervistato
da Stefano Leszczynski:
R.
– Io credo che l’attesa della pace sia generale in questa regione: tutti vogliono
la pace. Si è tutti stanchi di questa situazione e di queste ricorrenti fasi di tensioni
o di violenze, perché così non si vive. Ora, certamente si vuole sperare, ma le premesse
pare che ancora non abbiano consentito di delineare un programma o una intesa su cosa
si vorrebbe raggiungere e come lo si vorrebbe raggiungere.
D.
– Secondo lei, c’è qualcuno che può essere interessato a non volere un dialogo di
pace in Medio Oriente?
R. – Certamente ci vorrebbe
più buona volontà, soprattutto nel comprendere che gli sforzi che bisogna fare sono
quelli improntati al buon senso e alla ragione, per far così prevalere – diciamo –
delle soluzioni che siano eque e che tengano conto delle esigenze e delle aspirazioni
degli uni e degli altri. La scelta della violenza può avere tante cause, ci potrebbe
anche essere chi è interessato a non far progredire questo processo di pace. Io non
saprei dirlo e non vorrei dirlo.
D. – Una conferenza
così allargata può essere interpretata come un fatto positivo per l’intero Medio Oriente,
al di là delle relazioni israelo-palestinesi?
R.
– Certamente ed io lo spero moltissimo. Sono profondamente convinto che sia proprio
la Comunità internazionale che dovrebbe aiutare a risolvere questi problemi e queste
difficoltà. Ci vuole qualcuno che aiuti a cercare delle soluzioni, che possono all’inizio
anche essere di compromesso, ma che possono poi diventare vere soluzioni. Per far
questo tuttavia è necessario un forte aiuto da parte della Comunità internazionale.