Il cardinale Martino sul primo "sì" alla moratoria contro le esecuzioni capitali:
è stato "un passo rilevante"
Voto storico ieri alle Nazioni Unite: la terza commissione dell'Assemblea generale
ha infatti approvato in serata la risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali.
I Paesi che hanno votato a favore sono stati 99, 52 i contrari e 33 gli astenuti.
Bocciati nel corso della seduta alcuni emendamenti che in modo strumentale puntavano
a far saltare l’accordo. Sulla portata di questo risultato, per il quale molto si
è battuta negli anni anche la Santa Sede attraverso i suoi rappresentanti al Palazzo
di vetro di New York, Alessandro De Carolis ha chiesto un commento al cardinale
Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace:
R. -
Io sono veramente contento, sono stato rappresentante per la Santa Sede alle Nazioni
Unite per ben 16 anni e in questo periodo ho assistito ai due tentativi compiuti negli
anni ’90 in favore di questa moratoria: ci lavorai moltissimo e fui deluso quando,
a conti fatti, si dovettero ritirare queste proposte di risoluzioni perché non c’erano
i numeri. Questa volta i numeri ci sono stati e ne sono contentissimo. Purtroppo,
la decisione della terza Commissione è stata presa ai voti, in genere, le decisioni
di questo comitato e un po’ tutte le altre risoluzioni delle Nazioni Unite sono prese
per consenso, e il fatto che ci sia stata una votazione con tanti votanti contrari
e un bel numero di astensioni è già un segno che non c’è unanimità.
D.
- Come lo valuta, eminenza, in prospettiva, pensando al voto dell’Assemblea generale?
R.
- Il voto dell’Assemblea generale ripeterà quanto deciso in Commissione, essendo gli
stessi Paesi che hanno votato ieri. Potrebbe esserci qualche lieve modifica; qualche
Paese che potrà ripensarci, ma spero in bene e non contro. E’ un passo rilevante ma
purtroppo, come ripeto, è solo una moratoria e la decisione dell’ONU e dell’Assemblea
generale ha solo un valore esortativo, perché non è una convenzione alla quale aderiscono
i Paesi e dunque le decisioni dell’Assemblea generale sono degli auspici. Ad ogni
modo, questo è già molto importante e si vede con soddisfazione che tante organizzazioni
cattoliche hanno lavorato per questo e hanno diritto di essere soddisfatte.
D.
- Lei pensa, Eminenza, che nonostante il no di Paesi importanti come Stati Uniti e
Cina, si possa arrivare un giorno ad avere tutto il mondo schierato contro la pena
di morte? Secondo Lei, questa è un’utopia o un obiettivo raggiungibile?
R.
- Non bisogna mai considerarla un’utopia, cioè una cosa irraggiungibile, perché questo
sarebbe paralizzante. Invece, mi auguro che anche quei Paesi che praticano la pena
di morte possano arrivare a questo traguardo.
D.
- Un’ultima cosa Eminenza, al di là di come viene letto questo voto - si parla di
“vittoria europea”, della diplomazia italiana in particolare - possiamo dire che è
anche una vittoria della Santa Sede, considerato il suo lungo impegno sul tema?
R.
- E’ un motivo di gioia, ma non attribuirei a nessuno in particolare il merito. E’
stato uno sforzo comune. E’ evidente che gli italiani si siano messi di proposito
e possono essere soddisfatti, però i voti stanno lì a dire che i Paesi che hanno votato
hanno eguale merito.
La decisione dell’ONU accoglie di fatto la proposta
sostenuta e portata avanti negli anni in particolare dall'Italia, con un forte impegno
della Comunità di Sant’Egidio, che figura tra i componenti la coalizione mondiale
contro la pena di morte. Stefano Leszczynski ha intervistato il portavoce della
Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:
R. -
E’ un fatto davvero storico, perché sono 15 anni che c’era resistenza, e forte, perché
questo accadesse. E anche il modo in cui è accaduto è estremamente significativo:
due giorni di sbarramento, di emendamenti di ogni tipo, ma in realtà tutti questi
emendamenti sono stati bocciati largamente. Ci sono stati anche tentativi strumentali
di indebolire la risoluzione. E’ stato tentato anche di confondere le acque, provando
ad introdurre un articolo a difesa della vita e quindi di rifiuto dell’aborto.
D.
- Qual è stata l’importanza del ruolo della Santa Sede nell’approvazione di questo
documento?
R. - A mio parere, il cambiamento anche
negli ultimi 15-20 anni ha un ruolo silenzioso e anche pubblico della Santa Sede,
decisivo, nel cambiamento del sentire del mondo. Molti Paesi a maggioranza cattolica
non sarebbero stati - come sono state le Filippine - addirittura tra i promotori di
questa risoluzione. E poi, anche nel dibattito, la Santa Sede chiarisce che la vita
e una vera cultura della vita non deve avere eccezioni, ma non ha accettato la strumentalizzazione
dell'uso di questo argomento per indebolire la risoluzione. Io credo sia stata una
posizione molto nitida, molto chiara, utile a tutti, che segna questo come un passaggio
di cultura della vita e non solo come un passaggio “iper-liberista” e liberale di
rifiuto dell’intervento dello Stato in questioni dei singoli cittadini, come la pena
di morte.
D. - L’importanza del ruolo delle organizzazioni
non governative, che forse sono state le vere protagoniste di questa decisione alle
Nazioni Unite...
R. - Il ruolo delle organizzazioni
non governative da un lato è stato fondamentale per cogliere il momento. Però, dicevamo,
di certo la sinergia globale è stata il segreto di questa vittoria.
D.
- Quali saranno, nel momento in cui verrà approvata la risoluzione, gli obblighi per
gli Stati?
R. - Diciamo che non ci sono obblighi
se non quello di cominciare a dare pubblicità, a rendere conto di quello che fanno.
Ma il passaggio è storico, perché è una fortissima pressione morale che segna uno
standard. Questo standard diventa importante per tutti i Paesi che non usano, magari
da qualche anno, la pena di morte ma ancora emettono sentenze di morte: sarà un contributo
ulteriore per passare ad una moratoria di legge e non più solo di fatto. Direi che
siamo all’inizio di una grande accelerazione.