Albania: le suore clarisse aprono a Scutari le porte del loro convento, ex carcere
durante l'era comunista
In Albania, a Scutari, otto monache clarisse hanno aperto le porte del loro convento,
trasformato in carcere durante il regime comunista, per non dimenticare drammatiche
pagine di storia. Ogni anno, passando per le celle ed il cortile, viene celebrata
la Via crucis per ricordare chi ha sofferto in quel luogo. Sulla storia di questo
convento, luogo di preghiera e di memoria, ascoltiamo suor Sonia, raggiunta
telefonicamente a Scutari da Amedeo Lomonaco:
R. -
Noi siamo le sorelle clarisse, sorelle povere di Santa Chiara, il primo monastero
di sorelle clarisse qui in Albania dopo tanti secoli. Oggi occupiamo una struttura
che era il vecchio convento dei Frati minori. Nel 1946 è stato confiscato all’ordine
dei Frati minori e trasformato in sede della Sicurimi, cioè la polizia segreta del
regime. Un lato fu anche adibito a celle di detenzione e luogo di tortura; il lato
più antico conserva, ancora oggi, una serie di celle dove sui muri si possono vedere
dei segni, delle incisioni. Percorrendo i corridoi di questo convento, si può respirare
veramente un’aria di grazia: questi corridoi sono stati veramente bagnati dal sangue
di martiri; martiri che non sono solo sacerdoti, frati della Chiesa cattolica, ma
martiri come tutti coloro che hanno sofferto. Uomini qui hanno visto annientata la
loro dignità di essere umani. Sui muri vediamo questi segni, come ad esempio delle
croci, ma anche delle piccole moschee. Ricordiamo proprio come durante gli anni di
persecuzione del regime di Enver Hoxha, cominciato nel 1945, si è potuto vivere in
questi luoghi un vero ecumenismo nella sofferenza.
D.
– Il vostro convento è quindi un luogo di preghiera e di memoria: cosa si può fare
per non far cadere nell’oblio fatti storici che i giovani conoscono poco?
R.
– Sì, noi siamo qui per custodire e raccontare questa storia, per non farla dimenticare.
E’ molto importante questo perché sappiamo che, se un popolo non riconosce la propria
storia, rischia anche di ripetere gli stessi errori; ma è anche vero che oggi questo
popolo, anche con molta fatica, vuole ricostruire una storia migliore, diversa; quindi,
forse, possiamo anche comprendere quanto non voglia ricordare il passato così recente
e comunque così difficile. E’ anche vero che oggi i giovani guardano ad altro, aspirano
ad altro. Allora noi, con il nostro rimanere in modo stabile in questo luogo, diventiamo
un segno visibile; molti si pongono una domanda: ‘Ma come mai tutti vanno via da questo
Paese e voi invece restate in Albania?’ Noi vogliamo semplicemente diventare punto
di riferimento ma anche, come già succede, luogo di incontro. Sicuramente siamo contente
di essere qui, sicuramente il Signore ha permesso questo al di là di ogni nostra aspettativa.
Certamente, per vie misteriose, la Provvidenza ci ha condotto qui e noi qui non abbiamo
nessuna pretesa se non quella di sperare e di far sperare perché il Signore sempre
è lì dove ci sono macerie e ha sempre ricostruito e fatto nascere la vita.