Al Parlamento europeo una Risoluzione sulle persecuzioni contro i cristiani nel mondo
“Gravi episodi compromettono l’esistenza delle comunità cristiane, e altre comunità,
in Medio Oriente e in altre parti del mondo”: è quanto si legge nel testo di risoluzione
che verrà presentata oggi pomeriggio al Parlamento europeo, per iniziativa del vicepresidente
dell'europarlamento Mario Mauro. Nel testo si ricordano diversi episodi: da persecuzioni
a uccisioni, ma anche situazioni di esodo per mancanza di sicurezza. Località coinvolte:
da Gaza alle Filippine, passando per Iraq, Pakistan, Turchia, Sudan. Ma ascoltiamo
lo stesso promotore della Risoluzione, Mario Mauro, nell’intervista di Fausta
Speranza:
R. -
Dalla lunga serie pressoché infinita di tragedie e di orrori che hanno costellato
quest’anno 2007, abbiamo potuto constatare come la vita di molti in varie parti del
mondo è messa a repentaglio semplicemente per la loro fede. Questo è un fatto che
è fonte di estrema preoccupazione per istituzioni che hanno fatto della battaglia
sui diritti un po’ la cifra della loro stessa esistenza. Questo è anche il quadro
in cui si inserisce un tentativo di proporre una risoluzione che ha vinto le resistenze
tipiche del “politicamente corretto”: è solito battersi per tutti i tipi di minoranze
tranne quelle che, in qualche modo, possano riecheggiare l’appellativo cristiano.
Invece, credo sia molto importante il fatto che, ad oggi, mi sembra stiano convergendo
sul testo che proponiamo anche diversi gruppi politici e che ci fanno sperare in un
esito positivo.
D. - Guardiamo a questo testo: cosa
si chiede alle istituzioni europee in concreto?
R.
- Innanzitutto di prendere atto della situazione e già questo non è poco. E’ una risoluzione
con un testo abbastanza lungo, proprio perché entriamo nel dettaglio e spieghiamo
i casi concreti di violazione dei diritti umani che hanno ad oggetto sistematici e
gravi episodi che mettono a repentaglio la vita delle comunità cristiane. In secondo
luogo, in un passaggio invece propositivo chiediamo che nelle linee di bilancio e
nella messa a punto dei programmi di donazione dell’Unione Europea - ricordo che l’Europa
è il più grande donatore al mondo - si tenga conto, nel riconoscere i bisogni e nel
fornire gli aiuti ai vari Paesi, di quanto, come, dove, e a quali condizioni, questi
Paesi rispettino oggettivamente la presenza di queste minoranze.
D.
- Siamo alle porte del 2008 che l’Unione Europea vuole anno interculturale: ci stiamo
preparando?
R. - Io direi che la risoluzione che
parla delle difficoltà in cui vivono i cristiani oggi nel mondo non sia un’esibizione
identitaria di cultura occidentale. E’ invece tutto il contrario: è far capire che
alle istituzioni europee premono prima di tutto le persone concrete, che queste persone
hanno dei diritti inviolabili e che sulla base del riconoscimento di questi diritti
e di un concetto che è tutto frutto dell’esperienza cristiana, quello di dignità della
persona, è possibile stabilire un dialogo proficuo. Questa risoluzione è un po’ lo
strumento con cui credo meglio ci prepariamo al dialogo interculturale. Facciamo cioè
capire che siamo aperti alla sofferenza in cui purtroppo spesso vive l’uomo nel nostro
tempo ma che sulla base di questa sofferenza possiamo riconoscere il fondamento di
una solidarietà più grande che ci fa insieme in un cammino nel quale è bene che gli
uomini rimangano uniti.
D. - Come tradurre questa
parola, “intercultura”? Che significa?
R. - Abbiamo
sentito a lungo parlare di multiculturalismo: le varie differenze vivono l’una accanto
all’altra senza cercare di darsi troppo fastidio. Abbiamo visto che questo modello
non tiene, perché in una convivenza concreta la mescolanza ha come prima implicazione,
secondo anche la definizione propositiva data dal cardinale Angelo Scola, di “meticciato”,
quella di cercare di approfondire il cuore dell’identità di ognuno. Significa anche
che la verità non ce l’ho in tasca io, forse neanche tu, la verità è un fatto fuori
di noi che siamo chiamati a riconoscere e servire. Credo che questo sia il senso più
vero dell’interculturalità.