Rientrati in Italia i missionari cattolici espulsi dall'Eritrea
Sono rientrati sabato in Italia dall’Eritrea i missionari cattolici cui il governo
di Asmara non ha rinnovato i permessi di soggiorno. I religiosi stranieri allontanati
dal Paese e appartenenti a diverse congregazioni sono tredici, insieme a loro anche
una volontaria laica. Nel corso di un incontro, organizzato a Roma, presso la Casa
Generalizia dei Comboniani, hanno raccontato la propria esperienza, denunciando le
drammatiche condizioni umanitarie dell’Eritrea e il rischio di una guerra con l’Etiopia.
A seguire l'incontro per noi c'era Silvia Gusmano:
“Era
affollato l’altra sera l’aeroporto di Asmara, sembrava piazza san Pietro, tanta era
la gente venuta a dirci grazie e arrivederci!” Così, padre Bonifacio Apaap, un comboniano
filippino che ha trascorso gli ultimi tre anni in Eritrea ha descritto il momento
doloroso della partenza. A lui, come ad altri 13 missionari cattolici, il governo
ha consegnato un visto d’uscita. Scaduti i permessi di soggiorno, hanno dovuto lasciare
il Paese e le proprie attività umanitarie. Due le motivazioni formali del provvedimento:
il rifiuto dei religiosi a svolgere il servizio militare e il divieto di permanenza
oltre due anni per le Organizzazioni non governative. Una la spiegazione reale, secondo
i religiosi: la volontà del governo di controllare la religione come tutte le altre
sfere della vita sociale. Già la Chiesa copta è stata sottoposta a forti pressioni
e si teme la stessa sorte per le istituzioni cattoliche. I missionari stranieri, inoltre,
sono considerati testimoni scomodi in un Paese piegato dalla fame e dalle ingiustizie
del governo di Isaias Afwerki. Il padre pavoniano Fiorenzo Losa:
"In
questo momento, a livello sociale, stanno avvenendo dei fatti molto gravi dove anche
i contadini, gli agricoltori vengono privati del raccolto. Questo provoca la sofferenza
di un popolo che si sente umiliato anche nel proprio lavoro, nella propria fatica.
Teniamo presente che nei villaggi ci sono le donne, i bambini gli anziani, gli emarginati,
i mutilati".
Il servizio militare è obbligatorio per tutti nel
Paese. La sua durata è a discrezione del governo, che così - è stato sottolineato
durante l'incontro - si preparebbe ad una nuova guerra contro l’Etiopia per la demarcazione
dei confini. Intanto, la gente viene privata anche del conforto e dell’aiuto dei missionari
costretti a partire. SuorIsabella Limongi,
figlia della Carità:
"Quello che viene meno è una presenza di solidarietà
della Chiesa internazionale. Viene meno questo ponte tra noi e loro, che certamente
dà tanto coraggio alla gente, alla Chiesa stessa, alle nostre consorelle".
Ora
la nuova missione di questi religiosi è richiamare l’attenzione del resto del mondo
sulle disperate condizioni dell’Eritrea. Un’attenzione finora scarsa, come evidenzia
la comboniana Gladys Primero Palacio:
"Si
sente un silenzio molto grande, una mancanza di partecipazione e di aiuto. Invece
noi vediamo che c’è bisogno di tante cose per sostenere la gente". Una
missione ben più difficile di quella che hanno svolto finora.